Una volta egli provò la pena tremenda di essere privato della Comunione. Lui che viveva di Eucaristia! Racconta padre Pellegrino che un giorno a ricreazione il Santo, parlando dei metodi educativi adottati all’inizio del secolo scorso nel Noviziato dei Cappuccini di Morcone, disse: «Una sera il padre maestro dei novizi, senza nessuna ragione, mi disse: “Domani starai senza Comunione”». I confratelli presenti al racconto di Padre Pio non fecero in tempo a fare alcun commento, perché egli scoppiò a piangere. E lo stesso padre Pellegrino ed un altro confratello furono costretti a riaccompagnarlo nella sua cella a rivivere «in amara solitudine una punizione crudele, sofferta 50 anni prima».
Il Padre, quindi, si rendeva conto che egli, rimandando l’assoluzione per un periodo più o meno lungo, faceva passare il penitente attraverso il crogiolo di una purificazione rovente. Anche padre Pellegrino ne ha fatto l’esperienza e mostrava chiaramente di sentirne tutto il peso, protestando. Ma Padre Pio gli disse un giorno: «Figlio mio, capisco che, per fare il tuo benefattore, devo essere una specie di tiranno: quando faccio il primo Segno di croce sul penitente, mi pare di essere io il crocifissore e lui il crocifisso». Poi, quasi a scusarsi della sofferenza causata a quelli che ricorrevano a lui per essere riconciliati con Dio, aggiunse: «È vero, io ai miei penitenti faccio gettare il sangue. Ci metto però pure il sangue mio». E che al Padre costasse sangue il rimettere in grazia le anime attraverso la sua azione apostolica, svolta nel confessionale, era risaputo da quelli che vivevano con lui in convento.
Un episodio che trovo annotato nel mio diario è una conferma. «Il 3 settembre 1965 Padre Pio, rientrato in camera subito dopo la Messa, ha chiesto di prendere un po’ di respiro, prima di andare al confessionale delle donne. Mentre, aiutato da me e da padre Onorato Marcucci, si distendeva sul letto, ha detto: “Prendiamoci questi cinque minuti di riposo, prima di scendere in chiesa. Veramente oggi non mi sentirei di confessare”. Gli facemmo presente che, data la stanchezza, per il bene suo e della gente era meglio che si risparmiasse per quella mattina; ma non accettò i nostri consigli. E, siccome noi insistevamo perché rimanesse in camera, egli alla fine disse: “Allora non dovrei scendere tutte le mattine. È inutile cercare riposo dopo che mi sono svenato!”. Accostammo allora un po’ le imposte delle due piccole finestre ed uscimmo fuori. Ma non era passato neanche un minuto che sentimmo chiamare: “Venite a togliere dal letto questo poltrone”. Entrammo e ci decidemmo ad accompagnarlo giù in chiesa per le confessioni. Nel corridoio incontrammo padre Clemente da Postiglione che chiese al Padre come stesse. Rispose: “Non ce ne va più”».
Padre Marcellino IasenzaNiro,
“Il Padre”. San Pio da Pietrelcina.
La missione di salvare le anime, pp. 87-88