La pace è madre dell’amore, vincolo di concordia, segno manifesto di un animo puro, che può chiedere per sé a Dio ciò che vuole. (San Pietro Crisologo)

Suo nonno materno era re Manfredi che Dante nella Divina Commedia, nel III canto del Purgatorio, lo definì così: «Biondo era e bello e di gentile aspetto». Costanza, figlia di Manfredi, era andata sposa a Pietro d’Aragona, re di Spagna. Da sposi tanto illustri, nel 1271, a Saragozza (Spagna), nacque Elisabetta, così chiamata al Battesimo in onore della Santa prozia, Elisabetta d’Ungheria.
La sua nascita portò la pace tra re Pietro e suo padre Giacomo il Conquistatore, che volle occuparsi di persona dell’educazione cristiana della nipotina. Alla corte di Spagna erano tutti cattolici e con tanta fede. Fin dall’inizio, la vita della piccola si incentrò su Gesù.
A 8 anni, Elisabetta aveva già imparato a recitare ogni giorno l’Ufficio divino, a soccorrere i poveri e a praticare il digiuno: tutto per amore di Gesù, che l’attirava a Lui. Appena adolescente, andò sposa a Dionisio, detto “il Liberale”, re di Portogallo e fondatore dell’Università di Coimbra. Ormai regina di Portogallo, moglie, poi mamma di famiglia, Elisabetta continuò ad alzarsi presto la mattina per andare in cappella per ascoltare la Santa Messa, sempre in ginocchio, e ricevere sovente la Comunione, a recitare l’Ufficio divino, e quello della Santissima Vergine o dei defunti. Vi tornava, in cappella, prima del finire del giorno, per terminare l’Ufficio divino e istruirsi con letture spirituali. Nel tempo libero dai suoi impegni di regina, confezionava suppellettili per le chiese povere con l’aiuto delle dame di corte. Sempre attentissima alle pubbliche necessità, vi provvedeva di persona e attraverso i suoi collaboratori. «Perché – le chiedevano – tanto servizio agli altri?», ed ella rispondeva: «Per amore del nostro dilettissimo Gesù!». Di sua iniziativa, per tutta la vita, ella stessa fece costruire chiese, ospedali e monasteri, a Santarém e a Coimbra.
La sua ultima fondazione fu una cappella eretta a Lisbona, in onore della Santissima Trinità e alla Vergine Immacolata: la prima cappella in cui fosse venerato il “mistero dell’Immacolata Concezione”. I suoi prediletti erano i malati, i vecchi, gli orfani, le ragazze “in pericolo”, da lei amati fino ad ottenere da Dio dei veri miracoli a loro favore.
Missionaria di pace
Nel 1290 è festa grande alla corte di Lisbona: nasce una bambina che viene chiamata Costanza come la nonna materna. L’anno dopo la regina Elisabetta dà alla luce l’erede al trono, Alfonso, che sarà detto “il Valoroso”. Tutti si accorgono che Elisabetta è ora l’angelo tutelare della sua famiglia: tutto è sereno e bello, ma presto si addensano le nubi sulla famiglia reale e sul Portogallo. Per Elisabetta è un vero Calvario: il marito, che ella tanto ama, si abbandona a illeciti amori. La Santa regina soffre soprattutto perché suo marito sta offendendo gravemente Dio, più che per l’affronto ricevuto. Con coraggio grandioso cerca di ricondurre il marito sulla retta via, fino al punto di prendersi cura dei figli illegittimi di lui come se fossero i suoi. Per Santa Elisabetta davvero «il matrimonio è il canone dell’amore», come ha detto il Santo Padre Leone XIV alle famiglie del nostro tempo.
La nobiltà del Portogallo, per timore che i figli del re prendessero troppo potere nel Paese, sobillò alla rivolta il figlio ereditario. Alfonso, che nel frattempo era cresciuto, prese quindi le armi contro suo padre.
Elisabetta sostenne il sovrano, suo marito, e cercò di rappacificare i due avversari. Moltiplicò le preghiere e i digiuni e le lettere di rimprovero al figlio. Ancora, cortigiani seminatori di discordie fecero credere al re che Elisabetta finanziasse in segreto il figlio ribelle. Allora il re privò la sposa della signoria di Leiria, che era sua. Ella si affidò alla Provvidenza di Dio e in breve tempo fu reintegrata ed ebbe dal re la signoria sulla città di Torres-Vedras. Continuò imperterrita la sua azione di pace.
Nel 1319 Coimbra era assediata da parte del figlio. Elisabetta si recò a cavallo in mezzo ai soldati delle opposte fazioni con un crocifisso in mano – Lui è la nostra pace –, e riuscì a riconciliare padre e figlio. Elisabetta subì anche la prigionia nella fortezza di Alemquer. Davvero era la Croce di Gesù che gravava sulle sue spalle e tutto in Lei diventava offerta con Gesù Appassionato. A Lisbona, poco tempo dopo, la guerra riprese più violenta di prima. Elisabetta, davvero intrepida pacificatrice per amore di Gesù solo, salì su una mula e si slanciò tra i due eserciti per scongiurarli, con parole e lacrime, a fare la pace. E ci riuscì per sempre. Inoltre, con il suo prestigio, incoraggiò il re di Spagna a fare blocco con le altre forze cattoliche della penisola iberica per liberare quella loro terra dalla dilagante occupazione dei musulmani.
Re Dionisio, grazie alla preghiera e alla penitenza della santa sposa, si convertì e passò accanto a lei i suoi ultimi anni, pregando e moltiplicando il bene. Morto Dionisio nel 1325, Elisabetta vestì l’abito di Terziaria francescana, poi andò pellegrina orante a Santiago di Compostela. La sua vita – che era stata una vera militia super terra – si fece ancora più preghiera continua e offerta a Dio, irradiazione di Gesù per chi aveva la fortuna di incontrarla e per tutta la nazione.
Nella primavera del 1336 la sua salute cominciò a declinare. La Madonna, nella sua ultima ora, venne a farle compagnia con Santa Chiara e altre Sante. Ella recitò il Credo, poi mormorò un inno mariano: «Maria, Madre di Grazia, Madre di Misericordia, proteggici dal nemico e accoglici nell’ora della morte»; poi vide Dio. Era il 4 luglio 1336. Papa Urbano VIII il 24 giugno 1626 la iscrisse tra i Santi.