I FIORETTI
Padre Pio, “il meno mistico”
dal Numero 17 del 26 aprile 2020

Un altro scrittore, fra i tanti, racconta anche lui le sue impressioni [su padre Pio]. 
A San Giovanni Rotondo non esisteva l’immenso ospedale e la sofferenza era diffusa un po’ dovunque, tra rocce e case, su stradicciole e sul sagrato del convento, quando arrivava il letterato fiorentino [Piero Bargellini], in compagnia della sua educazione estetica che gli faceva concepire certi religiosi soltanto in atteggiamento ispirato.

«Quanti frati in estasi avevo veduto nell’iconografia sacra, con gli occhi rivolti al cielo, la fronte illuminata da un raggio di luce, le braccia aperte o incrociate sul petto e, infine, le bianche mani splendenti e diafane».

Perciò ricercava, nel coro dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo, un frate la cui immagine corrispondesse ai caratteri dell’iconografia tradizionale, e mentalmente sceglieva, tra le ieratiche figure in preghiera, quella di un padre Pio secondo la sua estetica immaginazione, perché ancora non circolavano le sue immagini fotografiche, o perlomeno egli non le aveva vedute e si era fatto di padre Pio un’idea molto diversa dal vero.

Arrivato in coro, osservava uno per uno, col desiderio di riconoscere padre Pio.

«Quel Cappuccino, per esempio, dall’alta fronte spaziosa e dalla grande barba, composto e solenne, poteva essere lui; oppure quell’altro, col volto emaciato, dal quale la barba scaturiva, argentea, come l’acqua sgorga dalle rocce; oppure un altro ancora, scavato, affilato, patito quasi uno scheletro ricoperto dalla tonaca, come avevo veduto in certe macabre chiese del Seicento. “Lo vedi?”, mi disse sottovoce l’amico. “Credo di sì”, gli risposi con un soffio. Invece era di no. Padre Pio non aveva né occhi estatici, né barba fluente. Padre Pio era colui che io avrei definito il meno mistico.

Invece di provarne delusione, ne fui soddisfatto, temevo, infatti, di trovare una copia di maniera, e invece scoprivo una figura originale. Temevo d’incontrare, non dico un simulatore, ma per lo meno un imitatore di santità, invece ero di fronte, se mai, ad un ostentatore di naturalezze, o meglio, ad un rivelatore di sincerità. Questa fu la prima sorpresa di padre Pio, la prima lezione che ebbi da lui, e che mi fece un immenso piacere. ?

Un pianto vero

La seconda sorpresa, assieme ad una profonda impressione, l’ebbe la mattina dopo in chiesa. Ammesso in «cornu evangelii», l’immagine di padre Pio gli appariva di profilo.

«Notai – dice – durante la lunghissima celebrazione, certi movimenti del suo viso. Stringeva le palpebre arrossate, facendo quasi una smorfia. “È infreddato”, pensai tra di me. “È molto infreddato”, pensai ancora, all’elevazione.

Terminata la Messa, l’amico mi disse: “Hai notato? Piangeva”. Piangeva. Piangeva come piange chi non sa o vuole piangere; chi non può raffrenarlo il pianto, ma lo reprime e contrasta.

Anche in questo caso avevo in mente i pianti dalle belle lacrime turgide e lucenti; i pianti sgorganti dai gocciolatoi delle ciglia e ruscellanti lungo le gote lisce, lustreggianti su certe barbe.

Quello di padre Pio era invece un pianto tormentoso, antidrammatico: un pianto vero, non interiore; non rugiadoso. Il pianto che io avevo creduto effetto d’un volgare raffreddore».

Padre Pio è padre Pio

La stessa mattina attorno al confessionale di padre Pio la gente si accalcava, si spingeva, quasi altercava: spettacolo di rude ed anche primitiva devozione.

Il visitatore letterato si teneva in disparte, con una discrezione che aveva dello schizzinoso, e con una ritenutezza che aveva della titubanza.

«Indugiai, a lungo, più osservando gli altri, in atteggiamento di disappunto, che indagando la mia coscienza, con sentimento di contrizione. Fosse ormai tardi o non meritassi altra accoglienza, quando giunsi ad inginocchiarmi al confessionale, padre Pio mi sbatacchiò lo sportello sul viso, s’alzò ed uscì borbottando.

Intercede l’amico; e nel pomeriggio padre Pio mi accolse nella sua cella, per confessarmi. Nell’atteggiamento, nei suggerimenti, negli ammonimenti, non fu diverso da un parroco di campagna. Nessuna parola fuor del comune, nessuna espressione sublime. Nulla di straordinario, per me che evidentemente non ero che un ordinario peccatore.

Ricordo che accusandomi delle eccessive preoccupazioni familiari, mi batté sulla spalla dicendomi: “Coraggio, coraggio, i figli non sono chiodi!”».

