Padre Pio si serviva del dono della scrutazione delle coscienze, oltre che per scuotere dallo stato di grave peccato, anche per dirigere spiritualmente le anime. A questo riguardo lo Scaramelli scrive: «Non v’è cosa che più conferisca alla retta direzione delle anime fedeli, quanto il penetrare gli occulti nascondigli dei loro cuori».
A suor Pura Pagani il Padre diede una sferzata per richiamarla ad un maggior rigore nell’osservanza delle Regole alle quali è tenuta una religiosa.
Ci dice lei: «Una volta, quando ero a Tarquinia, avvertivo un qualche malanno; decisi allora di andare da padre Pio per parlargliene. E dopo aver messo da parte qualche soldo, partii con un’altra consorella. Arrivata a San Giovanni Rotondo pregai padre Raffaele da Sant’Elia a Pianisi, che io conoscevo, di facilitarmi l’incontro con il Padre. Il buon frate mi fece accostare al confessionale e nel momento in cui il Santo finì di ascoltare la Confessione di una penitente mi spinse verso di lui che, appena mi vide, urlò: “Vattene, vattene!”. Ci rimasi male, perché il Padre era stato sempre dolcissimo con me in tutti gli incontri avuti in precedenza. Mi ritrassi, morendo di vergogna, e rimasi impietrita al mio posto, anche dopo che il Padre ebbe terminato di confessare e tutti tentavano di avvicinarlo per baciargli la mano. Quando egli, nel far ritorno in sagrestia, oltrepassò la balaustra che delimita l’ambito dell’altare maggiore, fece cenno ad una donna di chiamarmi, perché mi avvicinassi. Mi mossi per andare da lui solo dopo il terzo invito: avevo paura di un’altra sgridata. Giunta a lui vicino, mi assicurò, dicendomi: “Stai tranquilla. Starai meglio, vedrai. Starai meglio”. Poi, come per spiegarmi il motivo della sua severità, aggiunse: “Ma un’altra volta vieni col permesso dei Superiori”. Il Padre aveva letto nella mia coscienza: io, prima di partire, non avevo avvisato la Madre Provinciale per paura che mi dicesse di no».
Nel 1951 Mario Sanci aveva un grave problema agli occhi. Era studente e temeva che da un momento all’altro si sarebbe ritrovato nelle condizioni di non poter più studiare. Gli dicevano che per ottenere grazie bisognava “far violenza al Cuore di Gesù”. Capì male qual era la violenza da mettere in atto con il Signore: cioè una preghiera continua, fatta senza soste nella fiducia o certezza che a Lui nulla è impossibile, ma rimanendo in attesa come un povero bisognoso nell’umiltà più assoluta. Scrisse allora una lettera a padre Pio, parlandogli della sua situazione e concludendo: «Padre, io la grazia della vista da Dio la pretendo».
Parecchio tempo dopo, decise di recarsi personalmente a San Giovanni Rotondo, per chiedere di persona al Padre, quanto in precedenza aveva messo per iscritto. Ed il giorno successivo al suo arrivo, trovandosi nella sagrestia della chiesetta, vide per la prima volta padre Pio che, passandogli vicino, con voce dolcissima gli disse: «Ma che cosa pretendi tu, che cosa pretendi?».
Una creatura, che si era messa completamente nelle mani del Padre, per essere condotta a Dio, attesta: «Padre Pio stava confessando le donne ed io ero nella chiesa a tre o quattro metri da lui. In giornata non avrei avuto la possibilità di parlargli. Dissi allora col pensiero: “Padre, mi mandi una benedizione. Ne ho bisogno”. Avevo appena finito di esprimere il mio desiderio quando vidi che il Santo, scostandosi dalla grata il cui sportello gli nascondeva il viso, guardò verso di me e fece un segno di croce. Poi celò di nuovo il suo capo per continuare la Confessione».
Ancora un episodio. Era la seconda volta che Teresa Venezia vedeva il Padre; dopo la Confessione si mise nel corridoio del chiostro per potergli baciare la mano al suo passaggio. Quando arriva, padre Pio non si ferma alla sua altezza, non stende la mano santa, dalla quale lei voleva essere toccata. Ci rimane male e in cuor suo se ne lamenta. Il Santo torna indietro e paternamente burbero le dice: «E baciala!».
Padre Marcellino IasenzaNiro,
“Il Padre”. Padre Pio da Pietrelcina.
Sacerdote carismatico,
pp. 247-249; 256