Il Fondatore degli Olivetani, San Bernardo Tolomei, rischiò di rimanere cieco per tutta la vita. Dopo una guarigione miracolosa, abbandonò il mondo ed iniziò la vita eremitica. Adottò la Regola di San Benedetto e fu maestro di vita spirituale di molte anime.

«Di san Bernardo la lode cantiamo: oggi l’acclama la chiesa dei Santi, Gesù, il risorto, risplende sul volto dell’uomo nuovo rinato alla gloria», questo l’incipit dell’Inno ecclesiastico dedicato a San Bernardo Tolomei, Fondatore dell’Abbazia Monte Olivetano Maggiore a Chiusure di Ascanio, a sud di Siena e del relativo Ordine di Santa Maria di Monte Oliveto, che prende il nome dal Monte degli Ulivi, la collina che si trova ad est di Gerusalemme, dove il Salvatore visse l’inizio della Passione.
Al secolo si chiamava Giovanni; nacque in una famiglia nobile e agiata di Siena il 10 maggio 1272. Di brillante intelligenza, venne educato dai Domenicani del convento del Camporegio e scelse, molto giovane, di dedicarsi agli studi di giurisprudenza all’università della sua città, dove poi divenne docente. Ricoprì le cariche di giureconsulto, gonfaloniere delle milizie e capitano del popolo; nel contempo però, essendo profondamente religioso nello spirito, decise di entrare a far parte della confraternita dei “Disciplinati della Scala”, dedita alla preghiera ed alla carità.
Colpito da una malattia che gli procurò la cecità, fece un voto al cielo per recuperare la vista e così avvenne. Ottemperò, dunque, alla sua promessa, abbandonando la cattedra di giurisprudenza, la sua famiglia e il mondo con le sue offerte per ritirarsi, nel 1313, nel deserto di Accona, una zona collinare di Asciano, nella provincia di Siena, insieme a due amici conosciuti nella confraternita dei Disciplinati della Scala: Patrizio Patrizi e Ambrogio Piccolomini. In quel deserto iniziarono una vita eremitica, vivendo in grotte naturali e adoperandosi per costruire una piccola chiesa. Fu allora che prese il nome di Bernardo, in onore del grande abate cistercense, San Bernardo di Chiaravalle.
Ben presto, intorno ai tre eremiti si unirono altri seguaci. Secondo quanto raccontano i testi agiografici, Bernardo ebbe la visione di una moltitudine di monaci in abito bianco che salivano una scala d’argento, al vertice della quale si trovavano Gesù e Maria Santissima. Per evitare che il suo movimento si confondesse con gruppi eretici, Bernardo si rivolse a Papa Giovanni XXII, all’epoca residente ad Avignone, chiedendo il riconoscimento pontificio. Il Papa affidò i monaci a Guido Tarlati, vescovo di Arezzo, che fece adottare loro la Regola di San Benedetto. Il 26 marzo 1319 venne emanata la Charta fundationis dell’Abbazia della Vergine di Monteoliveto; il 29 marzo i monaci presero l’abito religioso ed emisero la professione nelle mani del delegato vescovile. La Congregazione venne approvata da Papa Clemente VI il 21 marzo 1344.
Il primo Abate fu Patrizio Patrizi, la cui eredità venne raccolta da Ambrogio Piccolomini e poi da Simone di Tura, mentre Bernardo Tolomei fu il quarto Abate e mantenne il titolo a vita in via eccezionale, visto che nella Regola olivetana c’è un limite temporale per la carica di Superiore dell’Ordine.
