ATTUALITÀ
Proposta di legge Farina. Alcuni punti deboli.
dal Numero 37 del 22 settembre 2013
di Lazzaro M. Celli

Un intervento a favore della coltivazione domestica di cannabis ad uso personale. Si chiama infatti “droga leggera”, ma di fatto nulla ha di leggero se non il solo peso specifico. Gravi sono le conseguenze di chi ne fa uso e grave, dunque, accogliere questa proposta.

conseguenze di chi ne fa uso e grave, dunque, accogliere questa proposta.

 Il 14 giugno 2013, l’onorevole Daniele Farina ha presentato in Parlamento una proposta di legge con l’intento di modificare l’attuale normativa sull’uso delle sostanze stupefacenti. L’intervento mira a liberalizzare la coltivazione domestica di cannabis ìndica – più comunemente conosciuta come cannabis o marijuana –, la cessione a terzi finalizzata al consumo immediato e l’uso personale; inoltre è prevista una riduzione della pena per i reati connessi all’utilizzo di questa particolare droga.
Innanzitutto bisogna chiarire che lo scopo esplicito della proposta va ben oltre gli obiettivi appena citati, in quanto il fine ultimo è quello di effettuare “una rivisitazione completa della materia”. Lo dichiara lo stesso onorevole Farina nella presentazione degli emendamenti che vorrebbe introdurre. In linea con la corrente di pensiero di Sinistra che rappresenta, considera repressiva la normativa in vigore e vorrebbe favorire una condotta indulgente, permissiva, lassista.
L’onorevole Farina, però, dimentica i motivi che hanno condotto alla normativa tutt’ora in atto; sarà bene ricordarli affinché chi legge possa contestualizzare il problema e poi trarre le sue considerazioni.
Il dottore Fabio Barnabei, tra i massimi esperti in materia, in una recente intervista alla Radio Buon Consiglio, ricorda che, negli anni ’50, la legge prevedeva il divieto assoluto di usare qualsiasi tipo di droga. Più tardi, nel ’75, venne introdotta una nuova norma sotto la prepotente spinta politica di alcuni gruppetti, definiti all’epoca di Sinistra extraparlamentare. Con essa venne immesso un postulato di gravissima entità nel nostro ordinamento giuridico italiano: la non punibilità dell’uso personale di stupefacenti, purché l’assunzione o il possesso fosse di modica quantità. Le due immediate implicazioni che seguirono furono, dunque, l’introduzione del concetto della non punibilità per uso personale di sostanze e quello della modica quantità – in definitiva ciò che ripropone l’onorevole Farina –.
Per quanto riguarda la prima delle due conseguenze, si insiste sull’idea di utilizzo personale, per evidenziare una minore punibilità rispetto all’attività delle grosse organizzazioni criminali che trafficano droga. Va da sé che giriamo intorno ad un serpente che ingoia la propria coda perché è proprio l’uso personale di sostanze stupefacenti che tiene alta la domanda rivolta ai narcotrafficanti. È incredibile come questo modo di pensare si sia radicato nella mentalità comune, senza comprendere il forte legame tra domanda di sostanze stupefacenti e offerta del crimine. Giustificare la condotta per uso personale equivale a sostenere le organizzazioni criminali che speculano sulla vita di tanti infelici.
Per quanto riguarda l’introduzione del concetto di “modiche quantità”, siamo di fronte ad un’indicazione così generica, indefinibile, che ha causato non poche difficoltà applicative nell’esercizio concreto della giustizia. Non solo, ma è proprio dopo aver facilitato l’accesso al consumo di sostanze, con la normativa del ’75, che sono iniziate le prime morti per overdose e, a causa di chi faceva uso di eroina, la diffusione del virus dell’HIV.
Per queste ragioni, negli anni ’90, è stato redatto un Testo Unico che mira a prevenire, con la dovuta attenzione, tutti quei comportamenti che favoriscono il consumo, la produzione e lo smercio di qualunque sostanza psicotropa, cioè che provoca stati di alterazione mentale.
     Sempre nel corso della predetta trasmissione radiofonica, il dottor Barnabei ricorda che la cannabis è una droga pericolosissima, anche perché la tendenza culturale del momento ne banalizza l’uso. Infatti questa sostanza viene definita droga leggera, ma l’aggettivazione leggera si riferisce solo al peso specifico, più basso rispetto a quello delle polveri, come la cocaina e l’eroina.  Dunque, la percezione che si abbia a che fare con sostanze tutto sommato non dannose, predispone le persone al consumo.
Oltre a questo aspetto socio-culturale del problema, c’è quello squisitamente medico. Chi fa uso di cannabis, va incontro a gravi conseguenze. L’ultimo Manuale Diagnostico Statistico in materia di disturbi psichiatrici, pubblicato dall’APA (Associazione Psichiatri Americana), riporta una serie di conseguenze correlate all’uso della cannabis, con effetti acuti o cronici, o di interesse psichiatrico, collegate ad un uso medio, un uso, cioè, percepito come non importante. Indicativamente si parla di 2 o 3 spinelli a settimana. I più tipici sono i disturbi della capacità cognitiva, con compromissione della memoria a breve termine o un intorpidimento delle capacità critiche che menoma l’attività di risoluzione dei problemi della vita quotidiana. Dietro gli effetti di benessere o aumento del tono dell’umore, definiti piacevoli, c’è un prezzo altissimo da pagare. Le neuroscienze, infatti, dimostrano che si va incontro a gravissime alterazioni permanenti del cervello e della personalità. La cosiddetta droga leggera può portare psicosi acute, allucinazioni, alterazioni delle capacità sensoriali, non solo nel presente, sotto l’effetto immediato della sostanza assunta, ma anche dopo, nel tempo, in quanto il principio attivo della cannabis ìndica, tende a legare con la massa cerebrale e resta attiva anche per 15 giorni, sicché fumando anche un solo spinello a settimana, gli effetti del secondo si sommano al primo.
Un altro aspetto di considerevole importanza è che le modifiche sulla personalità non sono percepibili immediatamente, ma solo con il tempo; dunque non è possibile coglierne subito la pericolosità, pertanto possiamo dire che fumare cannabis è ancor più pericoloso rispetto al consumo di cocaina o di eroina, in quanto per il consumatore non suona nessun campanello d’allarme.
    Quando Farina propone la non punibilità della coltivazione “domestica” di cannabis destinata all’uso personale o ceduta a terzi per il consumo immediato, dimostra di navigare nell’orbita spaziale della confusione mentale. Cosa vuol dire domestica? Posso adibire una stanza del mio appartamento per coltivare cannabis? E se possiedo una terrazza posso trasformarla in una serra? E se possiedo una casa in campagna posso mettere in giardino una piantagione di marijuana? Non siamo sempre nell’ambito del domestico?
Ed un poliziotto, come potrebbe capire se la cessione a terzi è finalizzata al consumo immediato? Ne occorrerebbe uno per ogni situazione in cui si cede cannabis, il che è del tutto inimmaginabile.
Quello che vuole fare Farina è creare un nuovo esercito di spacciatori e il suo operato non può apportare alcun beneficio al nostro Paese; può solo trovare riscontro nell’antico detto: “La farina del diavolo, va tutta in crusca”; giusto per restare a tema.

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