
Non è un caso che la festa della divina Misericordia si celebri in un tempo così vicino alla Pasqua, ossia la seconda Domenica di Pasqua, detta anche Domenica in Albis. La misericordia è l’attributo più importante di Dio, quello che esprime appieno la sua potenza. Non è interscambiabile con l’amore che è riservato a tutti gli uomini, ma indica il sentimento verso coloro i quali Egli salva. Gesù aveva detto a santa Maria Faustina Kowalska: «Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della Misericordia. Il recipiente è quest’immagine con la scritta: Gesù confido in Te». E in quante case si trova questa immagine!
La misericordia di Dio diventa pienamente comprensibile nella parabola del figliol prodigo
(cf Lc 15,11-32). Il figlio viene riaccolto dal padre con infinita tenerezza. Bastano la sua volontà sincera di pentimento e il suo ritorno. E ancora nel Diario di santa Faustina leggiamo: «Il peccatore non deve aver paura di avvicinarsi a Me».
Da quanto detto, si comprende molto chiaramente che la misericordia è subordinata e dipendente dal pentimento e produce il perdono. A tal fine il Signore ha donato alla sua Chiesa il sacramento della Confessione. Il Catechismo della Chiesa Cattolica sottolinea che «quelli che si accostano al sacramento della Penitenza ricevono dalla misericordia di Dio il perdono delle offese fatte a lui e insieme si riconciliano con la Chiesa, alla quale hanno inflitto una ferita col peccato e che coopera alla loro conversione con la carità, l’esempio e la preghiera». È chiamato “sacramento della Confessione” poiché l’accusa, la confessione dei peccati davanti al sacerdote è un elemento essenziale di questo sacramento. È chiamato “sacramento del Perdono” poiché, attraverso l’assoluzione sacramentale del sacerdote, Dio accorda al penitente «il perdono e la pace» (cf CCC nn. 1422-1424).
Uno dei Santi che è stato amministratore vivente e dispensatore generoso della misericordia di Dio, rendendosi a tutti disponibile attraverso l’accoglienza, la direzione spirituale e specialmente l’amministrazione del sacramento della Penitenza, è indubbiamente il nostro padre Pio, che è stato chiamato “il padre che confessa”, “il martire del confessionale”. La Confessione impegnava padre Pio per molte ore della sua giornata: riusciva a passare persino quindici e più ore al giorno nel confessionale; qualcosa di inspiegabile in un uomo colpito da malattie misteriose, logorato da frequenti disturbi, con continue perdite di sangue dalle ferite delle stimmate, e che si nutriva molto poco.
A volte, per il grande flusso di fedeli, era necessario ricorrere all’aiuto della forza pubblica per regolare l’entrata in chiesa, per disciplinare l’afflusso al suo confessionale. È stato stimato che circa cinque milioni di persone hanno avuto la grazia di confessarsi con il Santo, e che, tra uomini e donne, confessasse centoventi penitenti al giorno. Dal canto suo, padre Marciano Morra, amico di padre Pio e confratello del convento dei Cappuccini di San Giovanni Rotondo, ha affermato che nel solo anno prima della morte si stima che padre Pio abbia confessato cinquantamila persone. Ad ognuno dedicava in media 3-4 minuti perché voleva che la confessione fosse sintetica e chiara, ma, soprattutto, integra e sincera, perché Dio è Verità. Non era possibile mentire a chi vedeva nell’anima. Nell’amministrare il sacramento della Confessione padre Pio ricorreva a tutti i mezzi a sua portata per strappare i penitenti dal peccato e condurli a Dio; anche ai doni speciali di profezia e di penetrazione delle coscienze, che consentivano di anticipare ed elencare i peccati che doveva confessare il penitente, senza escludere, quando lo riteneva necessario, la correzione severa, il rifiuto e persino la negazione dell’assoluzione e la cacciata dal confessionale. Successivamente, però, doveva comprare queste anime per vederle tutte ritornare, pentite in cerca del perdono, al suo confessionale. Ecco le parole dette ad un sacerdote inglese: «Se si sapesse quanto costa un’anima! Le anime non vengono date in dono; si comprano. È sempre con la stessa moneta che bisogna pagarle!». E al suo direttore spirituale disse: «Quante volte, per non dire sempre, mi tocca dire a Dio giudice con Mosé: O perdoni a questo popolo o cancellami dal libro della vita!».
