Ragazzo solare, dotato di gran cuore e grande intelletto, ha vissuto una vita felice e santa in tempi e luoghi tentacolari come i nostri. Provato dalla leucemia diceva: «Sono contento di morire perché ho vissuto la mia vita senza sciupare neanche un minuto in cose che non piacciono a Dio». L’Eucaristia è stata il lievito della sua vita eroica.
A soli 12 anni dalla sua morte, la Chiesa, il 5 luglio 2018, ha riconosciuto “eroico nelle virtù cristiane”, quindi “venerabile”, Carlo Acutis, un ragazzo di 15 anni.
Nato a Londra il 3 maggio 1991, figlio di Andrea Acutis, presidente della Vittoria assicurazioni, e di Antonia Salzano, fondatrice dell’Istituto San Clemente (che tra le varie opere pubblica in italiano la collana di letteratura cristiana antica Sources chretiennes), Carlo muore a Milano il 12 ottobre 2006, per leucemia fulminante.
Un ragazzo d’oggi, pieno di vita e di gioia, esperto in modo eccezionale delle moderne tecnologie, tutto proteso alla santità, senza perdere un attimo della sua esistenza in cose non gradite a Dio.
Mago dell’informatica
Il giornalista Nicola Gori, de L’Osservatore Romano, ha scritto su Carlo quattro biografie, tradotte in più lingue. La più nota, uscita nell’ottobre 2007 a un anno solo dalla morte, si intitola La mia autostrada per il cielo, l’Eucaristia (Edizioni San Paolo, Milano). Il mondo intero conosce la fama di santità di questo quindicenne d’oggi, invocato da molti coetanei e da adulti, in buona salute e sofferenti nel corpo e nello spirito. Innumerevoli la grazie a lui attribuite.
Se fosse vivo oggi, con ogni probabilità sarebbe un ingegnere del software, un mago dell’informatica. Nell’intervista alla sua mamma, leggiamo che «a 8 anni, ricevuto il primo computer, Carlo girava per casa con camice con la scritta “scienziato informatico”. Utilizzava molto il pc per giocare e per imparare a conoscerlo meglio. Acquistava manuali di informatica per studenti universitari e imparava linguaggio di programmazione».
La signora Antonia ricorda: «Era autodidatta, studiava ogni genere di programmi... Un dono di natura e forse qualche gene ereditato. Nella famiglia di mio marito un antenato si chiamava Paolo Ruffini, il matematico della famosa “regola”». Poi Carlo faceva cose semplici, scriveva giornalini, realizzava video, curava il sito internet della parrocchia e ne progettò un altro per il volontariato del Liceo Leone XIII, la scuola che frequentava a Milano.
Giovane eucaristico
Ma Carlo aveva un’intensa vita spirituale, un appassionato rapporto con Gesù, il grande unico Amore della sua vita. «Dalla sua Prima Comunione, non mancò mai a una Messa, andava in chiesa una volta finiti i compiti e faceva la Comunione ogni giorno, che definiva “la mia autostrada per il Cielo”. Quando viaggiavamo, appena arrivati a destinazione si informava se ci fosse una chiesa accanto all’hotel. Viveva un rapporto molto stretto con il Signore». «Fin da piccolissimo, chiedeva di entrare in chiesa a salutare Gesù. Fece la Prima Comunione a 7 anni, perché fu ritenuto idoneo».
Sappiamo dalla biografia di Nicola Gori, che Carlo voleva vivere come l’apostolo Giovanni, il prediletto, sempre con il capo sul Cuore di Gesù, che allo stesso modo si impegnava a stare come Giovanni e la Madonna, in piedi presso Gesù sulla croce, a condividere i suoi sentimenti, la sua offerta, il suo sacrificio. Come l’apostolo Giovanni, l’apostolo “eucaristico” per eccellenza, desiderava far conoscere e amare Gesù agli altri, soprattutto ai suoi coetanei, perché «senza Gesù si prendono brutte strade, il vizio, la droga, l’impurità». Lui, Carlo adolescente, era puro come un angelo, al punto di coprirsi gli occhi con le mani, quando in Tv, fosse anche solo al telegiornale, appariva qualcosa di meno corretto.
Pieno di Gesù, per la Comunione quotidiana, Carlo viveva la sua missione. Racconta la mamma: «Nel nostro quartiere tutti i palazzi hanno portinerie dove lavorano persone di ogni nazionalità. Al funerale di mio figlio vennero in tantissimi. Mi raccontarono che Carlo, ogni giorno, passando in bicicletta, si fermava a salutarli; a scambiare due parole. Per Carlo ogni persona era un mondo; tutti eravamo speciali».
