CATECHESI
Il Battesimo di desiderio per i bambini non nati: che cosa dice la Chiesa cattolica
dal Numero 37 del 5 ottobre 2025
di Padre Maurizio M. Mazzieri
Con chiarezza, e basandosi sulla dottrina cattolica, vengono esposti i motivi per cui non si può parlare con leggerezza di Battesimo di desiderio per i bambini non nati. Tali chiarimenti devono far riflettere ancor più sulla gravità dell’aborto.
Riprendiamo il nostro percorso analizzando i tre punti esposti nell’articolo pubblicato nel n. 35 del Settimanale di Padre Pio, per evidenziarne le criticità e spiegare perché risultano erronei e potenzialmente fuorvianti, generando una speranza non fondata. 1) Il Battesimo di desiderio è applicabile solo a chi, avendo raggiunto l’uso della ragione, può desiderarlo personalmente. Non è possibile desiderare il Battesimo per conto di un altro, nemmeno per un figlio. Il desiderio del Battesimo, in quanto atto personale, non può essere sostituito da quello di un altro soggetto, neppure dalla Chiesa o dai genitori. Va ricordato che qui si parla di un’azione extra-sacramentale: nel caso del Battesimo sacramentale, invece, i genitori o la Chiesa possono agire per conto del bambino, esercitando una forma di rappresentanza che la Chiesa riconosce come valida nel contesto del Sacramento. I genitori possono certamente intercedere, ma non possono sostituirsi alla libertà del bambino. Alcuni teologi contemporanei hanno ipotizzato che Dio possa illuminare interiormente il bambino non nato, permettendogli un atto libero di adesione. Tuttavia, questa ipotesi resta incerta, poiché la libertà umana è ferita dal peccato originale e non si può escludere un eventuale rifiuto. Di conseguenza, non si può fondare su questa possibilità una speranza teologicamente solida. 2) La celebrazione della Messa ha un valore immenso, ma non può garantire la salvezza di chi non è in stato di grazia o non è stato battezzato. Tradizionalmente, la Chiesa celebra la Messa per i vivi (per chiedere grazie, protezione, guarigione, o semplicemente per ringraziare per i benefici ricevuti, per se stessi o per altri) e per i defunti (per il suffragio delle loro anime, per chiedere la loro liberazione dal Purgatorio e il loro accesso alla gloria del Paradiso), ossia per coloro che sono morti in grazia ma hanno bisogno di purificazione. I bambini non battezzati, non avendo commesso peccati personali, non si trovano nel Purgatorio, ma – secondo la dottrina tradizionale – non possono accedere alla visione beatifica, mancando della grazia santificante. La celebrazione della Messa per loro, pur animata da pietà e speranza, solleva interrogativi dottrinali, poiché si scontra con il principio della necessità del Battesimo per la salvezza. 3) La speranza cristiana deve essere fondata sulla fede e sulla Rivelazione. La speranza è una virtù teologale che si radica nella fede, la quale ci fa aderire a ciò che Dio ha rivelato. Non possiamo sperare ciò che Dio non ha promesso o ciò che non rientra nell’ambito della Rivelazione. Per questo motivo, non è corretto affermare che l’ipotesi di un Battesimo di desiderio applicato ai bambini non nati sia conforme alla fede: essa non trova fondamento né nella Scrittura né nella Tradizione, e rischia di generare una speranza illusoria, non sostenuta da una base teologica sicura. Alla luce della dottrina cattolica e della riflessione teologica tradizionale, possiamo affermare con chiarezza che il Battesimo di desiderio, pur riconosciuto come via straordinaria di salvezza, non può essere applicato ai bambini non nati o morti senza Battesimo, poiché manca in loro la possibilità di un desiderio personale e consapevole. Questo deriva dal fatto che il desiderio espresso dalla madre o da un’altra persona (come un parente o un fedele) non corrisponde al Battesimo di desiderio propriamente detto e che la teologia cattolica riconosce solo a chi, giunto in età di ragione, desidera ricevere il Battesimo ma muore prima di riceverlo sacramentalmente, o a chi ne avesse un desiderio implicito. Nella dottrina cattolica, l’intenzione dei genitori non è mai stata equiparata ad un Battesimo di desiderio, e di fatto non costituisce un Battesimo. Lo stesso principio si applica anche ai bambini nati ma morti prima di ricevere il Battesimo. Le prassi e le ipotesi che cercano di estendere questa dottrina oltre i suoi limiti tradizionali, pur animate da buone intenzioni, rischiano di generare una speranza non fondata, e quindi fuorviante. Pio XII nell’Allocuzione alle ostetriche (29 ottobre 1951) ribadisce con chiarezza che «un atto di amore può bastare all’adulto per conseguire la grazia santificante e supplire al difetto del Battesimo: al non ancora nato o al neonato bambino questa via non è aperta». Per questo richiamava le ostetriche ad un compito «tanto grave ed urgente [...] di provvedere al Battesimo di un bambino, privo di qualsiasi uso di ragione e che si trova in grave pericolo o dinanzi a morte sicura». Rimane tuttavia il mistero della misericordia divina, che non può essere racchiusa nei nostri schemi: Dio non è legato ai sacramenti – come spiegato già da San Tommaso d’Aquino –, ma opera ordinariamente attraverso di essi. Al n.1261 del Catechismo della Chiesa Cattolica, riferito ai bambini morti senza Battesimo, troviamo scritto che «la Chiesa non può che affidarli alla misericordia di Dio [...]. Il principio che Dio vuole la salvezza di tutti gli esseri umani consente di sperare che vi sia una via di salvezza per i bambini morti senza Battesimo», senza però specificare quale sia questa “via” alternativa. D’altra parte, la misericordia non può neppure essere invocata a scapito della verità rivelata. Per questo è necessario mantenere un equilibrio tra la fedeltà alla dottrina e la carità pastorale, senza cedere a soluzioni emotive che non trovano riscontro nella fede della Chiesa.
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