I FIORETTI
Accanto a padre Pio nella Notte Santa
dal Numero 49 del 23 dicembre 2018

Si sa già che il Natale era la festa più attesa, più dolcemente sentita da san Pio da Pietrelcina che la viveva come in estasi, con l’anima liquefatta dall’amore e dalla commozione. Di questa atmosfera di amore e di gioia diventavano partecipi tutti coloro che avevano la grazia di vivere le feste natalizie a San Giovanni Rotondo, accanto a padre Pio. Il momento più bello era quello della Notte Santa, quando san Pio presiedeva la sacra funzione della Natività del Signore. Tanti figli spirituali descrivono con accenti commossi e nostalgici proprio la dolcezza e la solennità liturgica di quella notte, che lasciava nel cuore di tutti un ricordo indelebile. Riportiamo alcune testimonianze tra le tante.


Padre Eusebio Notte racconta...

«A San Giovanni Rotondo, come in tutte le chiese, si faceva la funzione della notte di Natale che abbracciava la celebrazione solenne della Messa e la recita dell’Ufficio che la precedeva. Quest’Ufficio si diceva tutto in latino. Per tradizione, l’ultima lettura che annunciava la Nascita di Gesù, ed era cantata, era riservata a padre Pio. Terminato il canto, il Padre incensava il leggio sul quale era adagiato il Bambinello sotto il Crocifisso del coro. Poi prendeva tra le braccia il Bambinello Gesù, e aveva inizio la processione: si scendeva giù in chiesa, all’altare maggiore per la Messa di Mezzanotte. Appena iniziata la processione, il Padre, con una voce baritonale e festosa intonava il canto del Te Deum in tono paesano e tutti gli altri proseguivano in coro. [...]
Arrivati in Chiesa, veniva adagiato il Bambino sull’altare maggiore e il Padre lo incensava. Il profumo di incenso creava un alone di Cielo, e in quel clima particolarmente mistico, il Padre intonava il Gloria in excelsis Deo con una voce poderosa, che faceva a gara con la voce degli angeli che lo cantarono la prima volta sulla grotta di Betlemme. Essi annunciavano agli uomini che Dio ama, e perciò dovrebbero essere di buona volontà, che Gesù si era fatto carne ed era venuto ad abitare in mezzo a noi.
Quando Gesù stava sull’altare di San Giovanni Rotondo, e padre Pio lo guardava, lo contemplava e il suo sorriso appena abbozzato faceva trasparire la gioia di una visione, di cui noi eravamo spettatori senza vedere nulla. Vedevamo e contemplavamo con gli occhi di Padre Pio».


Elia Stelluto racconta...

«Nel giorno di Natale tutti i sacerdoti possono celebrare tre Messe. Padre Pio era ben felice di questa possibilità e la notte di Natale, dopo la prima Messa solenne, era solito celebrare le altre due Messe una dopo l’altra, alle quali assistevano di solito alcune figlie spirituali. A Natale il superiore, al quale toccava di presiedere la funzione e celebrare la Messa di Mezzanotte, cedeva sempre il posto a san Pio. Il giorno dell’Epifania, invece, era il superiore del convento o il superiore provinciale a presiedere la Messa e la funzione serotina, a termine della quale si baciava per l’ultima volta Gesù Bambino. Padre Pio assisteva dal coro e alcuni frati portavano su il Bambinello affinché padre Pio potesse baciarlo con il trasporto che gli era proprio».


Francesco Ugliano racconta...

«Silenzio e raccoglimento, in attesa del canto di gloria e di pace agli uomini di buona volontà. E quel canto non si fece attendere! “Te Deum laudamus”: una voce forte e metallica rintronò nello spazio; era proprio la sua, quella del Padre che dal coro, stringendo fra le sue mani forate il Bambinello, si portava in processione, giù, in chiesa verso l’altare, vestito a festa. Tante voci si unirono alla sua, e formarono l’inno più bello della fede e della speranza cristiana: “Pace, pace, pace agli uomini di buona volontà!”. Non è possibile descrivere la gioia che si avvertiva nell’intimità del cuore in quei momenti indimenticabili, nel corso della vita. La carica di spiritualità di quel giorno lontano, per la mia povera anima, non è esaurita, anzi si ricarica, di continuo, con la potenza di un mistero d’amore che, sono convinto, proviene sì, sempre da lui, dal Padre santo di San Giovanni Rotondo».


