Aveva 25 anni padre Pio quando scriveva al confessore per confidargli l’evento della sua fusione eucaristica, fusione d’amore, fusione di cuori: «Finita la Messa mi trattenni con Gesù nel rendimento di grazie. A questo punto fu soave il colloquio tenuto col Paradiso in questa mattina! Fu tale che pur provandomi a dir tutto non lo potrei: vi furono delle cose che non possono tradursi in un linguaggio umano senza perdere il loro senso profondo e celeste. Il cuore di Gesù e il mio, permettetemi l’espressione, si fusero. Non erano più due cuori che battevano, ma uno solo. Il mio cuore era scomparso, come una goccia d’acqua che si smarrisce in un mare. Gesù n’era il Paradiso, il Re» (Epistolario I, p. 273).
Padre Pio aveva accolto l’azione vivificante dello Spirito nell’Eucaristia, che aveva inserito in lui le stesse dinamiche della vita di Cristo, operazioni di crescita, di fervore, di perfezione, di santità tanto da portarlo ad esclamare: «A quali altezze il Signore ha elevato l’anima mia».
Diventato maestro di comunione, padre Pio trasmetteva, da valido insegnante, la sapienza eucaristica: «Animiamoci a vicenda... a riconoscere, con sensi di gratitudine sempre maggiore alla bontà di Dio, l’immenso beneficio del sacramento dell’Eucaristia, di amare con maggiori trasposti questo Dio di amore, di compierne, con maggiore diligenza, tutte le opere sante, per piacere a questo Dio umanato, per un dì goderne più copioso il frutto qui in terra ed ottenerne più ricco il guiderdone nei cieli».
Nessuna meraviglia, allora, se alle anime padre Pio chiedeva sempre di più: «Eleviamoci sempre più in alto», diceva un giorno a Cleonice Morcaldi, la quale un giorno gli domandò cosa potesse donare a Gesù per tanti favori; egli le rispose: «Amore, sempre amore. Spandi l’animo tuo in sentimenti di riconoscenza e umiliati davanti a Dio. Studiati di fare sempre meglio, oggi meglio di ieri, domani meglio di oggi».
Dopo la conversione dei penitenti, egli li induce a fare dell’Eucaristia il perno per il cammino di perfezione. L’Eucaristia porta in chi la riceve frutti specialissimi: l’aumento della carità divina e quindi di tutte le virtù di cui la carità è madre e regina. Nell’Eucaristia è insito, come derivazione naturale, il dovere di sempre maggior amore. Ciò significa distacco dal peccato veniale, carità fervente, umiltà profonda, pazienza più eroica, mortificazione più generosa, obbedienza più profonda... più impegno per il prossimo e per la causa del regno di Dio. In altri termini, è sete di Gesù Cristo.
Questa la meta che padre Pio poneva innanzi alle anime. Lui viveva nella fermissima determinazione di «subire mille volte la morte, anziché determinarsi a peccare» (Ep. I, p. 185). Sapeva portare le anime dal più basso gradino morale alle vette dell’amore divino. Lo ricorda a un’anima, dopo averla assicurata dell’amore di Gesù per lei: «Tu pochi anni fa non avevi neanche la cognizione del suo amore» (Ep. III, p. 456).
Padre Pio invita le anime a cercare i doni eucaristici: «Il nostro dolcissimo Gesù ti svelli il cuore come fece con la sua serva santa Caterina da Siena e ti conceda il suo divinissimo...». Ma se non conviene desiderare cose tanto grandi e straordinarie «basterà per imitare santa Caterina da Siena essere umili, dolci, caritatevoli, poiché il cuore del nostro divin Maestro non ha legge più amabile di quella della dolcezza, umiltà e carità» (Ep. III, p. 604).
Si tratta di vivere secondo la legge dell’amore e stabilire nel cuore il regno dell’amore: «Quanto è felice questo regno interno, quando vi regna il santo amore! Quanto sono beate le potenze dell’anima nostra, allorché obbediscono ad un re sì saggio! No, sotto la sua ubbidienza e nel suo stato, egli non permette che abitino i gravi peccati, né l’affetto ai più leggeri. è vero ch’esso li lascia approdare alle frontiere delle nostre anime, che esso permette che le tentazioni le più laide vengano ad agitarsi intorno alla fortezza delle nostre anime, ma il permette al fin di esercitare le virtù interne alla guerra, e renderle sempre più degne e più adatte a rientrare nella Gerusalemme celeste per l’edificazione del mistico edificio; è vero ancora che esso permette che gli spioni, che sono i peccati veniali e le imperfezioni, corrano qua e là nel suo regno, ma tutto questo non è permesso se non per una disposizione della sua adorabile sapienza: ciò non permette se non per farci conoscere che senza di lui saremmo in preda ai nostri nemici» (Ep. III, p. 697).
