L’epoca in cui visse San Giovanni Bosco fu contrassegnata da grandi lotte contro la Chiesa. Egli ebbe allora l’ispirazione di rivolgersi a Colei che da secoli i cristiani invocano in loro soccorso: Maria Ausiliatrice. Costruì anche un magnifico santuario, a memoria e testimonianza perenne del potente patrocinio della Madonna.

Il Papa domenicano San Pio V affidò a Maria Ausiliatrice, considerata dalla Chiesa trionfatrice su tutte le eresie, i destini dell’Occidente e della Cristianità tutta, minacciati dall’Islam. Per la gloriosa vittoria di Lepanto (1571) contro le flotte ottomane, il Pontefice indisse la festa del Santo Rosario e il grido di gioia dei cristiani per la vittoria si perpetuò con questa invocazione: «Maria Auxilium Christianorum!». Molto tempo dopo, San Giovanni Bosco (1815-1888) ha ravvivato universalmente la devozione per Maria Ausiliatrice.
In un calendario del 1848, appeso nella sua camera, erano riprodotte cinque immagini della Vergine, di cui una riportava questa scritta: «O Vergine Immacolata, tu che sola portasti vittoria di tutte le eresie vieni in nostro aiuto, noi di cuore ricorriamo a te: Auxilium Christianorum ora pro nobis». Fu soprattutto nell’Italia risorgimentale, fra gli anni 1848 e 1870, che don Bosco sviluppò il culto verso l’Ausiliatrice. Le leggi anticlericali, la diffusione del protestantesimo, la questione romana, l’assenza dei vescovi in molte diocesi a causa delle feroci persecuzioni... mossero don Bosco a rivolgersi a Lei come aiuto e presidio.
Nel maggio del 1862 don Bosco, che da sua madre, conosciuta come mamma Margherita, era stato consacrato alla Madonna appena nato, raccontò il famoso sogno-visione delle due colonne, che descrive perfettamente la lotta della Chiesa contro i suoi nemici, in cui solo l’ancoraggio alle colonne dell’Immacolata-Ausiliatrice e della divina Ostia è fonte di salvezza per la Chiesa e per il Papato. Altro fatto decisivo per l’incremento di questa devozione in lui e, dunque, in tutti i Salesiani, furono le apparizioni della Madonna a Spoleto, che ebbero vasta eco. Dal Piemonte don Bosco volse lo sguardo alla Madonna della Stella, che l’arcivescovo di Spoleto, monsignor Arnaldi, aveva nominato, l’8 maggio 1862, con il glorioso titolo di Auxilium Christianorum. L’8 dicembre di quell’anno il sacerdote astigiano dichiarò al chierico Giovanni Cagliero, poi Cardinale, il motivo della sua devozione a Maria Ausiliatrice, come riportato nelle Memorie biografiche: «Sinora abbiamo celebrato con solennità e pompa la festa dell’Immacolata, ed in questo giorno si sono incominciate le prime opere degli Oratori festivi. Ma la Madonna vuole che la onoriamo sotto il titolo di Maria Ausiliatrice: i tempi sono così tristi che abbiamo bisogno che la Vergine Santissima ci aiuti a conservare la fede cristiana».
Proprio nel 1862 viene avviata la progettazione della chiesa di Maria Ausiliatrice. Lo stesso don Bosco racconta nelle sue Memorie il sogno premonitore del futuro santuario mariano che sarebbe stato innalzato nel quartiere Valdocco (luogo bagnato dal sangue, verso la fine del III secolo, di tre martiri della Legione Tebea: Solutore, Avventore, Ottavio) di Torino: «La seconda domenica di ottobre di quell’anno (1844) doveva partecipare a’ miei giovanetti, che l’Oratorio sarebbe stato trasferito in Valdocco. Ma l’incertezza del luogo, dei mezzi, delle persone mi lasciavano veramente sopra pensiero. La sera precedente andai a letto col cuore inquieto. In quella notte feci un nuovo sogno [...]. Io voleva andarmene, perché mi sembrava tempo di recarmi a celebrare la Santa Messa, ma la pastorella mi invito? a guardare al mezzodi?. Guardando, vidi un campo, in cui era stata seminata meliga, patate, cavoli, barbabietole, lattughe e molti altri erbaggi. – Guarda un’altra volta, mi disse. E guardai di nuovo, e vidi una stupenda ed alta Chiesa.
Un’orchestra, una musica istrumentale e vocale mi invitavano a cantar Messa. Nell’interno di quella Chiesa era una fascia bianca, in cui a caratteri cubitali stava scritto: “Hic domus mea, inde gloria mea”».