E questa fu la terza sorpresa; la terza lezione che gli venne da padre Pio, «frate privo di pose ascetiche, sacerdote privo di atteggiamenti mistici, confessore privo di raffinatezze spirituali, almeno con me, che forse mi sarei compiaciuto, se fossi stato trattato come un penitente di eccezione o per lo meno di riguardo [...].

Padre Pio è padre Pio. A parte la santità, che non spetta a noi proclamare, è un uomo capace di superare tutte le previsioni, di sconvolgere tutti i disegni, di smentire tutti i preconcetti. La sua autenticità, la sua originalità, la sua genuinità sono fuori discussione. Al di sopra di ogni sospetto sono la sincerità della sua anima e la potenza del suo spirito.

Me ne resi conto, personalmente, in quella lontana visita a San Giovanni Rotondo; ne abbiamo le riprove nelle opere che attorno a lui fioriscono, con prodigiosa fecondità, sull’aspra terra garganica, e su quella anche più aridamente ingrata dell’umana sofferenza» (1).

Padre Pio: uomo privo di pose ascetiche, accessibile a tutti, spontaneo e naturale, aperto e amabile con tutti gli uomini che incontra sulla sua strada, per sostenerli ed aiutarli con la sua presenza, continuamente: uomo semplice.

Un povero cappuccino comune

[...] Che cosa bisogna sperare di vedere sul Gargano? Ecco: niente di straordinario! L’unica, la più grande cosa che si può vedere, e che vale, è proprio quella di vedere come un uomo comune, un frate comune, un povero cappuccino comune, sappia vivere nel più comune e normale dei modi la più straordinaria e anormale delle avventure: portare nella sua carne le stimmate di Cristo, vivere l’Agonia e la Passione di Cristo, tutti i giorni e tutte le ore e in tal modo che gli altri non se ne debbono accorgere, non ci debbono fare caso.

Questo è presto detto: ma quanto costi a quel povero frate “quel portare a quel modo quella Passione”, Dio solo lo sa.

Eppure, proprio così la vive la “Passione” padre Pio; e benché egli sia saldato ad un mondo che non è il nostro, vive fra noi, come noi; tranquillo, semplice, fedele alla Regola, sottomesso ai superiori, presente in ogni dovere, concreto in ogni ragionare; deciso nel decidere, preciso nel domandare, privo di paure o false reverenze, discreto nel lodare, pronto nel compatire, più pronto nel perdonare.

Malgrado il carico della “Passione”, si mostra uguale agli altri, uguale con tutti e fa il suo mestiere d’uomo al pari degli altri e meglio degli altri, senza rifiutarsi a nessuna condizione umana. Sta lassù per tutti, ha qualcosa per tutti e vuol bene a tutti senza amplificazioni e senza condizioni. Perché non si può portare la “Passione” senza amore, ama tutti e non toglie niente a nessuno; e se una predilezione può averla non è quella del maggior merito ma del maggior bisogno» (2).

La sola bontà del dolcissimo Gesù

Pura e santa semplicità, che confonde tutta la saggezza del mondo, che scava quel vuoto dell’anima, continuamente approfondito dal Servo di Dio, per preparare lo spazio vuoto a Lui che verrà a riempirlo.

Quanto più l’anima avverte la sua insufficienza e la sua indigenza, tanto maggiormente acquista un sentimento vivo di quell’abbondanza infinita che le è necessaria, che essa invoca, e che comincia già ad esserle donata.

I frati minori «si fanno più piccoli di tutti» sapendo che coloro che si umiliano ricevono più abbondantemente la grazia, perché creano in sé la china che permette a Dio di discendere fino a loro. Vogliono essere invisibili come Lui; il sentimento della sua grandezza vien loro donato assieme a quello della loro miseria. Com’è nel significato del nome, l’umiltà ci fa aderire alla terra: ci impedisce di cadere, ma obbliga a guardare il Cielo (3).

Non sappiamo se «tutti» i frati minori «si fanno più piccoli di tutti», ma padre Pio sì. Credeva veramente che, se il Signore avesse conferito ad un ladrone, ed anche ad un pagano, tanti beni quanti ne ha dati a lui, essi sarebbero stati più di lui fedeli al Signore.

Alessandro da Ripabottoni, Graziano e Carmela Micheli,
L’umanità di Padre Pio, pp. 91-97

NOTE
1) P. Bargellini, Genuinità di padre Pio, in Cinquant’anni di sacerdozio (10 agosto 1910 - 10 agosto 1960), a cura della Casa Sollievo della Sofferenza, Foggia 1960, pp. 80-82.
2) M. Calbucci, La Passione di padre Pio, Bologna 1956, pp. 123ss. 
3) Cf. L. Lavelle, Quattro santi, Brescia 1953, p. 53.

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