ATTUALITÀ
Sine Timore. Rivestiamoci delle nostre Radici
dal Numero 15 del 14 aprile 2013
di Ludovico Russomando

T-Shirt coi famosi personaggi della gloriosa tradizione cattolica: una saggia iniziativa per incitare i cattolici a non nascondersi ma a mostrarsi per quello che sono!

    L’abito fa il monaco? Se si vuole asserire, con la tradizionale domanda retorica, che non basta indossare un abito (monastico, militare, professionale) per appartenere perfettamente ad una determinata categoria di persone, evidentemente si dice qualcosa di corretto. L’abito non basta, ci vuole dell’altro. Ma cosa? Dipende dalla categoria a cui si fa riferimento. Di certo però l’abito, inteso anzitutto come insieme di disposizioni interiori, come habitus, è assolutamente richiesto per non trasgredire un impegno preso davanti al Signore entrando, per esempio, in un ordine religioso cattolico (frate, religioso, monaco, eremita, ecc.). Gli stessi militari dovrebbero essere radiati se, in una situazione di emergenza, come una guerra, un atto di terrorismo o un cataclisma, si presentassero sul luogo operativo, senza il loro abito di riconoscimento. Il pompiere è pompiere anche per l’abito da pompiere. E se è un finto pompiere uno che, facendo magari il facchino, si travesta per celia o per carnevale da pompiere, neppure è un vero pompiere un (diplomato) pompiere travestito da cittadino comune.
    Il monaco, il sacerdote, il religioso e la religiosa debbono mostrare sempre e davanti a tutti la scelta di vita che liberamente hanno contratto con Dio. Liberissimi di fare altro, di essere pompieri o facchini, ma non più liberi di rinnegare un impegno così alto che non ammette ripensamenti o ripieghi di comodo (tipo il sacerdote che dicesse: non me la sento più di dire Messa, i funerali mi attristano, mi sono innamorato...).
    Il cristiano poi, uomo sovrannaturale rivestito della grazia santificante, il cui corpo è divenuto tempio dello Spirito Santo, deve vestirsi da cristiano, e non da pagano o da mondano. Certo la moda è sempre esistita ed è quasi inevitabile adottare abiti e capi tipici dell’epoca in cui si vive, ma solo fino ad un certo punto. Se sbagliano coloro che identificano la retta morale con il vestiario che so dell’Ottocento o degli anni ’50, sbagliano altresì coloro che vogliono essere sempre conformi alla moda del presente, all’ultima moda, fosse pure una moda apparentemente onesta e decorosa.
    Il cristiano laico deve essere decente più che elegante, decoroso più che ricercato, civile più che borghese, militante più che pantofolaio, degno e semplice più che pseudo-aristocratico, e se si vuole volare alto, il meno sgargiante e appariscente possibile. Esiste una moda cristiana in senso stretto? Diciamo che è la moda della decenza, ma non si identifica con alcuna moda di taglio sociologico: come certuni che credono che vestendosi come i cristianissimi nobili di Versailles sarebbero più cristiani che vestendosi come l’uomo comune di oggi. L’errore più comune però è un altro ed è quello di non voler assolutamente essere riconosciuti come cristiani, per timore di essere fuori moda (per decenza e senso di equilibrio), un po’ come quei sacerdoti che fanno di tutto per apparire laici, nei modi, nel linguaggio (più che spigliato) e nel vestiario (o trasandato o meramente laicale: giacca e cravatta). Un cristiano invece dovrebbe andare sempre fiero (senza vanteria però!) di avere una croce al collo, una spilla cristiana sul giacchetto (tipo il cuore vandeano, il monogramma costantiniano o un bel giglio), e altri segni della sua identità, pur senza cercare di mettersi in mostra (come la suora che non si mette in mostra, ma non può rinnegare la vita che nobilmente ha scelto).
    Con tale spirito, è sorta da poco una bella iniziativa giovanile grazie al blog sinetimore.org. Alcuni cattolici identitari offrono a prezzi accessibili delle magliette, di bella fattura, che rappresentano san Michele Arcangelo, santa Giovanna d’Arco, Don Bosco, e altri personaggi della nostra gloriosa tradizione spirituale. Oggi che tutto è icona e logo, non possiamo noi cristiani, portatori del Logo e dell’Icona più belli del mondo, restare in silenzio e accettare passivamente che i nostri giovani e i nostri bambini vestano solo coi lugubri simboli del metal, del rap e della tecno. Ebbene: i baldi giovani cattolici faranno degli acquisti oculati se sosterranno una iniziativa di ripulitura estetica e di ri-evangelizzazione esplicita come quella ideata da Sine Timore. Lo stesso dicasi per le famiglie che regaleranno ai propri e agli altrui bambini una T-Shirt con un santo o una santa: nei tempi di oggi dobbiamo non solo evitare di nasconderci ma mostrarci per ciò che siamo. Di Cristo, della Chiesa, di Dio!

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