Oggi ci troviamo immersi in una nuova “rivoluzione industriale”, in cui la Chiesa è chiamata a rispondere alle questioni che da essa sorgono. La fede è attaccata mentre la tecnologia avanza; per questo urge una risposta da parte del mondo cattolico.

Siamo all’alba di quella che assomiglia molto a una nuova rivoluzione industriale: si apre una fase di trasformazione radicale del lavoro, della relazione tra l’umanità e le macchine, dei rapporti di potere e quindi delle nostre società. Occorre perciò cercare un equilibrio tra l’inevitabile impiego delle nuove tecnologie e le loro applicazioni sociali ed etiche. Sarebbe un grave errore immaginare che in un mondo sempre più dotato di intelligenza artificiale, si possa fare a meno della consapevolezza umana, della capacità di discernimento, del coraggio di agire, dei sentimenti di creatività e di tutto quanto attiene all’umano.
È questo lo scenario dietro la scelta di Robert Francis Prevost di prendere il nome di Leone XIV. «Diverse sono le ragioni – ha detto – di questa scelta, però principalmente perché il Papa Leone XIII, con la storica Enciclica Rerum Novarum, affrontò la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale; e oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro».
Pare che vi siano anche altre motivazioni
– e lo dice egli stesso: «Diverse sono le ragioni di questa scelta» – per cui il Santo Padre ha scelto questo nome così impegnativo e sono quelle che attengono all’analogia della situazione politica, sociale e culturale di quel tempo ed il nostro. In tutta la seconda metà dell’Ottocento vi fu un’aggressione senza precedenti al Cristianesimo e un tentativo di soffocamento culturale compiuto sotto l’egida formale delle libertà civili e all’insegna della religione del progresso. A quella aggressione la comunità ecclesiale e il mondo cattolico nel suo insieme seppero reagire con un insospettato vigore. Ci fu una straordinaria fioritura di vocazioni religiose e la presenza cattolica nella società si fece più capillare. In quel contesto si collocò il Magistero di Leone XIII che nasceva dalla volontà di risposta a quell’attacco e offriva una originale e nuova soluzione ai problemi del tempo.
Anche oggi, come centoventi anni fa, noi stiamo assistendo ad «un’aggressione al fatto cristiano di una virulenza senza precedenti», quindi ancora più radicale di quella del secolo XIX. Infatti, dice Leone XIV: «Anche oggi non sono pochi i contesti in cui la fede cristiana è ritenuta una cosa assurda, per persone deboli e poco intelligenti; contesti in cui ad essa si preferiscono altre sicurezze, come la tecnologia, il denaro, il successo, il potere, il piacere. Si tratta di ambienti in cui non è facile testimoniare e annunciare il Vangelo e dove chi crede è deriso, osteggiato, disprezzato, o al massimo sopportato e compatito. Eppure, proprio per questo, sono luoghi in cui urge la missione».
Per questo invita i cristiani a non sottovalutare la forza della fede «la cui mancanza porta spesso con sé drammi come la perdita del senso della vita, l’oblio della misericordia, la violazione della dignità della persona nelle sue forme più drammatiche, la crisi della famiglia e tante altre ferite di cui la nostra società soffre e non poco». Per giunta, attualmente, l’avanzata dell’intelligenza artificiale rappresenta un rischio per la stessa sopravvivenza dell’umanità.