CATECHESI
Il giudizio della misericordia
dal Numero 16 del 27 aprile 2025
del Servo di Dio Don Dolindo Ruotolo
Giustizia e misericordia in Dio sono due facce della stessa medaglia. Il servo di Dio don Dolindo Ruotolo ben ce lo spiega in questo articolo, facendo comprendere anche come l’uomo non può fare a meno di ricorrere a questo tribunale di giustizia, tanto diverso da quelli umani, per trovare la pace.
Il sacramento della Penitenza è istituito a modo di giudizio; è un vero tribunale che si innalza nel tempio di Dio, oh ma quanto diverso dai tribunali degli uomini! Un parallelo fra la giustizia umana e quella divina servirà a farci meglio apprezzare la grandezza di questo sacramento, che deve essere tanto familiare alla nostra vita: nei tribunali umani il reo è preso con la forza ed è trascinato innanzi al giudice dalle guardie. L’infelice è privo della libertà, è avvilito, è oppresso, è scoraggiato e naturalmente maledice la giustizia, l’ordine, il bene stesso, perché in loro nome si vede oppresso! La sua parola non ha più valore, ed egli, che è l’unico testimone della sua coscienza, non è creduto mai, perché ogni sua parola diventa sospetta. La sua causa è affidata ai testimoni del processo, i quali sono sempre fallaci o per mala fede o per allucinazione; i giudici, per quanto possano essere integri, non hanno alcun interesse per il reo, anzi lo suppongono colpevole, e si preoccupano solo di estendere una sentenza più o meno dotta. La difesa è affidata ad uomini prezzolati i quali, salvo la pace dei buoni, debbono vedere come sbarcare il lunario alla men peggio nella vita. Il reo viene così condannato, viene avvilito, perde quella fiducia nel bene, che sarebbe uno dei segreti veri per riabilitarlo; è gettato in un carcere ed è segnato con un semplice numero! Bisognerebbe penetrare in un carcere per vedere in quale stato miserando sono ridotti i rei che vi sono rinchiusi! Là non vi è pace, non vi è quasi possibilità di desiderare più il bene; il cuore umano vi è avvilito, si sente peggiore e vive nel male perché, cosa strana, per farglielo espiare, gli si è dato quasi come ambiente della vita! Nel sacramento della Penitenza, invece, il reo si accosta già riabilitato al sacro tribunale. La sua parola e la sua testimonianza è quella che ha solamente valore, e la lealtà più bella, più spassionata e più serena vi regna. Egli del resto non viene a difendersi per sfuggire alla pena, ma viene ad accusarsi per riparare la colpa. Viene ai piedi del confessore per trovare un giudice che contemporaneamente gli sia padre, medico e consigliere; e deve trovarlo sincero per forza questo tenero e singolare amico, perché in quel momento gli interessi dell’anima di lui e quelli suoi sono comuni, tanto che il confessore non potrebbe trascurare il penitente senza trascurare se stesso. Dopo che senza doppiezza e senza esitazioni tutto il male è stato messo fuori, e l’anima si è liberata come da un incubo immenso, il sacerdote la illumina, la esorta, la guida, e sopra di lei alza, in nome di Dio, la mano benefica che la assolve. Eccola: essa non è privata della libertà, ma è invece elevata nella libertà – la più bella – ed è liberata dalle catene del male; non è disprezzata, ma è arricchita di grazia; non è segnata di un numero, ma è segnata dal Sangue Preziosissimo di Gesù Cristo. Essa ha riacquistata la fiducia in Dio, la onesta stima di se stessa, che è anche un mezzo per non marcire nel male; ha riacquistato il desiderio della virtù e del bene, perché l’ha gustata: è liberata come da un naufragio, e guarda alla tempesta dalla quale è sfuggita con animo fermamente risoluto a non ricadervi più. La sventura le è servita quasi di vantaggio e si sente più forte, più viva, più sollevata; avverte in sé una novella ricchezza di grazia! Chi poteva trovare un giudizio così bello e così adatto a migliorare l’uomo? Esso è il giudizio della misericordia che porta la santità, e la giustizia porta l’impronta di Dio infinito, nel quale la misericordia e la giustizia sono una cosa sola. Gesù descriveva questo giudizio di misericordia con la parabola della pecorella smarrita, che è cercata dal buon pastore ed è ricondotta all’ovile sulle spalle sue, e con la parabola del Figliolo prodigo che ritorna alla casa paterna dopo un lungo periodo di dissolutezza, e vi è accolto con un amore e con una benevolenza singolari. Ma l’anima non potrebbe presentarsi direttamente a Dio per subirsi questo giudizio di misericordia? Quale necessità c’è di prostrarsi dinanzi ad un uomo? La necessità non sta da parte di Dio ma da parte nostra: noi sentiamo il bisogno di sfogarci quando ci riconosciamo rei; anche umanamente parlando, la Confessione è un grande sollievo. Si sono visti mille volte degli assassini che, rimasti impuniti, si sono presentati spontaneamente ai giudici per farsi condannare, tanto pesava loro sul cuore il rimorso. Noi dobbiamo avere la certezza morale della remissione del peccato per riacquistare la pace interna del cuore. Sforzatevi quanto volete per persuadervi di essere un giusto, nessuna suggestione è capace di darvi questa persuasione; quando invece vi presentate ai piedi del confessore e compite quello che è prescritto dalla bontà divina per ottenere la remissione del peccato, voi siete certi del perdono, e vi sentite del resto profondamente nella grande pace che gode allora il cuore. Anche umanamente parlando, noi confessandoci veniamo ad acquistare nuovamente la fiducia di poter fare il bene, poiché l’incoraggiamento è una grande forza morale che arriva a spingerci anche ai più grandi sacrifici. Si scuote allora quella malinconia interna che ci aveva oppressi, e l’anima, manifestandosi, si sente come rinnovata e rinfrescata, dirò così. Prescindendo da qualunque ragione, che cosa direste voi di uno che pretendesse di esigere il danaro rimanendosene in casa, ovvero esibendo un titolo fatto da lui stesso, solo perché gli sembra più buono? Sarebbe uno stolto e rimarrebbe povero. Ora, chi è così stolto da pretendere di ottenere il perdono da Dio mostrandosi ingrato ad uno dei suoi più grandi benefizi, venendo meno ad un suo comando? Quando è che si presentano a Dio quelli che dicono di domandare a Lui direttamente perdono? Ahimè! Sono tanto materiali, sono così pieni di vizi che appena trovano il tempo per dare sfogo alle loro passioni! Noi non facciamo niente se non dobbiamo darne conto agli altri, persuadiamoci bene di questo, sopra di questo principio sono fondate tutte le attività interne ed esterne del nostro essere. La Confessione è dunque anche una fonte di azione oltre ad essere un mirabile dono di Dio.
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