RELIGIONE
Il Paradiso di papa Benedetto XVI
dal Numero 11 del 12 marzo 2023
di Lazzaro M. Celli

Benedetto XVI ha lasciato un ricco patrimonio dottrinale e spirituale alla Chiesa Cattolica, e ciò è innegabile. Quel che poco si conosce è la testimonianza che egli ci ha dato nell’ultimo periodo della sua vita, in attesa del Paradiso. 

Il pontificato di Benedetto XVI si è contraddistinto per tante ragioni: egli è stato strenuo difensore delle radici cristiane; si è distinto nella difesa della famiglia naturale, formata da un uomo e una donna; nella difesa per la vita, dal primo istante del suo concepimento fino alla morte; ha combattuto radicalmente la pedofilia. Tutte cose che potrebbero bastare per ringraziare Dio per avercelo dato come guida della cristianità. C’è però un elemento che racchiude come in un abbraccio tutta la sua opera; un filo conduttore, alla radice di ogni suo impegno: la difesa della verità. Papa Benedetto è stato colui che ha ribadito la priorità del riconoscimento della Verità come realtà che può trascendere infinitamente l’esperienza personale. Ha posto nuovamente al centro la questione essenziale della realtà oggettiva, che non può essere trasformata a seconda del proprio desiderio.
Contemporaneamente ha riaffermato la validità della ragione quale strumento d’indagine nella ricerca dell’Assoluto, che è pure uno dei caratteri distintivi che segna il limite tra razionalità e razionalismo. Fede e ragione, infatti, non sono due elementi in contrapposizione, in eterna lotta come vorrebbe la falsa scienza.
C’è però un aspetto della vita di papa Benedetto XVI di cui non si è parlato tanto. Si tratta di una bellissima testimonianza di vita, specialmente nei suoi ultimi anni su questa terra: la sua attesa del Paradiso, pienezza della felicità cui tutti gli uomini aspirano. Benedetto XVI si preparava da vari anni non alla fine della vita, ma a un incontro: quello con il Signore.
Sulla scia di sant’Agostino, il Papa la definiva «conosciuta realtà sconosciuta»: la desideriamo (questo è segno della nostra grandezza), ma non sappiamo darcela da soli, su questa terra (questo è segno del nostro limite); la conosciamo, parzialmente, altrimenti non potremmo desiderarla, ma senza mai possederla del tutto.
Per questo la Chiesa definisce la felicità con la parola “Paradiso”: il Paradiso è la felicità piena, completa, finalmente raggiunta! Esso non è su questa terra, se non come assaggio (quando amiamo secondo Dio, qualcosa del Paradiso lo viviamo già ora); non è un paradiso materiale, perché la materia non ci sazia; solo «amore e luce ha per confine», per usare un’espressione di Dante, perché non ha confini, come l’amore che abbraccia ogni cosa, e la luce che dirada ogni tenebra.
Una descrizione più precisa del Paradiso, umanamente parlando, è impossibile: solo Dio, l’Infinito, può colmare il desiderio infinito che sta in queste piccole e grandi creature che chiamiamo uomini; solo l’Essere assoluto può colmare questo nostro desiderio di “essere di più” (più buoni, più giusti, più felici) che abita il nostro essere.
Il Paradiso Benedetto XVI lo immaginava così: «E, per dire la verità, se cerco di immaginare un po’ come sarà in Paradiso, mi sembra sempre il tempo della mia giovinezza, della mia infanzia. Così, in questo contesto di fiducia, di gioia e di amore eravamo felici e penso che in Paradiso dovrebbe essere simile a come era nella mia gioventù. In questo senso spero di andare “a casa”, andando verso l’“altra parte del mondo”».  

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