ATTUALITÀ
La “politica del figlio unico”. Se anche la Cina fa marcia indietro
dal Numero 33 del 12 settembre 2021
di Francesca Romana Poleggi

Dopo quasi mezzo secolo di pianificazione familiare, la popolazione cinese è estremamente invecchiata e questo è il più grande ostacolo alla sua crescita economica. Il governo corre ai ripari, ma sarà difficilissimo invertire la rotta. Una lezione per il nostro Occidente, il quale invecchia rapidamente non per imposizione di Stato ma per libera scelta.

Sono più di 40 anni di pianificazione familiare in Cina, dal 1979. Politica implementata con le brutalità tipiche di un regime sanguinario quale quello del Partito Comunista Cinese: aborti forzati fino al nono mese, sterilizzazioni coatte, monitoraggio assiduo di tutte le donne in età fertile obbligate a tenere la spirale contraccettiva. Se qualcuna saltava il controllo o restava incinta di nascosto le punizioni erano esemplari: interi villaggi potevano essere rasi al suolo. Parenti incarcerati finché la donna incinta fuggitiva non si consegnava. Multe assolutamente spropositate che per pagarle non basta una vita.

Poi qualche anno fa è arrivato il permesso di fare un secondo figlio (dal 2013). Ciò vuol dire che, comunque, prima di fare un figlio bisogna chiedere il permesso al Governo. E il Governo concede a sua discrezione il “permesso di nascita” a chi vuole. Chi fa figli senza permesso, incorre comunque in aspre sanzioni, e continuano le violenze di sempre. Però era più facile ottenere il permesso per una  seconda gravidanza. 

Qualche giorno fa l’Assemblea Nazionale del Popolo ha emanato una legge (annunciata già a maggio) che consente anche un terzo figlio. 

Perché? Perché anche la ricca Cina si è resa conto che non ci può essere crescita economica senza una corrispondente crescita demografica. 

La popolazione cinese invecchia paurosamente, non ci sono i giovani che producono il PIL! Il sistema previdenziale è un disastro (i figli un tempo riuscivano a mantenere gli anziani genitori!).

E così, la nuova legge consente il terzo figlio e detta addirittura una serie di manovre per incentivare la natalità (congedi parentali e simili).

Non sarà però facile invertire la tendenza. E per motivi strettamente demografici, per cui quando le morti superano le nascite è tecnicamente difficilissimo ribaltare la situazione; e per motivi sociali, ben spiegati già dieci anni fa dal compianto Liu Xiaobo, premio Nobel per la pace 2010. Il premio non l’ha potuto mai ritirare: era rinchiuso in un Laogai, cioè un campo di concentramento e di lavoro forzato per aver chiesto una Costituzione. Lì è morto, nel 2017. 

In Monologhi nel Giorno del Giudizio, rilevava come già allora la propaganda asfissiante del controllo demografico avesse prodotto i suoi frutti e creato nuove generazioni di figli unici viziati ed egotisti, per nulla inclini a sacrificare il proprio comodo mettendo su famiglia e facendo figli. 

A questo si aggiunge la tragica mancanza di donne: gli aborti sesso-selettivi hanno creato una sproporzione tale tra nati maschi e nate femmine che i giovani cinesi le mogli sono costretti a comprarle all’estero (e la tratta di donne e bambine è assai fiorente).

Staremo a vedere tra qualche anno i risultati di questa nuova politica cinese. 

Dal canto nostro, in Europa e in Italia soprattutto, non ce la passiamo tanto meglio. 

La differenza è che da noi la “politica del figlio unico” non ce l’ha imposta il regime con la violenza, ma ce la siamo imposta da soli con la narrazione politicamente corretta della “liberazione della donna”, con i frutti della “rivoluzione sessuale”, la contraccezione e l’aborto.

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