Maestro e conoscitore della realtà terrena e divina, il Santo senese ebbe a scrivere in una lettera: «Al fratello A., degno di essere amato tenerissimamente in Cristo, il fratello Bernardo abate, peccatore, augura il raggiungimento della santità, associato alla visione della vera luce. [...] Quale precettore, che abbia il potere di inviare, si conosce più grande o simile all’Amore, che è Dio, secondo la testimonianza della Scrittura, che dice: “Dio è amore, e chi rimane nell’amore rimane in Dio” (1Gv 4,16)? Al cenno di questo nome genuflettono le Potestà angeliche, dalla sua potenza e dalla sua grazia sublimate a tanta altezza; e non diversamente gli uomini, che sotto il suo governo e la sua benevola volontà sperano senza esitazione di essere elevati dai vizi alle virtù e, infine, di essere associati al consorzio celeste. E perfino i demoni sono compresi di orrore e tremano, sapendo di non poter essere vinti da nessun altro. E perciò essi si sforzano di inculcare nelle menti degli uomini il pestifero amore della proprietà, di modo che questi siano privati di tale divino soccorso e possano essere da loro miserabilmente vinti. Sanno bene infatti i demoni che per questo amore della proprietà scemano le virtù in ogni condizione umana e, conseguentemente, sono messi a nudo i vizi. Da questo amore gli omicidi, da questo, per scendere un po’ più al particolare, hanno origine gli adultèri, le liti, le gozzoviglie, le scioperataggini e gli altri mali del mondo.
E così, al contrario, in forza di quel santissimo amore della comunità celeste tutti i beni si ottengono e tutto è da esso plasmato a sua somiglianza, e l’uomo per mezzo suo diventa Dio, come sta scritto: “Se ami la terra, sei terra; se ami il cielo, sei cielo; se ami Dio, che devo dire? Dirò che sei Dio”. Perciò nel Salmo si dice: “Io ho detto: Siete dèi tutti e figli dell’Altissimo”; e ancora: “Chi aderisce a Dio è un solo spirito con Lui”. Così, all’opposto, per causa di quel tirannico amore per la proprietà – come ho detto – nasce ogni scelleratezza, e l’uomo disgraziatamente preso da esso, diventa demoniaco, mettendosi in certo modo al seguito del demonio in tutte le sue azioni».
Sotto il governo di Tolomei il monachesimo olivetano si consolidò e si diffuse; infatti, proprio sotto il suo generalato, sorsero altre fondazioni: San Benedetto a Siena (1322), San Bernardo ad Arezzo (1333), San Bartolomeo a Firenze (1334), Sant’Anna in Camprena a Pienza (1334), San Donato a Gubbio (1338), Santi Feliciano e Niccolò a Foligno (1339), Santa Maria in Domnica a Roma (1339-1340), Sant’Andrea a Volterra (1339), Santa Maria di Barbiano a San Gimignano (1340).
Colpito dalla peste che si diffuse a Siena, vi morì il 20 agosto 1348 e il suo corpo, gettato in una fossa comune insieme ad altri monaci vittime dell’epidemia, non è mai stato identificato. Beatificato il 24 novembre 1644 da Innocenzo X, è stato canonizzato da Benedetto XVI il 26 aprile 2009.
Tutto il florilegio di centri monacali che San Bernardo lasciò e che continuò a perdurare nei secoli successivi, venne in seguito posto sotto attacco attraverso leggi coercitive e liberticide giacobine e poi napoleoniche, ed ecco che i monasteri olivetani vennero soppressi prima in Veneto, poi in Lombardia e in Toscana, tanto che le secolarizzazioni della Repubblica Cisalpina del 1797 e del 1808 segnarono il tracollo dell’Ordine.
Le sorti di questa istituzione si risollevarono nella seconda metà del XIX secolo, quando vennero restaurate, per citarne alcune, le comunità di Santa Maria Nova a Roma, San Benedetto a Seregno, San Prospero a Camogli, Santi Giuseppe e Benedetto a Settignano, San Miniato al Monte a Firenze, e nel 1960 l’Ordine aderì alla confederazione benedettina. Attualmente gli Olivetani sono presenti in Europa, Asia e nelle Americhe.
Ancora oggi, l’Abate generale risiede nell’antica Abbazia di Monte Oliveto Maggiore a Chiusure e l’abito degli Olivetani è formato da tonaca, scapolare con cappuccio, cintura, cocolla e mantello bianchi, in segno di devozione alla Vergine Maria, a cui sono sempre stati profondamente legati.