Il problema dell’educazione, sempre più allarmante, viene qui narrato attraverso l’esperienza sofferta di una mamma che cerca la soluzione migliore per garantire ai suoi figli una crescita serena e cristiana.

Quando il mio primo figlio nacque, il problema dell’educazione scolastica sembrava un problema remoto o certamente uno di cui non dovevamo particolarmente preoccuparci.
Le scuole elementari cattoliche a Londra non erano fantastiche, ma di sicuro di eresie ce n’erano poche e facilmente correggibili soprattutto a quel livello di educazione.
Molte delle famiglie nel mio circolo di amicizia, con cui avevamo in comune sia la fede che una famiglia crescente, già allora, nello scorso secolo, il remoto 1999, parlavano di “educazione domestica”, per me un concetto alieno, soprattutto perché venivo dall’Italia dove quel tipo di educazione era una cosa inaudita.
Sicuri del nostro ruolo primario e fondamentale nella formazione dei nostri figli, continuammo a mandarli alle varie scuole cattoliche locali, con sempre più basse aspettative e con il nostro motto: “Finché la scuola non disfa il nostro lavoro, non ci preoccupiamo”.
Le scuole superiori cattoliche, nel 2013, quando il primo figlio iniziò a frequentarle, erano diventate sempre più una grande delusione, ma avendo dato una solida formazione ai nostri figli – non solo di fede – e avendo sviluppato una relazione di fiducia e di dialogo aperto, non fu difficile accorgersi dei vari imprevisti e frustrazioni lungo il percorso.
Nel frattempo iniziai a lavorare come insegnante di sostegno nella scuola elementare degli ultimi tre dei nostri sette figli e da lì la scoperta della mediocrità della scuola e dell’ignoranza della maggior parte delle maestre fu sconvolgente. Dunque i miei figli, avevano, fino a quel momento, passato la maggior parte del loro tempo con persone, sì con un titolo... ma molto meno interessanti o colte di noi, poche veramente portate all’insegnamento, e molte che svolgevano quel lavoro come un altro. Le nozioni di fede ormai erano scarse e le nuove ideologie iniziavano ad olezzare nelle Staff Rooms e a tinteggiare leggermente le lezioni.
Il post 2020, segnato da sofferenza, incertezza e instabilità, portò con sé un forte vento di cambiamento nelle scuole. Quelle che un tempo erano solo conversazioni, iniziarono ad essere dei concreti cambiamenti e nelle aule scolastiche di una scuola cattolica elementare. Le fiabe di Esopo non risuonarono più, i classici furono seppelliti, mentre i seminari sul gender e mascolinità tossica iniziarono a comparire e le lezioni sul sesso e sulle relazioni divennero obbligatorie sin dall’età di 5 anni.
L’innocenza dei miei piccoli fu improvvisamente a rischio per la prima volta in venti anni, e quella era una cosa che io e mio marito non potevamo proprio permettere. Cosa fare? Quali opzioni avevamo?
Home Educating era un’idea che mi spaventava molto, ma era chiaro ormai che, come genitori, non potevamo più delegare nessuno, neanche minimamente, nell’aiutarci con l’istruzione dei nostri figli, per i quali alla fine dei tempi avremmo dovuto rispondere.
E fu così che, preso coraggio e abbandonati nelle mani di Dio, il nostro “viaggio dell’educazione domestica” ebbe inizio nel 2023 con le tre figlie più piccole. Le ragioni furono varie: volevamo che i nostri figli si godessero la loro infanzia con spensieratezza, che fossero circondati da altre famiglie e bambini con gli stessi valori, che imparassero cose sane e fossero ancora una volta circondati da fiabe e classici. E fu chiaro durante il cammino che, nonostante non avessi la qualifica di maestra, la mia dedizione, responsabilità e amore per i miei figli sarebbero stati più che sufficienti per darmi la forza di fare di questa esperienza un’esperienza, sì ardua, ma valorosa, certa che, come CS Lewis ci ricorda, «figli sono il nostro progetto più importante».