ATTUALITÀ
L’Agenda 2030: il frutto acido di una mala pianta
dal Numero 10 del 5 marzo 2024
di Francesca Romana Poleggi

L’Agenda 2023, che sembra essere quantomai rassicurante, in realtà presenta non pochi falli. Ne esaminiamo alcuni.

Il 15 settembre 2015 i centonovantatré paesi che siedono all’Assemblea Generale dell’ONU, con la risoluzione 70/1, hanno adottato all’unanimità l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, il programma globale che – dicono – dovrebbe garantire la prosperità e la pace in tutto il mondo.


Questi, in estrema sintesi, i 17 scopi dell’Agenda (facilmente reperibili in internet nella loro interezza): 1) abolire la povertà; 2) abolire la fame nel mondo; 3) garantire la buona salute e il benessere per tutte le persone; 4) garantire a tutti educazione paritaria e di qualità; 5) raggiungere la parità di genere e l’emancipazione femminile; 6) acqua pulita e servizi igienico-sanitari per tutti; 7) energia pulita e accessibile a tutti; 8) lavoro dignitoso e crescita economica a tutti; 9) sviluppo delle imprese, dell’innovazione e delle infrastrutture; 10) riduzione delle disuguaglianze; 11) rendere le città e le comunità sostenibili; 12) consumo e produzione responsabili; 13) contrastare i cambiamenti del clima; 14) proteggere la vita sott’acqua; 15) proteggere la vita sulla terra; 16) assicurare pace, giustizia e istituzioni solide; 17) favorire partnership per raggiungere detti obiettivi.


Perdindirindina! Un programma del genere è ovvio che sia stato approvato da tutti all’unanimità. L’ONU è sempre molto rassicurante e accattivante.


Ma come raggiungere questi obiettivi? Non c’è mica scritto. Ci sono solo un sacco di parole, parole, parole...
Lo dice anche il prof. Enzo Pennetta nel suo libro Agenda 2030, una rivoluzione colorata: «Questo programma è una bella scatola che non contiene nulla: solo parole che non dicono niente». 


«Inoltre – fa notare Pennetta – nel dibattito pubblico non se ne sente mai parlare, mai una discussione in proposito. Viceversa, nelle scuole e nei corsi di formazione di diverse categorie di lavoratori è un continuo riferirsi ai “goals”, agli obiettivi, dell’Agenda 2030. Perché vendere tanta “aria fritta”? Perché infilare nelle teste delle nuove generazioni – soprattutto – tutti questi luoghi comuni che sono oggettivamente e concretamente di fatto solo delle utopie? A meno che qualcuno creda che sia praticamente fattibile l’eliminazione della povertà nel mondo nel giro di qualche decennio, o “eliminare le disuguaglianze”».


A proposito proprio di disuguaglianze: vogliamo eliminare le differenze? Non solo è un obiettivo impossibile da raggiungere, ma è anche profondamente ingiusto; il mondo è bello perché è vario. Le differenze sono un’occasione di confronto e di crescita, servono allo sviluppo della coscienza critica delle persone. Ricordiamo – non è mai troppo scontato – che il giusto principio di uguaglianza non vuole che la legge sia “uguale per tutti”, come si ripete a pappagallo e in modo molto semplicistico. La legge deve essere uguale per tutti i casi uguali, ma deve trattare in modo diverso i casi diversi, altrimenti l’uguaglianza compromette la giustizia, la libertà e il rispetto per le diversità.


C’è poi da fare un’altra osservazione: dove si proclamano tante belle parole vaghe, nella sostanza poi si può infilare di tutto. 


Basti per esempio il punto numero 5: parità di genere ed emancipazione femminile possono essere intese come il sacrosanto rispetto per la pari dignità degli uomini e delle donne, ma può anche essere la scusa per sdoganare quelle leggi e mode antiumane che tendono a svirilizzare il maschio e a farlo sentire colpevole per il solo fatto di essere maschio e che tanto piacciono all’“ideologia woke”. Nell’Agenda non si parla di omosessualità e transgenderismo (altrimenti non sarebbe stata approvata dai paesi arabi e da buona parte dei paesi africani), ma negli Stati che hanno sposato l’ideologia gender, sarà semplice inserire le leggi antiumane e antifamiglia che ne conseguono in quanto in linea con la parità di genere prevista dall’Agenda ONU.


Al punto numero 4 si invoca l’educazione di qualità per tutti. In linea con questo principio nelle scuole italiane si promuove l’insegnamento delle “competenze non cognitive”: i professori e i maestri devono insegnare “l’empatia” e tante altre belle cose (l’empatia è una cosa che si può insegnare?), ma non “conoscenze”; sono finiti i tempi in cui a scuola si insegnava a leggere, scrivere e far di conto?
Non mancano poi espliciti riferimenti per nulla condivisibili.


