APOLOGETICA
Chi difenderà la famiglia?
dal Numero 06 del 6 febbraio 2022
di Corrado Gnerre

Spesso sentiamo dire, con verità, che la famiglia è l’istituzione oggigiorno più attaccata. Non dovrebbe essere allora anche la più difesa da chi ne capisce il valore? Ecco un’utile riflessione per spronarci a compiere il bene nel tempo opportuno, senza aspettare che siano gli altri a pensarci e prima che sia troppo tardi, ovvero che i mali siano troppo radicati.

Cari Lettori, c’è un breve racconto che narra di un uomo che trovò un nido di vipere. Vedendole così piccole, le prese e le portò nella sua casa per nutrirle con premura. Un giorno arrivò un amico che vide le vipere e ovviamente mise in guardia il padrone di casa, ma questi rispose che erano ancora piccole e che le avrebbe uccise allorquando fossero diventate grandicelle. L’amico cercò inutilmente di metterlo in guardia. «Se tu le nutri – gli disse – cresceranno ancora più velocemente e potrebbero farti del male...». Non ci fu nulla da fare. Come andò a finire? Che dopo pochi giorni quell’uomo imprudente fu trovato morto nel suo letto a causa del veleno di una di quelle vipere.

C’è una frase di sant’Ignazio di Antiochia (35-108) che ci mette in guardia dal pericolo di non difendere il bene inestimabile della famiglia: «coloro che corrompono le famiglie non erediteranno il Regno di Dio» (Lettera agli Efesini).

Sono parole, queste, che in gergo potrebbero essere facilmente comparate al classico “cacio che cade sui maccheroni” o, se preferite, a ciò che “cade a pennello”. Infatti, oggi come oggi, abbiamo chi si prodiga per corrompere la famiglia e anche chi non fa nulla per difenderla.

Eppure sant’Ignazio di Antiochia parla chiaro: chi minaccia la famiglia non erediterà il regno di Dio, cioè andrà all’Inferno.

Prima riflessione: la chiarezza del Santo. Il quale – guarda caso – rimase coerente fino all’accettazione del martirio.

Chiediamoci: noi saremmo capaci di tale chiarezza? è evidente che la responsabilità a riguardo è diversa dall’autorità che si riveste, dalla vocazione cui si è chiamati, dalla carica che si ricopre, ma avremmo il coraggio di parlare con chiarezza, una chiarezza che poi è indicata dallo stesso Gesù: «Il vostro parlare sia sì sì, no no, il resto viene dal maligno» (Mt 5,37)?

Seconda riflessione: cosa significa minacciare la famiglia? Non dobbiamo credere che significhi solo attaccarla. Minacciare la famiglia è anche non difenderla adeguatamente.

In merito alla non-difesa ci sono due atteggiamenti possibili: pensare che la difesa implichi qualcosa che non sia giusto e pensare che la difesa non spetti a tutti.

Pensare che la difesa implichi qualcosa che non sia giusto: in questi tempi sentiamo di autorevoli cattolici i quali affermano che manifestare a favore della famiglia naturale e contro certe leggi (vedi quella sulle “unioni civili”) significherebbe andare contro qualcosa e anche contro qualcuno. Certo, vuol dire questo. E cosa c’è di male? Andare in questo caso “contro” non solo è moralmente possibile, ma anche moralmente doveroso. Il cristiano è segno di “contraddizione”. Il vecchio Simeone lo disse chiaramente vedendo il Bambino Gesù (cf. Lc 2,34).

E adesso veniamo al pensare che la difesa della famiglia non spetti a tutti. Si dice da parte delle gerarchie della Chiesa che la difesa pubblica della famiglia spetti al laicato. è vero. Ma non si precisa che spetta “soprattutto” al laicato. Ciò non vuol dire che i pastori possano sfilarsi. Se il pastore deve “odorare” delle sue pecore, deve sempre stare in mezzo alle pecore, quando le “pecore” fanno battaglie che il mondo plaude, ma anche quando fanno battaglie che il mondo non desidera.

Torniamo al racconto iniziale. Conviene giocare con le vipere? Conviene farle crescere senza pensare a quando saranno capaci di mordere? Se conviene questo, attendiamoci che la nostra civiltà finisca sul letto di morte, così come il protagonista del racconto.

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