Maria, salutata “Aiuto dei Cristiani” fin dai primi tempi del Cristianesimo, divenne il “Cuore dell’oratorio”: «Pregustava la gioia che avrebbe provato vedendo tutti riuniti sotto le sue volte fare un sol coro, cantando le lodi del Signore e della Madonna, e dissetare le loro anime alle fonti della grazia; si rappresentava la gara generale per celebrarvi con solennità le feste maggiori, nelle magnificenze del culto. Il concerto delle sue campane avrebbe ricreato e sollevato gli spiriti come armonie scese dal cielo. Per le sue porte sempre aperte sarebbero passati grandi e piccoli durante il giorno per andar a pregare dinanzi al tabernacolo di Gesù Sacramentato e al quadro della Beata Vergine. Magnifici pontificali; funzioni quotidiane fatte non solo con gravità sacerdotale, ma anche con divota partecipazione di folte schiere giovanili; abbondanza della divina parola. Insomma, eretta che fosse la bella casa di Dio, egli scorgeva nel suo interno pietà, all’esterno festevole ammirazione, in ogni dove serenità di pensieri e giocondità di vita, e sul vertice la Madonna benedicente e dicente: “Io sono quassù per vedere e ascoltare tutti i miei figli dell’oratorio”».
La costruzione del magnifico tempio mariano – proclamata chiesa giubilare per l’Anno Santo 2025 – divenne più che un lavoro tecnico ed una preoccupazione di materiali e di finanziamenti, essa fu soprattutto un albero spirituale trapiantato in un tempo drammatico per la Chiesa e fecondo nel panorama della missione della pedagogia preventiva di don Bosco nel mondo. La di lui incalcolabile fede produsse, quando contava 45/50 anni, una realtà prodigiosa: i tanti problemi incontrati si risolvettero con grazie e miracoli, capaci di stimolare una grande generosità nel popolo, tanto da fargli dichiarare in seguito: «Maria si era edificata la sua casa», convinto com’era che ogni mattone corrispondeva a una grazia, e che «Maria Ausiliatrice è la fondatrice e sarà la sostenitrice delle nostre opere».
Afferma don Pierluigi Cameroni SDB: «Don Bosco incominciò la costruzione come direttore di un’opera e la finì come capo carismatico di un grande movimento ancora in germe, ma già definito nelle finalità e tratti distintivi; la cominciò come sacerdote originale di Torino e la finì come apostolo della Chiesa, passò dalla città al mondo. Se l’esperienza dell’oratorio aveva dato come risultato positivo la prassi pedagogica, l’opera del santuario fece emergere nel lavoro salesiano una visione di Chiesa, come popolo di Dio sparso su tutta la terra, in lotta con le potenze del male». Forgiò uno stile fatto di audacia e fiducia: con poco o nulla (l’Oratorio salesiano iniziò in un prato e sotto la tettoia Pinardi) osò molto perché fidente unicamente nella Madonna e nella divina Provvidenza. Scolpì una convinzione nel cuore della sua Congregazione: «Propagate la devozione a Maria Ausiliatrice e vedrete che cosa sono i miracoli».
Fu don Bosco, come risulta ancora dalle Memorie biografiche, a commissionare al pittore Tommaso Lorenzone la pala per l’altare maggiore della basilica di Maria Ausiliatrice: «In alto, Maria Santissima tra i Cori degli Angeli; intorno a lei, più vicini gli Apostoli, poi i cori dei Martiri, dei Profeti, delle Vergini, dei Confessori. In terra, gli emblemi delle grandi vittorie di Maria e i popoli delle varie parti del mondo in atto di alzar le mani verso di lei chiedendo aiuto». Tuttavia, fu impossibile far entrare tutto ciò nel dipinto, per cui si decise di raffigurare solo la Madonna, gli Apostoli, gli Evangelisti e alcuni angeli. Ai piedi, sotto la gloria della Madonna con Gesù Bambino in braccio, venne raffigurato il santuario con la Casa madre dei Salesiani e, sullo sfondo, la basilica mariana di Superga sull’omonima collina. Preso in affitto un altissimo salone di Palazzo Madama a Torino, il pittore si mise all’opera: il lavoro doveva durare circa tre anni. Quando il maestoso e imponente quadro fu portato nel santuario e sollevato al suo posto sopra il tabernacolo, Lorenzone cadde in ginocchio, prorompendo in un dirotto pianto.
Maria Ausiliatrice, fra i piemontesi, è popolarmente conosciuta come «La Madòna ‘d don Bòsch» (la Madonna di don Bosco), rimarcando linguisticamente il profondo legame di filiazione che intercorse fra l’Auxilium Christianorum e il sacerdote mistico, che si prese massima cura dell’educazione della gioventù, missione preconizzata in un sogno-visione che fece quando aveva appena 9 anni. Le visioni si susseguiranno nel tempo e il suo dialogo con Cristo e Maria Auxilium Christianorum non si arresterà mai lungo la vita.