Eucaristia: la cristificazione
In una di quelle meravigliose conversazioni che seguivano quotidianamente la benedizione col Santissimo, in convento, nell’orto e talvolta in sacrestia, a padre Pio venne chiesto come saremo noi di là... Egli rispose: «In Paradiso saremo tutti bellissimi come Gesù». Orbene, la radice teologica di questa risposta non è forse la promessa eucaristica di Gesù: «Chi mangia la mia carne, ha la vita eterna» (Gv 6,58)? Mangiare la sua carne e bere il suo sangue è divenire Lui, Cristo, è cristificarsi, come insegna la parola di Dio e il catechismo.
Giovanni Paolo II, nella bolla d’indizione del grande Giubileo, ha insegnato che «Gesù apre ad ogni essere umano la prospettiva di essere divinizzato» (Incarnationis Mysterium, n. 2). È questo il fine dell’Incarnazione e di tutta l’opera di Cristo. «In verità, fin dal primo istante di vita, nel grembo materno, Gesù si è offerto a gloria di Dio e per la vita e la redenzione del mondo; il vertice dell’oblazione è l’ora della Croce; il frutto è la Risurrezione; il dono salvifico è la partecipazione degli uomini alla vita divina...».
Noi andiamo all’Eucaristia condotti dalla fede, aderendo all’invito di Cristo che ci ha detto: «Prendete il mio corpo», poiché Egli intende trasformarci in lui. Padre Pio era la manifestazione viva degli effetti più sublimi della grazia eucaristica; egli era stato reso immagine di Cristo. Da questa esperienza derivava la sua azione pedagogica nelle anime: «L’Eucaristia è il massimo dei miracoli; è il segno ultimo e più grande dell’amore di Gesù per noi ed Egli tutto questo l’ha operato per darci una vita piena, abbondante, perfetta: “Io venni, Egli dice, perché gli uomini abbiano la vita – e questo infatti Egli ci diede mediante la sua Incarnazione – e l’abbiano in abbondanza” e questo pure è ciò che ci va dando ogni giorno più ancora nella santissima Comunione».
Non è semplice esprimere in parole l’azione cristificante dell’Eucaristia: Padri, Dottori, Concili, santi, magistero ordinario e straordinario si sono soffermati non poco a meditare, scrivere, dichiarare, definire sul tema della potenza cristificante di questo Sacramento. Sant’Alberto Magno dice che «l’Incarnazione è Dio che si fa uomo, l’Eucaristia è Cristo che si fa ogni uomo»; san Cirillo di Gerusalemme scrive che «comunicandoci, siamo ripieni di Gesù Cristo, il cui corpo e il cui sangue sono in certo qual senso comunicati a tutte le nostre membra»; molto sinteticamente, sant’Agostino dirà: «Mangiami, non sarai tu a trasformarmi in te, sarò io a trasformarti in me». [...].
Nell’Eucaristia, il Signore Gesù non solo ci fa suoi commensali, ma dona a noi se stesso in cibo spirituale, perché viviamo in lui: «La nostra partecipazione al corpo e sangue di Cristo non tende ad altro che a trasformarci in quello che riceviamo, a farci rivestire in tutto, nel corpo e nello spirito, di colui nel quale siamo morti, siamo stati sepolti e siamo risuscitati» (San Leone Magno, Sermone 12 sulla Passione).
La trasformazione divinizzante è uno dei temi più frequenti cui padre Pio invita le anime. La propone a tutte le categorie di persone: il fratello di padre Pio, Michele, che è sposato, riceve da padre Pio questo scritto: «Cosa augurarti? Una vita santa, una lunga vita e una perfetta trasformazione in Dio Gesù» (Ep. IV, p. 815). Ad Alfonso Marchesani e alla sua sposa Maria Leontina padre Pio scrive: «Gesù Bambino regni sempre sovrano sul vostro cuore... il suo divino amore vi infiammi sempre di nuovo amore per lui, vi trasformi tutto...» (Ep. IV, p. 745). A padre Carlo Naldi, religioso di San Filippo Neri, scrive: «Gesù Bambino... ti riempia delle sue divine virtù e ti trasformi tutto in lui» (Ep. IV, p. 550). A una figlia spirituale: «Il Celeste Padre continui a possedere completamente il tuo cuore sino alla perfetta trasformazione nel suo dilettissimo Figliolo» (Ep. III, p. 170).
Padre Pio avrebbe voluto portare tutte le anime a questa altezza: la trasformazione dell’uomo in Dio per amore.
Da Nello Castello - Attilio Negrisolo, Il beato Padre Pio, miracolo eucaristico, pp. 54-59