Ma Carlo non si fermava al “sociale”, andava direttamente a Dio: diceva che «la nostra meta deve essere l’Infinto, non il finito. L’Infinito è la nostra patria. Da sempre siamo attesi in Cielo». Oppure: «Tutti nasciamo come originali, ma molti muoiono come fotocopie». Commenta la mamma: «Era il suo modo di spiegare il catechismo ai più piccoli. Sebbene giovanissimo, gli fu permesso di fare il catechista in parrocchia e si preoccupava di trasmettere la fede con le parole semplici. Spiegava che “la nostra anima è come una mongolfiera, per salire in alto ha bisogno di scaricare pesi, come lo sono i peccati veniali” (e non solo quelli mortali)».
Nel 2002, Carlo allestì una mostra sui Miracoli eucaristici riconosciuti dalla Chiesa. Dopo la sua morte, soltanto negli Stati Uniti ha girato migliaia di parrocchie. «Carlo – precisa la mamma – lavorò moltissimo al computer, cercando foto che poi migliorava graficamente, scrivendo testi, impaginandoli. Dopo la morte, abbiamo tradotto la mostra in molte lingue e continua ad avere un successo mondiale. Tantissimi conoscono Carlo proprio per questa rassegna straordinaria dei miracoli eucaristici, fatta per sensibilizzare i giovani, ma anche gli adulti. Voleva che tutti conoscessero Gesù attraverso internet».
“Arrivederci, non addio”
Il grande unico Amore di Carlo, dunque, è stato Gesù Eucaristico, che per lui era tutto. In Gesù, il suo grande amore alla Madonna: Ella sola sa quante volte Carlo rinnovò la consacrazione di se stesso al suo Cuore Immacolato. Si sentiva onorato di sgranare ogni giorno il Rosario, come atto di venerazione e di intercessione a Colei che lui chiamava «la mia Regina». Si leggano le biografie scritte da Nicola Gori e si coglierà tutto il profumo eucaristico e mariano che emana dalla sua figura. Maria Santissima formò in lui un piccolo “altro-Gesù” e lo preparò ad andare incontro a Dio a 15 anni, come si va a una festa di nozze.
All’inizio d’ottobre 2006, la leucemia se lo portò via in tre giorni. «Affrontò la morte serenamente – testimonia la mamma –, per lui era l’incontro con Gesù. I medici dicevano che soffriva molto, Carlo rispondeva che c’era chi pativa più di lui. Il coraggio con cui ha affrontato la malattia e la morte hanno convinto molti che veramente in lui c’era qualcosa di speciale».
Dopo la sua morte, i suoi genitori hanno ritrovato un video in cui sorridendo diceva di essere destinato a morire presto e chiedeva di essere sepolto ad Assisi. La mamma precisa: «Così è stato. Abbiamo una casa ad Assisi, Carlo è sepolto nei luoghi cari a san Francesco e che pure lui amava molto. Arrivano numerosi fedeli a visitare la sua tomba, molti sono giovanissimi». «Com’è possibile – domanda l’intervistatrice alla mamma – che lo preghino in ogni parte del mondo?». La mamma: «Qualcuno afferma di aver ricevuto grazie. Molti educatori lo portano ad esempio come un giovane che ha saputo fare del bene anche con internet».
La mamma spiega che gli diceva spesso: «Tu che sei vicino a Gesù, perché non gli chiedi qualche miracolo, che da anni non si vedono più dal cielo?». Ecco che dopo la sua morte, sono avvenuti Miracoli eucaristici nel 2006 in Messico, a Tixtla, e in Polonia sia a Sokoloka nel 2008, sia a Legnica nel 2013. Campioni di Ostia consacrata diventata rosso sangue che analizzati risultano tessuti del miocardio di origine umana. L’Ostia consacrata si era trasformata nel muscolo di un Cuore, che presentava segni di grande sofferenza. Tutti gli studi effettuati non hanno spiegato il fenomeno né come sia potuto accadere.
Ora l’iter per la beatificazione del venerabile Carlo Acutis, è ben avviato presso la Congregazione delle Cause dei Santi a Roma. Nel frattempo Carlo sta facendo tanto bene ai giovani con il suo messaggio di amore e dedizione a Gesù, l’unico che può salvare la nostra umanità anche oggi. A suo tempo, il Prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, aveva proposto che, in caso della sua beatificazione, Carlo Acutis potesse essere riconosciuto dalla Chiesa come “Patrono di internet”.
A mamma Antonia e papà Andrea, Carlo, nel 2010, ha fatto dono di due gemelli, un bimbo e una bimba, che ora hanno 7 anni. La Verità, l’Amore, il Cristo, la Vita eterna, il Paradiso, ecco tutto, ma questo è il senso pieno della vita e della storia. Alla domanda: «È possibile superare la morte di un figlio?», la mamma risponde: «Il Signore mi aveva preparato, grazie al percorso di fede che seguivo accanto a Carlo. Senza far parte di alcuna associazione o movimento, ho vissuto la sua morte come cristianamente si dovrebbe fare. È un arrivederci, non un addio».
Ma questo è possibile solo grazie a Gesù seguito, amato, vissuto.