Proprio perché le anime le comprava a caro prezzo, col suo sangue, che padre Pio era molto esigente; egli voleva dal penitente una conversione vera e non tollerava coloro i quali si recavano al confessionale per la sola curiosità di vedere il “frate santo”, senza un vero pentimento e un’attenta preparazione, abusando così della misericordia di Dio. Spesso, infatti, padre Pio trattava i fedeli con «apparente durezza», ma è altrettanto vero che lo stravolgimento spirituale che quel «rimprovero» procurava alle anime dei penitenti si trasformava in una forza interiore a ritornare da lui, contriti, per riceverne la definitiva assoluzione. Un confratello raccontava che un giorno padre Pio aveva negato l’assoluzione ad un penitente e poi gli aveva detto: «Se vai a confessarti da un altro, vai all’inferno tu e quell’altro che ti dà l’assoluzione», come a dire che senza proposito di cambiare vita si profana il sacramento, si abusa della misericordia di Dio, rischiando di fare una confessione sacrilega in caso di peccati gravi.
Il Santo cappuccino invitava alla Confessione, chiedendo di farvi ricorso, al più tardi, una volta alla settimana. Egli diceva che una stanza, per quanto possa essere rimasta chiusa, necessita di una spolverata, almeno una volta alla settimana.
Egli non sopportava né tentennamenti né facili giustificazioni e tanto meno le insincerità o ambiguità.
C’erano peccati su cui padre Pio era molto severo e per cui facilmente cacciava via, come ad esempio la bestemmia e i peccati contro la vita.
Si racconta che «Cesare Salvucci era sceso dalle Marche insieme ad un amico per portare dei mobili a Monte Sant’Angelo (FG). Mentre facevano l’ultima salita, prima di giungere a destinazione, il camion rimase in panne, si fermò. Non ci fu verso per farlo ripartire. L’autista perse la calma e fu preso dall’ira. Il giorno dopo i due andarono a S. Giovanni Rotondo, ove Cesare aveva una sorella. Tramite lei ottennero di confessarsi da P. Pio. Entrò prima l’amico. Il Padre non lo fece neanche inginocchiare e lo cacciò via apostrofandolo pesantemente. Venne poi il turno di Cesare che cominciò il colloquio e disse: “Mi sono adirato”. E P. Pio gridò: “Sciagurato, hai bestemmiato la Mamma nostra! Che ti ha fatto la Madonna?”. E lo cacciò via».
Ci confida ancora un figlio spirituale del Padre: «Nella mia seconda confessione fatta con lui – nella prima mi aveva cacciato via –, dopo aver terminato l’accusa dei peccati, il Padre mi chiese: “Hai altro?”. Io risposi di no. Ed egli, guardandomi bene negli occhi, chiese: “Con la tua sposa hai fatto le cose per bene nel santo matrimonio?”. “No, padre – risposi –, perché i medici ci hanno proibito di avere altri bambini”. E lui, puntualizzando: “E che c’entrano i medici in queste cose!?”. “Hanno detto che ci poteva nascere un mostro”, risposi. “E questo ti saresti meritato!”, gridò il Santo. E ancora una volta mi allontanò dal confessionale».
Padre Pellegrino scrive che «tutti coloro che, dopo lunghe attese, ricevevano l’assoluzione da P. Pio, e con l’assoluzione l’avvio definitivo ad una nuova vita, esplodevano in manifestazioni di gioia incontenibile e, anche se non lo facevano, sarebbero stati capaci di mettersi a cantare ed urlare sia in chiesa, sia sul piazzale, sia negli alberghi».
E lo stesso Santo in quei momenti affermava: «Anch’io mi sento tanta gioia nel cuore e ringrazio Dio nel mio intimo», e quando certo del pentimento poteva dare l’assoluzione, per lui era «come concedere il passaporto per il paradiso o visitarlo, anzi consegnare, ancora su questa terra, già il posto in paradiso».
Il Padre spingeva i suoi figli ad abbandonarsi nelle braccia della misericordia di Dio, però li metteva in guardia dall’abuso di tanta bontà. Si racconta che «durante una ricreazione, in cui si trattava l’argomento, il Santo disse ai presenti: “Ricordatevi che io ho più paura della misericordia di Dio che della sua giustizia”. Dopo una pausa di silenzio generale, proseguì dicendo: “Credete che io abbia detto una cosa non giusta? Vi dimostro subito la verità di quanto ho asserito. Per mezzo di una penitenza, di una sofferenza accettata, di un atto di dolore, di una contrizione sentita, io sono alla pari con la giustizia del Signore. Ma con la sua misericordia come farò? Dovrei vivere 70 mila anni per rendergli una minima parte della misericordia che Lui usa con me”».
Grande è questo mistero della misericordia di Dio che come il padre della parabola attende il figliol prodigo per perdonarlo e ricolmarlo del suo amore. Non sprechiamo, quindi, questo tempo della vita, ma come padre Pio diceva: «Ci dobbiamo tuffare nella misericordia divina», soprattutto accostandoci spesso al sacramento della Confessione.
di Suor M. Eucaristica Pia Lopez