CATECHESI
L’umanità perfetta del Salvatore
dal Numero 16 del 23 aprile 2017
di Don Leonardo M. Pompei

Due autorevoli Documenti di Papa Damaso rilevano e contrastano le conseguenze deleterie del pensiero eretico dell’apollinarismo, che abbiamo già preso in esame. La retta Dottrina cattolica salvaguarda la presenza di un solo e unico Salvatore (la Seconda Persona della Trinità) e la compresenza in Gesù Cristo di due distinte e complete nature (divina e umana).

Abbiamo visto nell’articolo precedente apparire la perniciosa e nefasta eresia dell’apollinarismo. San Damaso Papa, in due importantissimi documenti, sarebbe tornato sull’argomento in modo assolutamente egregio, spiegando anche le gravi conseguenze teologiche che comporta l’adesione a quest’errore. Si tratta del frammento “Illud sane” tratto dalle lettere inviate ai Vescovi orientali, databile intorno al 374 (DS 146) e della lettera a Paolino di Antiochia “Per Filium meum”, probabilmente del 375 (DS 148). Li vediamo nel dettaglio (i corsivi sono miei), cominciando dal primo documento.
«Ci stupisce il fatto che si dica di alcuni tra di noi, che nonostante sembrino avere circa la Trinità una comprensione conforme alla pietà, tuttavia in riferimento al sacramento della nostra salvezza [...] non sentano giustamente. Si afferma che dicono che il Signore e Salvatore nostro abbia assunto dalla vergine Maria un’umanità imperfetta, cioè senza la facoltà percettiva. Ah, quanta vicinanza con gli ariani ci sarà in tale concezione! Quelli dicono imperfetta la divinità nel Figlio di Dio, questi asseriscono falsamente un’umanità imperfetta nel Figlio dell’uomo. Che se in ogni caso è stato assunto un uomo imperfetto, è imperfetto il dono di Dio, poiché non viene salvato l’uomo intero. Per quale motivo allora sarà stata detta quella parola del Signore: «Il Figlio dell’uomo è venuto a salvare quanto era perduto” [Mt 18,11]? Tutto (l’uomo) significa nell’anima e nel corpo, nella facoltà percettiva e in tutta la natura della sua sostanza. Se dunque era stato perduto tutto l’uomo, fu necessario che quanto era stato perduto venisse salvato; ma se è stato salvato senza la facoltà percettiva, risulterà allora, contro la testimonianza del Vangelo, che non è stato salvato tutto quello che era perito, giacché in un altro passo lo stesso Salvatore dice: “Vi adirate con me, perché ho sanato un uomo interamente” [cf. Gv 7,23]. Inoltre lo stesso peccato principale e tutta la perdizione si colloca precipuamente nella facoltà percettiva dell’uomo. Se infatti l’uomo non avesse innanzitutto perso la facoltà percettiva della scelta del bene e del male, non morirebbe: come dunque presumere che non abbia dovuto affatto essere salvato proprio ciò di cui si riconosce che abbia peccato innanzitutto? Noi invece che ci sappiamo salvati perfettamente e integralmente, professiamo secondo la fede della Chiesa cattolica che Dio perfetto abbia assunto un’umanità perfetta».
Vediamo chiaramente apparire in questa lettera un elemento fondamentale della soteriologia cattolica: l’uomo tutto intero ha peccato nella colpa d’origine, con un peccato cominciato nell’intelletto, compiuto con un atto di volontà e terminante in un gesto che ha coinvolto anche i sensi nella loro integralità; la salvezza di un uomo così ridotto deve essere pertanto salvezza integrale, “di tutto l’uomo”, a partire proprio dalle sue facoltà spirituali (qui denominate genericamente “facoltà percettiva”) da dove la colpa ebbe origine. Se l’Uomo Cristo Gesù avesse avuto al posto dell’anima razionale come la nostra la sua sostanza, intelletto e volontà divini, l’uomo non sarebbe stato redento. Tale dottrina è sintetizzata in Teologia dogmatica con la formula: «Ciò che non è assunto, non è sanato». Passiamo al “Per Filium meum”.
«[...] Si deve professare che la stessa Sapienza, il Verbo Figlio di Dio, abbia assunto un corpo umano, un’anima, la facoltà percettiva, cioè l’integro Adamo, e, per dirlo ancora più espressamente, tutto il nostro uomo vecchio senza il peccato. Come infatti quando professiamo che egli abbia assunto un corpo umano, non perciò gli attribuiamo anche le passioni umane dei vizi, così anche affermando che egli ha assunto pure l’anima e la facoltà percettiva dell’uomo, non perciò diciamo che egli abbia soggiaciuto al peccato dei pensieri umani. Chi invece dice che il Verbo al posto che nella facoltà percettiva umana, si sia trattenuto nella carne del Signore, costui dalla Chiesa cattolica viene anatematizzato, nonché coloro che professano due figli nel Salvatore, cioè uno prima dell’incarnazione e un altro dopo l’assunzione della carne dalla Vergine e non professano il medesimo Figlio di Dio sia prima che dopo».
In questo ulteriore documento viene evidenziato che l’assunzione di una vera anima razionale da parte del Verbo non comporta affatto alcuna soggezione alla miseria dei pensieri umani così come sono nello stato di natura decaduta (sovente malsani, imperfetti, condizionati da miriadi di fattori e dalle basse passioni), così come il suo aver assunto un vero corpo non lo rendeva affatto soggetto alla concupiscenza, per il fatto di essere – quella del Verbo Incarnato – un’umanità perfetta non colpita dalla macchia del peccato originale. Si condanna anche la dottrina che afferma la presenza di “due figli nel Salvatore”: sia nella forma grossolana di chi affermava che dopo l’Incarnazione “qualcosa sarebbe cambiato” nella divinità, di modo che il Figlio di Dio non era più ciò che era prima, cosa a cui la Chiesa avrebbe reagito coniando la formula “rimanendo ciò che era è diventato ciò che non era”; sia nella forma più raffinata del Nestorianesimo che affermava esserci due figli uniti in un “unico Salvatore”: quello eterno del Padre e quello nato dalla Vergine Maria, eresia a cui avrebbe risposto prima il Concilio di Efeso (431) e poi quello di Calcedonia (451), spiegando, come vedremo, la dottrina cattolica dell’Incarnazione con la formula “Unione Ipostatica”, che salvaguarda la presenza di un solo ed unico Figlio e Salvatore (la Seconda Persona della Santissima Trinità) e la compresenza di due distinte e complete nature (quella divina e quella umana), ciascuna delle quali operante secondo le sue caratteristiche e proprietà.

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