SPIRITUALITÀ
Il Desiderato delle genti
dal Numero 1 del 7 gennaio 2018
di Claudia Del Valle

L’arrivo dei Magi alla grotta di Betlemme attesta che la salvezza portata dal Verbo non fu preclusa a coloro che non appartengono alla discendenza di Abramo, ma è per tutti coloro che siano disposti ad accogliere la Redenzione, a qualunque popolo appartengano.

La solennità dell’Epifania c’invita a contemplare la realtà «sempre antica e sempre nuova» d’un Dio che – lungi dal rimaner isolato nella sua inaccessibile infinità – giunge fino a noi assumendo, nel suo Unigenito fatto uomo, la nostra umana fragilità.
Il Creatore dell’universo giunge sulla terra nascostamente, nell’oscurità e nel silenzio della notte, in un remoto e piccolo paese della Giudea, rivelandosi ad una ristretta cerchia di uomini senza pregio e senza fama. In tal modo Egli ci ha rivelato le sue preferenze. Il Dio del cielo e della terra, l’Onnipotente, predilige i piccoli, i semplici, gli umili. Ma, manifestandosi ai Magi, rivela che nessuno è escluso dalla salvezza ch’Egli è venuto a portare.
Dei Magi si sa poco. Non se ne conosce – con certezza storica – il nome, il numero, il paese di origine. Ciò che invece si sa con sicurezza è dove vanno, e questo è l’essenziale: vanno in cerca del Re dell’universo. Sono un manipolo d’uomini – sapienti, facoltosi e stranieri – che, assetati d’infinto, viaggiano di giorno e di notte, guidati da una misteriosa stella. E, dopo aver superato difficoltà ed insidie d’ogni sorta, trovano finalmente Colui che cercavano.
La loro avventura è il paradigma d’ogni umana esistenza. Essa richiama un celebre pensiero di Pascal, il quale distingue gli uomini in tre possibili categorie: «quelli che servono il Signore dopo che l’hanno trovato; quelli che, non avendolo ancora trovato, si impegnano almeno a cercarlo; quelli che vivono senza averlo trovato e senza nemmeno cercarlo». «I primi – rileva Pascal – sono ragionevoli e felici; gli ultimi sono folli e infelici; quelli in mezzo non sono ancora felici, ma sono almeno ragionevoli». I Magi, primizia di tutte le genti, con la loro coraggiosa avventura sono passati dalla terza alla prima di queste tre condizioni e sono per questo modello ed esempio per ogni uomo viatore sulla terra.
Se nel Natale abbiamo adorato un Dio che è venuto a cercarci, nell’Epifania siamo noi che – nei Magi – muoviamo incontro a Lui. Nel presepe, al gelo di Betlemme, tra le braccia della sua divina Madre, il Re del cielo e della terra attende la risposta dell’uomo. Attende che l’uomo divenga ricercatore di Colui che lo ha ricercato per primo.
Questa ricerca è un’eredità universale. L’Epifania, infatti, insegna che il Signore non è venuto soltanto per i figli di Abramo. Tutti i popoli, rappresentati dai misteriosi personaggi che vengono dall’Oriente, sono chiamati a riconoscerlo e ad adorarlo. Come canta un antico inno ecclesiale: «Portantes typum gentium, primi obtulerunt munera»; ossia: i primi che offrono doni al Signore del cielo e della terra, li offrono come figura, rappresentanza, anticipazione di tutte le genti.
«Essi lo adorarono e gli offrirono doni – scrive il Bossuet –: offriamo noi pure, dietro l’esempio dei Re Magi, i doni a Gesù, e questi doni siano splendidi. Offriamo a profusione a Gesù, con quei santi Re, l’oro ed i profumi più squisiti, cioè l’incenso e la mirra.
L’oro che dobbiamo offrire a Gesù Cristo è un amore puro, una carità ardente, quell’oro chiamato l’oro provato e passato dal fuoco che dobbiamo comperare da Gesù Cristo (cf. Ap 3,18). Come si compra l’amore? Coll’amore stesso; più si ama, più s’impara ad amare; amando il prossimo, facendogli del bene, s’impara ad amare Iddio, ed a tal prezzo si acquista il suo amore.
Aggiungetevi l’incenso. L’incenso è qualche cosa che si esala, che ha il suo effetto soltanto nel disperdersi. Colui che rinunzia, che dimentica se stesso, che si consuma dinanzi a Dio, che fa salire verso di Lui le sue pie preghiere, viene ad offrirgli il gradito profumo dell’incenso. Ma è cosa ben da poco se non vi aggiungiamo la mirra, cioè il dolce ricordo della Passione e Morte del Salvatore.
E che cosa daremo ancora a Gesù Cristo? Il disprezzo per i beni terreni. Com’erano contenti, al loro ritorno, i Re Magi per aver offerto le loro ricchezze a Gesù. Offriamogli tutto nei suoi poveri; la parte che diamo loro dei nostri beni è la sola che ci resti, e guardando a questa, a cui rinunciamo, dobbiamo imparare a disgustarci e distaccarci dall’altra».
L’Epifania invita a cercare Dio instancabilmente e, perché la ricerca sia meno affannosa, a spogliarsi di tutto quel che lega alla terra per attendere alle cose celesti, seguendo la “stella”, e giungere – come i Magi e con la loro intercessione – a Colui che, solo, può saziare il cuore umano, il “Desiderato delle genti”.
«Dio – ha affermato Guglielmo di san Thierry – a partire da Adamo ha visto che la sua grandezza provocava nell’uomo resistenza; che l’uomo si sente limitato nell’essere se stesso e minacciato nella sua libertà. Pertanto ha scelto una via nuova. È diventato un bambino. Si è reso dipendente e debole, bisognoso del nostro amore. Ora – ci dice quel Dio che si è fatto bambino – non potete più aver paura di me: ormai potete soltanto amarmi».

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