APOLOGETICA
Mounier, il personalismo e il concetto “liquido” di persona
dal Numero 5 del 31 gennaio 2016
di Corrado Gnerre

 Il pensatore francese Emmanuel Mounier imposta la sua speculazione sul concetto di persona, senza però volerne o poterne dare una definizione precisa. In tal modo, invece che nobilitarla come vorrebbe, postula un concetto “fluido”, “liquido” di persona, che la rende estremamente debole ed evanescente.

Il Personalismo e il suo filosofo di riferimento, Emmanuel Mounier, mi fanno pensare a qualcuno che va alla guerra per contrastare carri corazzati munito di una semplice cerbottana, per giunta con colpi non fatti con sassolini, ma con carta appallottolata. Con la certezza, ovviamente, non solo di non poter vincere, ma anche di tornare peggio di come si è partiti.
Una immagine strana? No, un’immagine vera e ve lo dimostro. Diciamo prima di tutto qualcosa sulla vita e le opere di Mounier. Emmanuel Mounier fu il pensatore francese che ebbe più notorietà tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. Nacque a Grenoble nel 1905 e morì prematuramente nel 1950. La sua fama si deve soprattutto all’aver fondato la rivista Esprit, che diresse per ben venti anni. Ma non solo a questo, anche ovviamente perché fu lui a coniare il termine “personalismo”. Le sue opere da ricordare sono: “Rivoluzione personalistica e comunitaria” (1935), “Manifesto per il personalismo” (1936), “Il personalismo” (1949) e “Trattato del carattere” (1946).

Si parte dalla “persona”, ma si sbaglia la definizione... anche se l’intenzione è buona

Se Mounier conia il termine “personalismo” e se la sua filosofia è personalista, è perché egli fa ruotare tutta la sua speculazione sul concetto di persona. C’è però un problema che non è di poco conto: Mounier non riesce a dare una definizione precisa di persona. O meglio, ci sono nella sua definizione elementi che definire ambigui è poco. Per esempio, egli insiste sul fatto che la personalità è caratteristica dell’esprit (intelletto), mentre la natura materiale sarebbe caratterizzata da una sorta di impersonalità. Mandando, in tal modo, a carte quarantotto l’antropologia della metafisica classica (per intenderci: quella aristotelico-tomista) laddove anche il corpo è parte organica della persona umana e concorre alla sostanza della persona stessa.
In realtà Mounier cosa vuol fare? Una cosa di per sé ottima: non solo dimostrare che la persona umana, individualmente intesa, ha una dignità altissima, anzi è il massimo dei valori esistenti sulla faccia della terra per cui non può mai essere posposta (messa dopo) ad altro, per esempio: allo Stato, all’ideologia, alla razza... non solo questo – dicevo –, vuole anche evitare qualsiasi deriva libertaria ed individualista, proprio perché la persona non è solo corpo, non è solo istinti, ma anche volontà, libertà e responsabilità. Ma per far questo non sa utilizzare gli argomenti corretti. Come ho detto prima, parte per la guerra armato di una misera cerbottana pretendendo di combattere contro carri corazzati. Dire infatti che la persona è grande solo perché “ha” qualcosa e non perché “è” qualcosa, rende la persona stessa estremamente vulnerabile.

Un concetto “fluido” di persona

Vediamo però di capirci di più. Secondo la metafisica classica la persona è: «Sostanza individuale di natura razionale» (secondo la celebre definizione di Severino Boezio). Prima di tutto la persona è sostanza completa; a differenza per esempio del sangue che per esistere ha bisogno di un corpo animale, la persona sussiste in sé. È inoltre sostanza individuale, dunque è persona l’uomo Mario, Giovanni, Pietro... non l’uomo astrattamente inteso come genere. Infine è sostanza razionale, cioè autocosciente, libera ed intelligente. Infatti, è persona l’uomo, è persona l’Angelo, è persona Dio. Non è persona l’animale o l’oggetto inanimato.
Questo per la metafisica classica. Per Mounier e i personalisti le cose non stanno proprio così. Mounier dice che non si può dare alcuna definizione della persona, perché essa sarebbe ineffabile, cioè inesprimibile. Sentite cosa scrive nel suo Il personalismo: «Ci si aspetterebbe che il personalismo cominciasse con una definizione della persona. Ma si possono definire solo gli oggetti posti fuori dell’uomo, e che l’uomo può porsi sotto gli occhi. Invece la persona non è un oggetto: essa anzi è proprio ciò che in ogni uomo non può essere trattato come oggetto». Mounier afferma questo perché pensa in tal modo di rendere più grande e inalienabile la persona umana, e non si accorge, invece, che la rende molto più debole e fragile. Perso lo statuto ontologico, la persona diventa miseramente un fascio di evanescenti potenzialità, di tensioni, di emozioni, di sentimenti che lo stesso Mounier definisce come “l’universo personale”. Insomma, altro non è che una concezione “fluida”, “liquida” della persona.

