I FIORETTI
Un santo tra due Guerre mondiali
dal Numero 31 del 28 agosto 2022

Come molti attenti osservatori e lettori hanno fatto notare, la contingenza della guerra in Ucraina ha sostanzialmente cambiato il tono dell’opinione pubblica e del suo costruttore, che non è certo un anonimo pubblico ma una casta ben arroccata nei gangli dei cosiddetti mass media. Ad ogni modo, alla mite intolleranza pacifista che dominava indisturbata contro qualsiasi possibile contraddizione, si è sostituito un furore bellicista che, per molti versi, ha generato un clima molto simile ai mesi che condussero all’inizio della prima Guerra mondiale. Un’esaltazione della guerra, della resistenza ad oltranza e della difesa di “sacri” diritti territoriali che non fa presagire nulla di buono e anzi, abilmente nascondendo i vari motivi politico-economici dei conflitti, li piega in realtà verso l’odio nazionale, alimentando il desiderio di riscatto etnico e sociale. Per questo è necessario riportare alla mente i criteri della “guerra giusta” secondo la dottrina cattolica, ma in questo articolo vogliamo soprattutto provare a vedere la guerra con gli occhi di un santo che di Guerre mondiali ne ha vissute ben due, e che soprattutto ha contemplato con gli occhi di Dio la tragedia della guerra, cogliendone, al di là della malizia, anche l’aspetto provvidenziale.

Un Cappuccino in divisa militare

San Pio da Pietrelcina, come è ben noto, nacque nel 1887 e morì nel 1968: la sua nascita si colloca nel clima della cosiddetta Belle époque. “Bella” in realtà per l’Europa in quanto le potenze europee, alla ricerca dell’espansione dei mercati per le proprie industrie, non battagliavano più sul vecchio Continente ma sul suolo africano nella corsa alla conquista delle colonie. Ad ogni modo, esaurito questo moto colonialista, le tensioni tornarono ad esplodere nella stessa Europa: era il 28 giugno 1914 quando l’arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo, erede al trono dell’impero asburgico, venne ucciso a Sarajevo da un giovane nazionalista bosniaco, Gavilo Princip. Fu la miccia che scatenò la prima Guerra mondiale. 

San Pio già dal 1903, all’età di 15 anni, era entrato nell’Ordine dei Cappuccini, ma ciò in realtà non lo esentava automaticamente dal servizio militare. La legislazione anticlericale del Regno d’Italia non prevedeva alcuna esenzione al servizio militare per il clero e i religiosi e, nel caso di san Pio, persino la salute già cagionevole del ventottenne non ne provocò immediatamente la tanto attesa “riforma”. 

Dal 1915, anno dell’entrata in guerra del Regno d’Italia, prestò servizio militare come addetto a lavori di ufficio a Benevento prima e alla compagnia di sanità a Napoli poi. Fu proprio durante il servizio militare che a san Pio, a letto per insopportabili dolori, furono misurati 52° corporei, fino a far scoppiare diversi termometri. Il Santo fu definitivamente riformato solo nel 1918 a causa di una polmonite doppia... nessun ruolo attivo dunque, e anzi con molti mesi di licenza a interrompere la sua funzione negli uffici dell’esercito, ma comunque sufficienti a far respirare a san Pio l’aria del mondo militare nel periodo della guerra. 

Tra gli incontri singolari in quel periodo ci fu quello con Alfio Russo, un soldato ricoverato a Napoli con due gambe amputate. Il giovane avrebbe voluto togliersi la vita, ma san Pio lo distolse da tale proposito, lo prese sotto la sua guida e ne ottenne la conversione. Purtroppo la storia non fu a lieto fine in quanto, nonostante gli sforzi del Cappuccino per trattenerlo a Napoli, il giovane soldato Alfio venne mandato a Roma per un’operazione chirurgica ma, nel periodo di riabilitazione, la caserma dell’Acquasanta dove alloggiava saltò in aria per dei gravi errori umani che costarono la vita a circa 200 giovani soldati.

