FEDE E CULTURA
Jérôme Lejeune è ora Venerabile
dal Numero 6 del 7 febbraio 2021
di Francesca Romana Poleggi

Sorriso affabile, sguardo luminoso e sereno, parola pacata e suasiva; della sua fede e della sua scienza hanno beneficiato migliaia di pazienti provenienti da tutto il mondo. La Chiesa ha riconosciuto le virtù eroiche del genetista francese che scoprì la sindrome di Down, le cui convinzioni etiche, sempre apertamente sostenute, gli sono costate il Nobel ma ne hanno fatto un medico vero e senza compromessi.

Lo scorso 21 gennaio la Congregazione per le Cause dei Santi ha riconosciuto le virtù eroiche di Jérôme Lejeune (1923-1994), il pediatra e genetista francese che ha scoperto il cromosoma in più che causa la sindrome di Down.

Scrive il decreto della Congregazione che il Servo di Dio, sposato, con cinque figli (la moglie Birthe Bringsted era una danese protestante che durante il fidanzamento si convertì alla Fede cattolica), nel 1952 scoprì il terzo cromosoma nella coppia 21, da cui il termine “Trisomia 21” e di seguito isolò le cause di altre patologie cromosomiche. Grazie alle sue scoperte sono stati sviluppati i test prenatali che dovrebbero essere usati per intervenire precocemente, in utero, per curare gli effetti negativi delle trisomie. Invece, fin da allora, tali scoperte sono state usate principalmente a scopi eugenetici, per intercettare e sopprimere prima della nascita i bambini “difettosi”.

«Il Servo di Dio denunciò questo abuso della scienza come “razzismo cromosomico” e divenne uno dei pochi scienziati di spicco in Francia a protestare contro questa tendenza e contro le leggi che la favorivano. Nel 1969, quando ricevette il premio Allen Memorial a San Francisco, pronunciò un discorso dove invitò ufficialmente i suoi colleghi a scegliere la vita e a rifiutare l’eugenetica». Dopo quel discorso, disse alla moglie: «Oggi ho perso il mio premio Nobel per la medicina».

Prosegue il Decreto: «A partire da quell’intervento, infatti, venne fortemente ostracizzato dalla comunità scientifica internazionale. Negli anni ’80 gli furono tagliati i fondi per la ricerca e i suoi collaboratori licenziati.

Nonostante le pressioni e le misure distorsive contro di lui [aggiungiamo: nonostante le minacce di morte e i pomodori in faccia degli abortisti], viaggiava in tutto il mondo per testimoniare la bellezza e la dignità inviolabile della vita umana davanti ai Parlamenti, alle assemblee degli scienziati e ai mass-media. Ricevette innumerevoli premi e fu nominato membro di numerose accademie e istituzioni internazionali. Nel 1964 fu nominato primo docente di Genetica Fondamentale presso la Facoltà di Medicina di Parigi.

San Paolo VI lo nominò nel 1974 membro della Pontificia Accademia delle Scienze. Nel 1986, san Giovanni Paolo II lo chiamò a far parte del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari e, nel 1994, poco prima della morte causata da un tumore, lo nominò primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita».

Il decreto sottolinea che Lejeune condusse una vita di preghiera, di assidua partecipazione ai Sacramenti, di profonda devozione alla Vergine Maria e ai santi, in particolare a san Vincenzo de’ Paoli e san Tommaso Moro; di assoluta fedeltà al Santo Padre e alla Chiesa Cattolica. «Cercò sempre, con zelo straordinario, di mostrare l’armonia tra la scienza e la fede. Annunciò il Vangelo soprattutto negli ambienti scientifici, medici e ospedalieri».

E soprattutto «il Servo di Dio esercitò la virtù della speranza in grado eroico. Si affidò pienamente alla Divina Provvidenza, infondendo negli altri, soprattutto nei suoi pazienti, nei colleghi e amici, una ferma confidenza nell’aiuto divino. Egli era ben consapevole della necessità di portare la croce per seguire il Signore, e questo non lo spaventava, anzi gli dava la forza per affrontare con ottimismo e determinazione le difficoltà e le avversità. L’esercizio eroico della virtù della speranza rifulse soprattutto di fronte alla malattia e alla morte, quando era ancora in piena attività. Accettò tutto questo con esemplare serenità interiore, preparandosi al meglio al passaggio alla vita eterna, edificando soprattutto i propri familiari, per il modo eccellente in cui egli si era rimesso nelle mani del Signore e della Santa Vergine.

Circa la pratica eroica della virtù della carità, verso Dio e verso il prossimo, il Servo di Dio visse alla presenza del Signore, perché Gesù, Verbo Incarnato, occupava il primo posto nella sua vita. In lui l’amore di Cristo e l’amore dei fratelli, soprattutto dei suoi pazienti, erano praticamente un’unica cosa, perché nei bisognosi e nei malati egli riconosceva l’immagine divina. Esercitò la carità verso il prossimo in modo costante, gioioso e di grado non comune, in ogni ambito della sua vita: in famiglia, nell’ambiente professionale, nella Chiesa, nei rapporti con i malati e con i loro familiari, verso i poveri».

La figlia ha testimoniato che Lejeune andava personalmente a incontrare le coppie che scoprivano di aspettare un bambino con sindrome di Down: in qualsiasi momento, anche durante i giorni di festa, lasciava qualsiasi cosa stesse facendo per andare a incoraggiare quelle mamme e quei papà che di solito erano presi dallo sconforto e dalla paura.

La Fondazione Jérôme Lejeune di Parigi ha accolto con favore i progressi nella causa di beatificazione: hanno parlato di «una gioia immensa» che giunge in un momento di grande preoccupazione. La Francia laicista, infatti, sta varando una legge sulla bioetica che disumanizza ancora di più i bambini appena concepiti nel grembo materno, i «membri più giovani della specie umana».

Del resto, i progressi della scienza hanno ulteriormente perfezionato le tecniche diagnostiche prenatali e al giorno d’oggi i bambini con trisomia 21 sono vittime di un vero e proprio genocidio: secondo dati recenti, mediamente in Europa il loro numero è diminuito del 57%. Alcuni Paesi del nord, in primis Islanda e Danimarca, fanno a gara per essere Paesi totalmente “Down Free”. In Islanda pare che nel 2019 abbiano ottenuto l’eliminazione del 100% dei bambini con Trisomia 21. E il bello è che i media e le dichiarazioni ufficiali dicono che «è stata eliminata la sindrome di Down», come se fosse stata debellata una malattia, quando invece hanno semplicemente eliminato tutti i portatori di quel terzo cromosoma... La medicina eugenetica, diceva Lejeune, è «medicina alla Molière, che invece di sopprimere la malattia sopprime il malato».

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