L’uomo se non si apre agli altri, non è “persona”

Proprio perché la persona viene ridotta a insieme di elementi fluidi, indefinibili e soprattutto emotivi e sentimentali, la persona stessa è ritenuta come qualcosa che per essere se stessa debba necessariamente rapportarsi agli altri. Anche in questo caso l’intenzione di Mounier è buona. Egli vuole far capire che l’uomo non può individualisticamente chiudersi nell’egoismo, avendo il Filosofo francese capito molto bene i danni che già stava compiendo un certo tipo di ipercapitalismo. Ma per seguire questa buona intenzione argomenta in maniera tutt’altro che corretta. È il partire per la guerra con la cerbottana di cui sopra. Infatti, un conto è dire che l’uomo è un “essere naturalmente sociale” come aveva ben detto il buon Aristotele e ribadito l’ottimo san Tommaso d’Aquino, altro è dire che l’uomo se non si apre agli altri è come se non fosse uomo. Se dico questo, sostituisco la sostanza con la relazione, anzi implicitamente ammetto che è sostanza la relazione, rendendo estremamente vulnerabile e cangiante la persona stessa. Mounier dice chiaramente sempre nel suo Il personalismo: «(La persona) non esiste se non in quanto diretta verso gli altri, non si conosce che attraverso gli altri, si ritrova soltanto negli altri».

Se si legittima un concetto fluido di persona... tutto diventa possibile

Si potrebbe però obiettare: ma dove sta il pericolo in tutto questo? Il pericolo c’è eccome. Facciamo un esempio concreto e più che mai attuale: il cosiddetto (solo “cosiddetto”) amore omosessuale. Ormai anche molti Cattolici la pensano in questo modo: Ma se due uomini (o due donne) si vogliono bene, si “amano”, che male c’è? Anzi, il male ci sarebbe se si pretendesse che questo “amore” dovesse essere represso, annullato, moralmente condannato. Insomma, l’amore non dovrebbe più essere giudicato dalla verità, bensì si dovrebbe giudicare con l’amore stesso. Ebbene, vediamo che centra in tutto questo il Personalismo. Se la persona perde il suo statuto ontologico, fatto di sostanza individuale razionale, ma si riduce invece in un “universo” di emozioni, tensioni, sentimenti e passioni, allora l’amore stesso, che è una passione, viene svincolato dalla verità per divenire il criterio primo dell’agire umano. Faccio parlare ancora Mounier nel suo Il personalismo: «[...] l’atto di amore è la più salda certezza dell’uomo, il cogito esistenziale irrefutabile: Io amo quindi l’essere è, e la vita vale (la pena di essere vissuta)».

Il Personalismo è diverso dall’Esistenzialismo, ma in un certo qual modo conduce agli stessi esiti

E non finisce qui, perché se è vero che il Personalismo è molto diverso dall’Esistenzialismo, anzi tiene a marcarne le differenze, se non altro perché mentre nell’Esistenzialismo gli altri sono visti come limite alla libertà, nel Personalismo accade il contrario, l’apertura agli altri è causa di realizzazione della persona... se però è vero questo, è pur vero che anche il Personalismo arriva tutto sommato agli stessi esiti dell’Esistenzialismo. Mi riferisco al fatto che non si potrebbe comprendere la persona se non nel suo contesto storico e fattuale. Jean Lecroix, uno degli esponenti più rappresentativi del Personalismo, scrive: «Il Personalismo vorrebbe in qualche modo porsi come successore delle filosofie dell’io per rituffarle nel mondo fisico e sociale».
Che poi il Personalismo voglia marcare una distanza dalla metafisica classica ce lo dice lo stesso Mounier: «(Il Personalismo) è una filosofia, ma non un sistema» (p. 548). Una distanza voluta perché Mounier e il Personalismo diffidano della dottrina in quanto tale.

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