Al punto numero 3, per esempio, la tutela della salute comporta espressamente la diffusione della contraccezione (come diritto delle donne) e la garanzia di quella “salute sessuale e riproduttiva” che è ormai riconosciuta da tutti come sinonimo di aborto legale e a richiesta. È previsto «che le persone abbiano la capacità di avere figli e di decidere se, quando e quanto spesso fare ciò». In una frase del genere si può far rientrare anche il fantomatico “diritto” al figlio e quindi la fecondazione artificiale e l’utero in affitto. Del resto al numero 15, la vita sulla terra da proteggere è quella degli ecosistemi e degli animali, mica quella dei bambini nel grembo materno: immagino che siano considerati extraterrestri.


Altro punto esplicitamente critico è il numero 13: i gentili lettori sanno già che intorno al cambiamento climatico proprio l’ONU e il suo IPCC (International Panel on Climate Change) ha creato una narrazione terroristica e scientificamente non dimostrata a proposito di una prossima fine del mondo a causa delle emissioni di CO2. La propaganda in tal senso ha fatto presa specialmente sulle già fragili nuove generazioni, inducendo la eco-ansia che provoca o accentua la depressione o induce a comportamenti incivili e irresponsabili (dall’imbrattamento di luoghi o opere d’arte, all’irruzione nelle chiese per interrompere la celebrazione della Santa Messa).


Pennetta sostiene a buon diritto che la “scatola colorata” dell’Agenda 2030 serve a far passare la IV rivoluzione industriale, quella promossa a Davos dal World Economic Forum: iperdigitalizzazione per il massimo controllo della gente, globalizzazione a vantaggio delle grandi multinazionali, all’insegna della nuova religione ecologista, scientista e tecnicista.


A scuola insegniamo che attuando l’Agenda combattiamo la povertà nel terzo mondo. Ma nessuno dice che i paesi africani sono strozzati dal debito che hanno contratto nei confronti dei paesi occidentali: debito che non possono pagare e quindi per non dichiarare default vengono sistematicamente sfruttati e ricattati affinché aderiscano alla “rivoluzione green”, accettino l’ideologia gender e legalizzino l’aborto.


All’insegna della “sostenibilità” e della “resilienza”, parole della neolingua (Orwell insegna), a ciascuno di noi – e soprattutto ai nostri giovani – deve passare questo messaggio: «Non avrai più niente di proprietà, sarai sempre più povero, ma sarai contento di esserlo a vantaggio di pochi ricchissimi padroni del mondo che ti useranno come una marionetta». 


Tanto per fare un esempio: in Puglia, in nome della “sostenibilità” è vietato piantare mais per due anni di seguito (cosa che si è sempre fatta tranquillamente finora); così si dimezza la produzione, diminuiranno i guadagni degli agricoltori e inevitabilmente si alzeranno i prezzi. E in nome della “sostenibilità” ci chiedono di mangiare insetti, rinunciare all’automobile, ristrutturare la casa che – per chi non può permetterselo – può voler dire venderla a un prezzo stracciato. E di esempi potremmo continuare a farne anche troppi. Ci sarà meno cibo per tutti? Meno benessere per tutti? Andrà bene così perché saremo sulla strada della realizzazione dei “goals” dell’Agenda 2030: avremo presto sconfitto la fame e la povertà! 


Ancora molto ci sarebbe da dire. 


Rimandiamo chi volesse approfondire alla lettura del libro di Pennetta.


Facciano caso, i gentili lettori, che però tutto quello che dobbiamo “sopportare”, dagli obblighi vaccinali al controllo della popolazione, riceve una sorta di imprimatur nel momento in cui serve ad attuare l’Agenda 2030. E quindi è un sacrificio che bisogna fare volentieri. 


Per concludere: impariamo a diffidare di ciò che ci propongono in nome dell’ONU, delle sue agenzie e dei suoi piani programmatici. Usiamo il cervello, ragioniamo, approfondiamo. Soprattutto, vigiliamo sulle dichiarazioni d’intenti in linea con l’Agenda 2030 che provengono dalla scuola e coinvolgono i nostri ragazzi.


Ricordiamo come è nata l’ONU: alla fine della seconda Guerra mondiale, per la tutela dei diritti umani e per garantire la pace nel mondo (lo vediamo quanto sono garantiti i diritti umani, per esempio il diritto alla vita!) è stata costituita questa enorme organizzazione con cento propaggini (le agenzie, dall’OMS, all’UNESCO, all’UNICEF, all’UNFPA... che per mantenersi costano milioni). Le decisioni prese dall’Assemblea devono essere attuate dal Consiglio di sicurezza dove ci sono cinque membri permanenti (Usa, Russia, Regno Unito, Francia e Cina) con diritto di veto che di fatto hanno il potere di decidere quali risoluzioni possono passare e quali no.


Mi vengono in mente gli animali della fattoria di Orwell che avevano scritto sul fienile: “Tutti gli animali sono uguali” e poi qualcuno ha aggiunto: “Ma alcuni sono più uguali degli altri”.   

Casa Mariana Editrice
Sede Legale
Via dell'Immacolata, 4
83040 Frigento (AV)
Proprietario: Associazione CME Il Settimanale di Padre Pio. Tutti i diritti sono riservati. Credits