FEDE E CULTURA
Il prezzo del transgenderismo
dal Numero 7 del 14 febbraio 2021
di Francesca Romana Poleggi

Vale la pena giocarsi patrimonio e salute per “adeguare il corpo alla mente”? Non sarebbe più logico, facile e salutare fare il contrario?

Una recente decisione della Corte suprema del Regno Unito ha affermato che i trattamenti per il blocco della pubertà somministrati ai minorenni con disforia di genere non hanno efficacia dimostrata né ci sono follow up a lungo termine, quindi il rischio che arrechino danni gravi e irreversibili è reale. Inoltre, lo stesso NHS, il servizio sanitario inglese, ha ammesso che gli effetti a lungo termine dei bloccanti della pubertà, a lungo pubblicizzati come “completamente reversibili”, sono in realtà sconosciuti.

Gli standard medici in questi casi non ammettono questo tipo di “sperimentazioni” sugli esseri umani. Perché non vengono applicati questi stessi standard medici anche nei casi di disforia di genere?

Inoltre, di solito, i trattamenti sperimentali non sono coperti dalle assicurazioni sanitarie, proprio perché la loro efficacia e gli esiti sono sconosciuti. Invece questi per “transizionare” lo sono.

Poiché il numero di minorenni che “si sentono” nel corpo sbagliato continua a crescere a livello globale, la questione è delicata e attuale. Gli effetti avversi delle sostanze come la triptorelina (che le autorità italiane hanno dichiarato eticamente accettabile e prescrivibile dal SSN) sono evidenti e comuni, come per esempio la perdita di densità ossea e della fertilità.

La propaganda pretende che questi farmaci siano catalogati tra i “salva vita”, perché i ragazzini “nati nel corpo sbagliato” sono a rischio di suicidio. E mediamente il costo di queste “cure” (le virgolette sono d’obbligo e molto significative...) è di circa 22.000 euro l’anno, senza contare tutto quello che segue quando cominceranno ad assumere gli ormoni.

Perché molte assicurazioni continuano a coprirlo? In Italia, perché il nostro SSN, che è un’assicurazione sociale pagata da tutti i contribuenti, continua a fornirle? Un articolo di Jean Lloyd, su The Public Discourse, spiega che nel Regno Unito, il Tavistock Centre (la struttura specializzata in “cambiamento del sesso” per minorenni – prendono in “cura” anche bambini di 3 anni) dopo la condanna subita dall’Alta Corte nel processo intentatogli da Keira Bell, cui si accennava all’inizio di questo articolo, ha pubblicato finalmente i risultati dei suoi studi, che fino a tutto il processo sono stati – guarda caso – non disponibili. È emerso che non c’era un gruppo di controllo, quindi non c’era modo di confrontare gli effetti dei farmaci su coloro che avevano ricevuto i bloccanti con i minori che non li avevano ricevuti. È stato anche rilevato che i bloccanti della pubertà non forniscono alcun beneficio psicologico dimostrabile, né è stato dimostrato che riducessero l’insoddisfazione per il proprio corpo del ragazzino che li aveva assunti. 

Si chiede la Lloyd: quando i medici forniscono – per esempio – la chemioterapia ad un paziente, hanno un chiaro obiettivo: la speranza di ridurre il tumore. Quale è esattamente l’obiettivo che hanno coloro che inibiscono la pubertà dei minori con disforia di genere, se né il blocco, né la chirurgia estetica riducono il senso di insoddisfazione per il proprio corpo dei giovani pazienti?

C’è poi un punto della sentenza del tribunale inglese che è fondamentale: è stato dimostrato che i bloccanti non mettono “in pausa” lo sviluppo del paziente concedendogli tempo per pensare e decidere (se vuole apparire maschio o femmina), poiché il 98% dei malcapitati ha proceduto nella transizione assumendo gli ormoni sessuali del sesso opposto.

Il processo, di fatto, è quindi inarrestabile, come dimostra anche l’esperienza di Keira Bell e di tanti altri “detransitioner” che di tanto in tanto hanno il coraggio di esporsi e denunciare l’incubo in cui hanno vissuto.

I pazienti confusi sessualmente si dichiarano nel corpo sbagliato e pretendono che il sistema sanitario li accontenti. Non dovrebbero essere applicati a loro gli stessi standard medici che si applicano a tutti gli altri? Se una donna che si autodiagnostica un cancro al seno, si rivolge al chirurgo per la mastectomia, questi ha il dovere di operarla? Quale medico acconsentirebbe a una tale richiesta senza indagini? La ragazza è informata che il 30% delle donne soffre della sindrome dolorosa da post-mastectomia, che può diventare cronica e invalidante?

La World Professional Association for Transgender Health (WPATH), in opposizione alla sentenza dell’Alta Corte, insiste che deve essere fornita assistenza sanitaria immediata alle persone con “genere” diverso dal proprio sesso, e che la vita e il benessere delle minoranze sessuali, l’autodeterminazione, sono degne della massima tutela: cioè val la pena rischiare seriamente la salute per adeguare il corpo alla mente. Non sarebbe più logico e più facile il contrario?

Spiega la Lloyd che le compagnie di assicurazione private, in Inghilterra, se offrono la copertura delle procedure mediche transgender guadagnano punti, in termini di pubblicità e valutazione sul mercato: in soli undici anni, l’elenco delle aziende che si sono adeguate è passato da quarantanove a oltre 1.000. Ma in Italia, il SSN usa i denari dei contribuenti.

E il “trattamento” medico è praticamente infinito: la chirurgia di femminilizzazione facciale per i maschi che si identificano come donne non è più considerata medicina estetica non necessaria: è uguale o addirittura più importante della chirurgia ai genitali! Ci si aggiunga anche l’intervento alle corde vocali, che spesso non riesce neanche a dare una voce davvero femminile ai malcapitati trans. Idem per la mascolinizzazione facciale per le donne. Idem per la mastectomia di queste e le protesi al seno di quelli: sono operazioni, nel complesso, che costano centinaia di migliaia di euro.

Insieme all’Alta Corte britannica anche la Finlandia e la Svezia raccomandano maggiore cautela sui protocolli di trattamento per il “cambiamento” del sesso. Negli Stati Uniti, invece, le associazioni Lgbt rilevano che la chirurgia del torace non guarda all’età quando si tratta di rimediare alle devastazioni causate dal cancro, quindi non deve guardare all’età neanche di coloro che chiedono di avere un corpo in linea con la percezione che si ha di sé, e le assicurazioni devono pagare. In Italia, però, pagano comunque i contribuenti.

Ma il prezzo più alto lo pagano i giovani corpi massacrati che dopo una eventuale, breve “euforia” di genere, si ritroveranno a dover affrontare gli stessi problemi di non accettazione di sé che avevano prima di intraprendere il doloroso cammino della transizione.

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