Padre Paolo Covino racconta...

«Mi trovavo a San Giovanni Rotondo nel periodo natalizio del 1935. La Notte Santa volli passarla in convento, vicino al Padre, per ascoltare la “lezione” cantata da lui e ammirare il suo volto giulivo mentre portava il Bambino Gesù in processione.
La chiesa era gremita. Molti i forestieri. Suggestive le funzioni, il presepe, i canti a due, a tre voci, sotto la guida di Maria Pyle che dirigeva la Schola cantorum.
Al termine della Messa, in sacrestia, lo scambio festoso degli auguri. Mentre in chiesa si cantava Che magnifica notte di stelle, la signorina Pyle mi chiamò per farmi chiedere al superiore il permesso di cantare ancora. Il superiore acconsentì e padre Pio aggiunse: “Sì, cantino pure. È notte di festa!”.
I cantori intonarono Quando nascette Ninno a Betlemme e padre Pio seguì il motivo, canticchiando a bocca chiusa. È noto a tutti che il Natale, per padre Pio, era il tempo della gioia. Egli era più contento, più lieto. Sorrideva volentieri, sembrava dimenticare tutte le sofferenze che aveva».


Guglielmo Sanguinetti  racconta...

«La Santa Notte è tutta dolce di semplice poesia: sembra di intravedere greggi all’addiaccio, pastori in veglia di attesa di una umanità semplice, poetica, dolce e di quassù pare di intravedere nel fumigare un po’ fosco della pianura sconfinata punteggiata di luci rossastre la umanità tormentata e affannata nella corsa e gli interessi fittizi e impellenti che ne sono l’orgoglio e la pena, l’umanità tronfia della propria schiavitù dorata, della propria miseria orpellata.
Le stelle occhieggiano brillantissime nei larghi strappi delle nubi, le luci brillano sugli altari della Chiesetta [di Santa Maria delle Grazie] che si sta affollando sempre di più: scambio sommesso di auguri espressi con tutti gli accenti di tutte le regioni d’Italia, molti visi noti, consueti, e moltissimi altri ignoti ma su tutti un sorriso di serenità assorta: di sul Coro il salmodiare dei Frati che recitano i Salmi della Santa Notte, i Salmi dell’emozione di attesa. Sembra che ogni versetto termini con un interrogativo che si ripete da secoli nei secoli dalla prima Notte Santa che segnò la riconciliazione di Dio con gli uomini al prezzo sublime della umiliazione di Dio Gesù nella nascita umana e povera, doppiamente povera perché umana e povera. [...].
La Chiesetta nostra ha fatto evidentemente sforzi notevoli per arricchirsi di sfarzo festoso e vi è riuscita con un ammirevole impegno che però non riesce a cancellarne la semplice ingenuità francescana; ed è questa la sua vera bellezza: essa è veramente la Casa festante del Signore, ma è una Casa con un particolare ed ingenuo sapore di famiglia che ha avuto e saputo mantenersi fedele al proprio carattere francescano. Il Poverello, dal suo altare laterale pieno di fiori, sembra alzare gli occhi verso l’altare maggiore parato a festa.
E quando al finire dei Salmi appare il Padre nei paramenti solenni bianco e oro che porta tra le braccia il Santo Bambino per innalzarlo al trionfo sfolgorante dell’altare, nella folla che gremisce la Chiesa corre un grande brivido di emozione, come un sommesso sussurro che pare il palpito collettivo di tanti cuori, di tutti i cuori!».

a cura di Suor M. Gabriella Iannelli;FI

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