PADRE PIO
“Santificati e santifica”
dal Numero 22 del 5 giugno 2022
di Suor M. Gabriella Iannelli, FI

Due parole che lo Spirito divino sussurrava costantemente all’anima di padre Pio per invitarlo alla sua grande missione. Celebrare oggi la sua santità significa ammirare la sua fedele e piena risposta all’invito divino e coltivare come lui l’anelito ardente alla perfezione cristiana.

San Pio è arrivato alla santità più altae consumata, perché lo ha arden-temente desiderato e voluto.

Egli era ben consapevole che la santità è un potenziale che tutti ricevono con la grazia del Battesimo, e che diventare santi non è altro che il mettere a frutto quel germe di santificazione che è deposto nell’anima di ogni battezzato. La consacrazione religiosa e ancor più quella sacerdotale sono doni che comportano una infusione di grazia speciale e sovrabbondante, che integra e porta alla pienezza quella del Battesimo, ed esige una maggiore responsabilità di corrispondere e un più intenso impegno nella santificazione, non solo della propria anima ma anche di quella dei fratelli.

San Pio ha vissuto questa tensione alla santità, consapevole che essa è la risposta personale che ognuno deve dare all’amore di Dio: «Chiedere a Gesù di farci santi non è superbia, né audacia, perché è lo stesso che desiderare di amarlo con amore grande» (Epistolario III, p. 247).

A Raffaelina Cesare descrive, con una magistrale sintesi di tutte le virtù, in che cosa consiste la santità: «Santità vuol dire essere superiori a noi stessi, vuol dire vittoria perfetta di tutte le nostre passioni; vuol dire disprezzare veramente e costantemente noi stessi e le cose del mondo fino a preferire la povertà alle ricchezze, l’umiliazione alla gloria, il dolore al piacere. La santità è amare il prossimo come noi stessi e per amore di Dio. La santità, su questo punto, è amare fino a chi ci maledice, ci odia, ci perseguita, anzi persino a fargli del bene. La santità è vivere umili, disinteressati, prudenti, giusti, pazienti, caritatevoli, casti, mansueti, laboriosi, osservatori dei propri doveri non per altro fine se non di piacere a Dio, e per riceverne da lui solo la meritata ricompensa. Breve: la santità, o Raffaelina, ha in sé la virtù di trasformare, secondo il linguaggio dei sacri libri, l’uomo in Dio» (Epistolario II, pp. 541 543).

Queste parole di san Pio non erano teoria: esse sono magistrali, non solo perché sintetizzano in poche battute il contenuto della santità, ma perché il Santo ce ne offre una concreta esemplificazione nella sua vita, insegnando meglio con i fatti che con le parole. La santità è la divinizzazione dell’anima, è la conformità a Gesù, e san Pio stesso ne è l’esempio più fulgido. Egli che aveva un ardente amore per Gesù e il desiderio di imitarlo, sotto l’influsso dello Spirito Santo santificatore, è stato animato per tutta la vita da un forte anelito alla santità. Nel novembre del 1922, parlando ad una sua figlia spirituale della propria vocazione e missione, scriveva: «Sento internamente una voce che assiduamente mi dice: “Santificati e santifica”. Ebbene, mia carissima, io lo voglio, ma non so da dove incominciare. Aiutami tu pure; so che Gesù ti vuole tanto bene, e lo meriti. Dunque parlagli per me, che mi faccia la grazia di essere un figlio meno indegno di san Francesco, che possa essere di esempio ai miei confratelli in modo che il fervore continui sempre e si accresca sempre più in me da far di me un perfetto cappuccino» (Epistolario III, p. 1010) . 