L’orrore della guerra

In quello stesso periodo l’epistolario di san Pio registra la sua corrispondenza con il direttore spirituale, padre Agostino da San Marco in Lamis, chiamato sul fronte di guerra nel maggio del 1915, oltre che con il suo altro consulente in materie spirituali, padre Benedetto Nardella da San Marco in Lamis, allora provinciale dei cappuccini. Da queste lettere si desume come san Pio ottenesse dal Cielo diverse indicazioni sulla prima Guerra mondiale, sull’entrata in guerra dell’Italia (da lui conosciuta alcuni giorni prima della stipula del trattato di Londra), sulla sua durata e sul termine preposto da Dio a questa. L’entrata in guerra del Regno d’Italia trovava allora consensi in quasi tutte le forze politiche, da destra a sinistra, mentre erano pochi ad opporsi a quella che il Sommo Pontefice Benedetto XV definì giustamente «un’inutile strage». 

Mentre da sinistra qualcuno vedeva nella guerra l’opportunità per il riscatto sociale delle masse oppresse dal capitalismo, dal lato opposto, i capitalisti, sostenuti dai giornali più diffusi (incominciando dal Corriere della sera di Albertini), potevano ben cogliere nel conflitto l’opportunità di rilanciare l’economia stagnante... non mancava poi chi, in una sorta di “mistica della guerra”, proponeva un concetto spirituale della guerra come “igiene del mondo”, secondo le parole del futurista interventista Filippo Tommaso Marinetti. Per altri ancora, tra cui il socialista “eretico” Benito Mussolini, le trincee della guerra avrebbero forgiato, al di là delle classi sociali e delle appartenenze politiche e religiose, un nuovo popolo italiano, dando così compimento al Risorgimento della patria. 

Davanti a queste interpretazioni ideologiche – in cui il valore della vita umana è schiacciato dal trionfo di un’ideologia – si staglia la chiara consapevolezza della tragedia della guerra, che emerge anche dagli scritti di san Pio: «Gli orrori della guerra, padre mio, mi tengono di continuo in mortale agonia. Vorrei morire per non vedere tanta strage; e se il buon Dio vorrà concedermi nella sua misericordia questa grazia, quanto gliene sarei riconoscente!» (Lettera del 20 maggio 1915 a padre Agostino). 

L’entrata in guerra dell’Italia non solo causava oppressione spirituale ma persino fisica al Santo di Pietrelcina. Lamentandosi di fortissimi mal di testa, san Pio scrive: «Gli orrori della guerra mi sconvolgono quasi il cervello: l’anima mia è posta in un’estrema desolazione». A tinte ancora più forti descrive il suo stato alla diletta figlia Raffaelina Cerase: «Sono in preda ad una estrema emicrania che mi rende impotente a qualsiasi applicazione. Aggiungete a tutto questo, tutte le altre afflizioni spirituali, non che le continue emozioni, alle quali va soggetta l’anima mia per gli orribili spettacoli di una guerra fratricida ed avrete l’afflizione spirituale al massimo grado» (Lettera del 23 maggio 1915). 

Il Santo aveva d’altronde chiara consapevolezza che a lui non era lecito gioire mentre tutto il mondo gemeva nelle angosce: «Gesù non mi permette che in quest’ora solenne per la nostra Italia, per l’Europa, pel mondo intiero io abbia da sentire qualche refezione spirituale. Non è giusto che in un tempo di lutto nazionale non tanto, ma mondiale ancora, vi sia un’anima che dal perché non sia sul campo di battaglia, a lato dei suoi fratelli, abbia a vivere, anche per un solo istante, nella gioia». Colui che sarebbe divenuto l’amico e il maestro di molte anime, oltre che il samaritano dell’umanità, si andava preparando a tal arduo compito con la compassione per i dolori dell’umanità sofferente durante la guerra. 

/ continua

 

di Padre Ambrogio M. Canavesi, Il Settimanale di Padre Pio, N. 31/2022

Casa Mariana Editrice
Sede Legale
Via dell'Immacolata, 4
83040 Frigento (AV)
Proprietario: Associazione CME Il Settimanale di Padre Pio. Tutti i diritti sono riservati. Credits