Quando si parla di Padre Pio, il grande “alter Christus” del XX secolo, il pensiero corre a San Giovanni Rotondo, la cittadina garganica dove il Cappuccino stimmatizzato visse per oltre cinquant’anni. Questo fu il luogo della sua prolungata missione d’immolazione per la salvezza delle anime, per così dire il suo monte Calvario. La sua “Betlemme” invece fu altrove, a Pietrelcina, una cittadina campana a 350 metri sul livello del mare, di origini antichissime, per alcune parti romane, per altre medioevali.
Quando vi nacque San Pio, il paese si presentava come un piccolo borgo quasi sconosciuto, luogo tranquillo di contadini e artigiani, con le piccole case dislocate attorno a un castello baronale, che sorge ancora su una gigantesca roccia denominata “morgione”. Attorno al castello, si estende la parte vecchia della cittadina, con le case attaccate alla roccia viva, che schiudono l’ingresso su viuzze strette e contorte, lastricate a ciottoli. Le case sono costruite in modo rustico, con calce magra, i muri senza intonacatura mostrano pietre grezze, sassi, screpolature. In una tra le più antiche di quelle case, al numero 27 di vico Storto Valle, nacque San Pio il 25 maggio 1887, battezzato Francesco Forgione.
Il piccolo Francesco, che vi sarà per sempre legato da un affetto più che naturale, ha vissuto lì i primi Natali della sua vita, con tutta la carica spirituale ed emotiva che la nascita del Bambin Gesù suol sempre portare ad ogni bambino innocente, e forse con qualche viva attrazione in più per lui che avrebbe dovuto riprodurre mirabilmente in sé la vita di quel Bambinello nato nella grotta.
Si sa che, appassionato del Natale e del Presepe, teneva il conto alla rovescia dei giorni che mancavano al 25 dicembre fin dal giorno dopo il Natale, e da bambino iniziava per tempo a fabbricare le statuine e tutto l’occorrente per il Presepe. Con l’ardore e l’ingegno dei piccoli, sapeva rendere più suggestivo il paesaggio di Betlemme illuminandolo con molti piccoli lumini ricavati da tanti gusci vuoti di chiocciole riempiti di olio e stoppino e posizionati qua e là. Le statuine poi le modellava e rimodellava tante volte con la creta fino a che non assumevano quell’aspetto grazioso che avevano nella sua fantasia, soprattutto quella del piccolo Gesù Bambino. Poi allestiva tutto entro una piccola nicchia scavata nella parete della casa.
La casa è ancora visitabile ed anche il rione attorno non ha perso quel profilo paesaggistico che tanto la fa assomigliare al paesino della Giudea. Ma a rievocarne magnificamente l’atmosfera, nei giorni dopo Natale, è tutt’oggi l’allestimento del Presepe vivente, tradizione inaugurata nel 1987, proprio in omaggio a Padre Pio per i 100 anni dalla sua nascita.
Teatro della rappresentazione è tutto il “rione Castello”, l’antico borgo medioevale di Pietrelcina, che di anno in anno ospita nei giorni 27, 28 e 29 dicembre le varie scenografie del Presepe, ogni volta arricchite di innovazioni e particolari sia per quanto riguarda i costumi, sia per i paesaggi che mostrano elementi tipici dei villaggi palestinesi. Così a dicembre, man mano che procedono i lavori, le mura esterne delle case e i vicoli del centro storico vengono arricchiti da palme, rami, cespugli di canne e paglia, sistemati in modo da far perdere ai visitatori ogni traccia del tempo in cui viviamo; tende di sacco e stuoie al posto di porte e finestre, ed anche l’illuminazione è solo quella fioca ma calda di fiaccole e candele. Il passante è così calato in una dimensione atemporale che molto favorisce la meditazione e l’immersione nel mistero della Santa Notte, a tratti interrotta dalle musiche risonanti di alcune scene, come la corte del Re Erode che appare in un ricco e sfarzoso banchetto. Appartate si trovano le tende dei Re Magi e di alcuni pastori, in viaggio per rendere omaggio a Gesù Bambino, poi i soldati romani e il censore intento al suo lavoro. Per ultima, la scena finale della Natività, ambientata sempre nella stalla sottostante la casa natale di Padre Pio. La Sacra Famiglia è impersonata da veri sposi scelti tra quelli che hanno dato alla luce gli ultimi nati maschi. Se poi il neonato piange, la dolcezza e il realismo della scena, nella sua semplicità, suscitano nei visitatori che contemplano il bimbo nei panni di Gesù un commosso affetto che pare portarli davvero a Betlemme e spesso si traduce in un sentito e devoto “Segno di croce”.
La piccola Pietrelcina offre così il suo incantevole dono natalizio, custodendo e portando avanti anche in questo modo quell’eredità francescana (di cui il Presepe vivente è una preziosa espressione) che Padre Pio a sua volta le ha donato. Camminando per quelle vie che egli diceva conoscere “pietra per pietra”, magari un po’ stipati per il grande afflusso di gente, torna alla mente la promessa del Santo: «San Giovanni Rotondo l’ho valorizzata in vita, Pietrelcina la valorizzerò dopo la morte».