Santificati e santifica”: sono due semplici parole che potrebbero sintetizzare tutta la missione del santo Cappuccino. La sua vita è stata innanzitutto un lavorio interiore, profondo, ininterrotto per acquistare la perfezione che il suo stato di religioso e di sacerdote richiedeva: essere un perfetto cappuccino, ed essere così di esempio ai suoi confratelli. La grande missione che egli ha realizzato nel corso di tutta la sua vita è fondata su un costante impegno di santificazione personale, che lo ha spinto a trasfondere anche presso le anime a lui affidate la stessa tensione verso la santificazione. Questa missione presso le anime, infatti, non è stata solo quella di strapparle dal peccato, ma anche di additare loro la via della perfezione: «Ciò che padre Pio si prefiggeva, quando accettava la direzione delle anime, era anzitutto e soprattutto la loro personale santificazione. Questa era la principale meta del suo impegno sacerdotale, l’aspirazione costante delle sue cure e dei suoi sacrifici, l’ideale supremo del suo ministero di direttore. E lo sentiva profondamente e lo viveva intensamente, giorno per giorno, ora per ora, momento per momento; e voleva che con la stessa intensità e profondità fosse vissuto questo ideale da tutte le anime affidate alla sua direzione» (Introduzione all’Epistolario III, p. LII). 

Non a caso, un tema che ricorre spesso nelle lettera alle sue figlie spirituali è proprio quello di coltivare un costante “anelito” alla santità, portando l’immagine dell’albero del desiderio della santità che deve sempre produrre frutti, come fanno gli aranceti della riviera ligure, che tutto l’anno sono verdi e carichi di frutti. Scrive ad Erminia Gargani, il 27 gennaio 1918: «Non dubitare della mia povera sì, ma pure assidua preghiera per te. Io non ho cessato mai e né cesserò di pregare il dolcissimo Iddio per te, acciocché a lui piaccia compiere in te la sua santa opera, cioè il buon desiderio e disegno di arrivare alla perfezione della vita cristiana; desiderio il quale tu devi amare e nutrire teneramente nel tuo cuore, come un’opera dello Spirito Santo ed una scintilla del suo fuoco divino. 

Vidi a Roma un albero che dicesi essere stato piantato dal patriarca san Domenico; ogni fedele va a vederlo, accarezzandolo per amor di colui che lo piantò, e per questo avendo io visto in te l’albero del desiderio della santità, che Dio ha piantato nell’anima tua, io l’amo teneramente e sento piacere nel considerarlo. Quindi ti esorto, o mia buona figliuola, a fare lo stesso anche tu, ed a dire assieme con me: “Dio ti faccia crescere, o bell’albero piantato, divina semenza celeste; voglia Iddio farti produrre il tuo frutto a maturità; e quando l’avrai prodotto, piaccia a Dio di preservarti dal vento il quale fa cadere i frutti in terra, dove le bestie indiscrete li vanno a divorare”.

Mia dilettissima figliuola, questo desiderio deve essere in te come gli aranci della riviera di Genova, i quali sono quasi tutto l’anno carichi di frutta, di fiori e di foglie insieme, perché il tuo desiderio deve sempre fruttificare nelle occasioni che si presentano, effettuandone qualche parte ogni giorno, e nondimeno non deve mai cessare di desiderare gli oggetti ed incontri di passare più oltre; e questi desideri sono i fiori dell’albero del tuo intento, le foglie saranno le frequenti ricognizioni della tua debolezza, la quale conserva e le buone opere ed i buoni desideri» (Epistolario III, pp. 704-705).

È una esortazione che abbiamo voluto portare integralmente in tutta la sua bellezza descrittiva, nella certezza che san Pio la rivolge anche a ciascuno di noi che ne siamo devoti e ci sentiamo un po’ i suoi figli. 

Quanto padre Pio accompagnasse le anime che lui amava, desiderando per loro la santità è ben ravvisabile in queste parole scritte non a qualche figlio spirituale, bensì al suo Padre spirituale: «Quanto prego poi, perché il buon Dio vi conforti e vi santifichi sempre più, non saprei esprimervelo in nessun modo. Solo valgo a dire che il mio cuore ama l’anima vostra veramente ed incomparabilmente come se stessa e che per lei desidera tutta quella perfezione cristiana, a cui anela ardentemente ella stessa: ogni sacrificio che quest’anima va sostenendo ed ogni bene che va praticando, è tutto diretto a Dio per la comune santificazione» (Epistolario I, p. 882).

San Pio accompagni anche noi nel cammino della santificazione, e con la sua vicinanza, il suo esempio e la sua intercessione ci stimoli ogni giorno a desiderare “quella perfezione cristiana” a cui egli stesso ha ardentemente anelato e che ha mirabilmente acquistato, divenendo uno dei più grandi santi della terra e del Paradiso.

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