ATTUALITÀ
Trapianti. La falsa logica del silenzio-assenso
dal Numero 38 del 29 settembre 2019
di Lazzaro M. Celli

Con un recente decreto, il Ministero della Salute si propone di aumentare i donatori di organi rendendo più difficile l’opposizione ai trapianti. Alcune riflessioni mettono a fuoco i lati critici del decreto, che vertono in particolare sui concetti di “silenzio-assenso” e di “morte cerebrale”.

Il buongiorno si vede dal mattino, recita un vecchio adagio.
Se qualche cattolico avesse ancora dubbi sulla deriva morale cui condurrà l’alleanza di governo tra il Movimento 5 Stelle e il Partito Democratico dovrebbe riflettere serenamente giudicando i fatti.
Il 20 agosto, con la crisi di governo in corso, il ministro della salute Giulia Grillo ha firmato un decreto per regolare il Sistema Informativo Trapianti sul silenzio-assenso per la donazione di organi.
In sostanza vuol dire che se prima occorreva un esplicito consenso per donare organi vitali, come il cuore, per esempio, adesso non occorrerà più una chiara manifestazione di volontà, poiché, in mancanza, il silenzio varrà come consenso.
È ovvio che in alcune materie, come quella tributaria dove ci sono precisi obblighi, il silenzio si può considerare un assenso; ma in un settore così sensibile come quello sanitario dov’è in gioco la decisione di donare organi vitali, interpretare il silenzio del paziente come un assenso è decisamente una forzatura. In questi casi dovrebbe valere senz’altro il principio del “chi tace non dice niente”.
Ma perché disquisire sul significato del silenzio?
Non si tratta di voler discutere sul sesso degli angeli, quanto piuttosto denunciare la deriva totalitarista della nostra cultura sospinta da forze rivoluzionarie. Sì, perché la rivoluzione, prima che con le armi, si fa con le idee. Queste forze, in nome del diritto, riducono progressivamente gli spazi della libertà soggettiva e, se riducono la libertà, minano il fondamento della donazione. Se, infatti, la donazione non è libera, si ha qualcosa che ricorda molto più un’estorsione, un prelievo forzato, piuttosto che un’offerta spontanea di qualcosa di proprio.
Inoltre, l’atto di cessione degli organi vitali non è un’opera di bene, poiché per fare del “bene” ad una vita umana, se ne ammazza un’altra.
Ma ragioniamo per assurdo e supponiamo che la cessione di organi sia davvero un bene. Per essere un atto giusto dovrebbe esserci la libertà della decisione, che invece manca perché manca un consenso esplicito. 
Orbene, quanto sia fondamentale la libertà per considerare valido un atto, lo insegna chiaramente l’apostolo san Paolo, il quale rimanda, all’amico Filemone, lo schiavo Onèsimo che era fuggito dal suo padrone. San Paolo avrebbe volentieri trattenuto con sé Onèsimo, convertito al Cristianesimo; non lo fece perché, scrive egli stesso: «[...] non ho voluto fare nulla contro il tuo parere, perché il bene che fai non sia forzato ma volontario». 
Ecco, dunque, il presupposto per la validità di un atto: la libertà di farlo volontariamente, senza alcuna forzatura. Esattamente tutto il contrario del contenuto di questo Decreto che legittima, in tema di donazione di organi, il silenzio-assenso.
Chiarito ciò, dobbiamo chiederci: cos’è esattamente il Sistema Informativo Trapianti?
È un sistema che predispone un registro anagrafico di chi ha espresso il consenso di donare organi. È importante, però, focalizzare l’attenzione su due ordini di problemi. Il primo è collegato con una notifica con cui si chiederà al cittadino di esprimere la sua volontà sulla personale disponibilità a donare o meno. Volontà da formulare entro 90 giorni dalla notifica. In mancanza sarà considerato donatore. Quindi chiunque non voglia affidare ad un medico qualunque la decisione di affrettare la propria morte da trapianto di organi, deve non dare il consenso. 
Il secondo problema riguarda l’inganno che c’è dietro il concetto di morte cerebrale. 
A tal proposito, scrive giustamente Alfredo de Matteo che: «Il criterio della morte cerebrale non è mai stato validato scientificamente, che non sussiste alcuna evidenza che la presunta cessazione delle sole funzioni cerebrali equivalga alla morte dell’individuo e che comunque gli strumenti atti a diagnosticare la morte cerebrale non danno alcuna garanzia che la funzionalità del cervello sia irreversibilmente compromessa».
Ciò vuol dire che, per espiantare il cuore, o altro organo vitale di una persona considerata morta cerebralmente, bisogna praticamente ucciderla, ammazzarla.
Questo nessuno lo dice, nascondendo così un drammatico omicidio dietro l’invenzione del concetto ideologico e non scientifico di «morte cerebrale».
Ma, purtroppo, temiamo che con questo nuovo governo siamo solo agli inizi di una nuova e più profonda degradazione della dignità umana impressa nell’uomo da Dio.

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