APOLOGETICA
La “teologia del dubbio” riguardo l’esistenza di Dio
dal Numero 39 del 4 ottobre 2015
di Corrado Gnerre

Contro la tendenza teologica neomoderna di “fideizzare” e “sentimentalizzare” la nostra Fede, l’insegnamento perenne della Chiesa afferma che l’esistenza di Dio è verità di ragione, e la stessa ragione lo conferma.

Tempo fa un noto Vescovo italiano in una sua lectio magistralis ebbe a dire: «Io ogni mattina mi sveglio ateo e poi divento credente». Ora, se una frase di questo tipo va letta ricordando ciò che avviene ad alcune persone al momento del risveglio (io sono tra questi) per cui ci si alza dal letto ma il pensiero fa difficoltà ad innescarsi, è un conto. Ma è ovvio che il famoso Monsignore non si riferiva al suddetto fenomeno di lento risveglio, ma ad un’altra cosa, molto pericolosa e – per parlare chiaramente – del tutto eterodossa. Si riferiva al fatto che il credere nell’esistenza di Dio sia l’esito di un atto di volontà, uno sforzo che prescinda parzialmente o totalmente dalla ragione. Un atto, cioè, se non proprio contro la ragione, almeno oltre la ragione. Ma “l’oltre-ragione” se certamente può e deve valere per le Verità di Fede (cioè quelle verità che non potremmo mai conoscere con la ragione), non può valere per le verità di ragione che si chiamano così proprio perché sono di ragione. L’esistenza di Dio è una verità di ragione; infatti, già la sola ragione ce ne può far essere certi.
Chiediamoci: la frase del Vescovo è un isolato incidente di percorso o è un segno di una tendenza teologica molto più diffusa? La risposta è nella seconda ipotesi: si tratta per l’appunto di una tendenza teologica, che è ovviamente (come tutte le tendenze teologiche contemporanee) un’espressione neomodernistica. Tutto deve essere “fideizzato” e “sentimentalizzato”. Nell’atto di fede non deve essere coinvolto l’intelletto perché questo (l’atto di fede) è tutto sommato un’espressione del sub-conscio. E così vanno a carte quarantotto non solo la ragionevolezza della fede (o intelligenza della fede), ma anche l’insegnamento tradizionale della Chiesa. E vediamo cosa dice questo insegnamento tradizionale.
Il Concilio Vaticano I afferma in maniera chiara che l’esistenza di Dio è una verità di ragione. Nella Costituzione Dogmatica Dei Filius è esplicitamente scritto: «[...] la Santa Madre Chiesa tiene e insegna che Dio, principio di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza col lume naturale della ragione umana attraverso le cose create». Ribadisce il Concilio Vaticano II nella Costituzione Dogmatica sulla divina Rivelazione Dei Verbum: «Dio, principio e fine di tutte le cose, può essere conosciuto con certezza col lume naturale dell’umana ragione dalle cose create». Importante è anche ciò che dice il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 31: «Creato ad immagine di Dio, chiamato a conoscere e ad amare Dio, l’uomo che cerca Dio scopre alcune “vie” per arrivare alla conoscenza di Dio. Vengono anche chiamate “prove dell’esistenza di Dio”, non nel senso delle prove ricercate nel campo delle scienze naturali, ma nel senso di “argomenti convergenti e convincenti” che permettono di raggiungere vere certezze». E ancora al n. 286: «Indubbiamente, l’intelligenza umana può già trovare una risposta al problema delle origini. Infatti è possibile conoscere con certezza l’esistenza di Dio Creatore attraverso le sue opere, grazie alla luce della ragione umana».
Ma torniamo al Vaticano I. Questo Concilio afferma che il dubbio è una tentazione e perciò è da rifiutare come pensiero volontario, cioè come dubbio volontario. A maggior ragione il dubbio è da rifiutare come “metodo”. La tendenza teologica a cui abbiamo fatto riferimento prima, di fatto utilizza il dubbio come tale. L’agnosticismo, pertanto, non può essere né assecondato né tantomeno rispettato. Un conto è rispettare l’agnostico come persona con il dovere di amarlo desiderando la sua conversione, altro è rispettare le sue convinzioni agnostiche, che sono totalmente errate. Ripetiamo: il dubbio involontario non costituisce peccato né è facilmente evitabile a causa della natura umana ferita, ma altra cosa è il dubbio volontario. D’altronde il peccato non sta nel sentire, ma nell’acconsentire.
A questo si deve aggiungere che la natura umana è ferita, e quindi a maggior ragione bisogna fare apostolato fondandolo sulle solide argomentazioni riguardanti l’esistenza di Dio. Qualora si volesse (come oggi purtroppo è molto diffuso) fare evangelizzazione facendo a meno dei preambula fidei (cioè di tali argomentazioni), si finirebbe sempre con l’essere vinti dal nichilismo della cultura dominante.

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