Un episodio drammatico, legato alle vendette che si erano scatenate dopo la liberazione, è testimoniato dalla scrittrice Piera Delfino Sessa, che nel 1950 pubblicò un ottimo libro su padre Pio.
In una città dell’Italia centrale un’insegnante, ex segretaria del Fascio, era accusata di aver fornito armi e bombe ai fascisti, favorendo un’esplosione che uccise militari e civili. Ma la giovane era innocente.
Prelevata a forza dalla sua casa per essere giustiziata, era riuscita a portar via con sé un rosario e una fotografia di padre Pio, che stringeva forte tra le mani. Condotta, fra ingiurie innominabili, a vedere lo spettacolo dei morti che le si attribuivano e poi sul luogo del supplizio, la disgraziata attendeva in uno spasimo indicibile che la sua sorte si compisse.
Nel frattempo alcuni componenti della squadra punitiva andavano rovistando nella sua abitazione col pretesto di cercare armi, in realtà asportando e chiudendo in valigie quanto trovavano di meglio: denaro, oggetti d’oro, vestiario, finché a un tratto tuonò un «basta!» così risoluto e imperioso che i militi fuggirono abbandonando la refurtiva.
La sorella della condannata, che assisteva annichilita alla scena, riconobbe in quel «basta!» la voce di padre Pio.
Intanto la giovane, portata sulla piazza, era stata spinta contro il muro di una casa ed erano già schierati i soldati che dovevano fucilarla. Ma l’ordine di far fuoco era stato sospeso per il sopraggiungere di un’interminabile colonna di carri armati, di cavalli, di camion, autoambulanze e truppe a piedi. Il comandante del plotone d’esecuzione era rimasto sopra un carro. Era però immobile come una statua. Sembrava ipnotizzato.
Era autunno e le ombre della sera cominciarono a scendere rapide su quel funebre apparato. La ragazza non aveva quasi più respiro, più sangue nelle vene. «Ecco – si diceva – quando saranno passati gli ultimi soldati sarà la mia ora. Padre Pio, fate valere la mia innocenza, allontanate da me questo calice... ma se è proprio volontà di Dio, datemi almeno la forza di resistere...».
Un signore le si appressò. «Che cosa hanno deciso di voi?», le chiese.
«Non lo so – rispose la ragazza –, non so più nulla, sono andati via tutti, c’è solo il comandante», che era sempre fermo, come impietrito, al suo posto sul carro.
«E allora consideratevi libera e venite via con me», disse quell’uomo.
Egli prese per mano la ragazza, la fece salire sulla propria macchina e la ricondusse a casa, dove molte donne cercavano di confortare la sorella che non si dava pace. La condannata si gettò fra le braccia della sorella, poi staccato dalla parete un ritratto di padre Pio, lo baciò e se lo strinse al cuore, ripetendo: «Padre, tu mi hai salvato».
Alcuni mesi dopo si recò a San Giovanni Rotondo. Andò da padre Pio e gli disse: «Padre, la mia vita non basterà per ringraziarvi!...». E il Padre le rispose: «Figlia mia, quanto mi hai fatto correre con la tua fede!...».
Renzo Allegri, Padre Pio. Il santo dei miracoli, pp. 313-314