I FIORETTI
Alla scuola di San Pio per amare l’Eucaristia | La riparazione eucaristica
dal Numero 07 del 13 febbraio 2022

L’Eucaristia è Gesù presente in mezzo a noi sotto le umili e fragili specie del pane e del vino. Il Dio del cielo e della terra ha scelto questa umile forma sacramentale, ed eleggendola ha sondato e previsto anche i pericoli di oltraggi e profanazioni a cui si esponeva, ma ciò non è valso a mutare il suo disegno d’amore: rimanere con le sue creature sotto le apparenze di cibo, per nutrirle di se stesso. Fin dall’inizio, lungo tutto il corso dei secoli, fino ad oggi, anzi si direbbe oggi in maniera sovrabbondante, l’Eucaristia è stata spesso oggetto di noncuranza, oltraggi e perfino di orribili sacrilegi. I santi e i buoni cristiani ne hanno sofferto e continuano a gemere per questo, ma è stato Gesù stesso a chiedere riparazione in diversi modi. 

In una delle apparizioni a santa Margherita Maria Alacoque Gesù, mostrando il suo Sacro Cuore, le dice: «Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini e che nulla ha risparmiato fino ad esaurirsi e a consumarsi per testimoniare loro il suo Amore. In segno di riconoscenza, però, non ricevo dalla maggior parte di essi che ingratitudine per le loro tante irriverenze, i loro sacrilegi e per le freddezze e i disprezzi che essi mi usano in questo Sacramento d’Amore». Come mezzo di riparazione il Signore ha chiesto la pratica dei Primi nove venerdì che sono, non dimentichiamolo, una pratica di riparazione per l’«ingratitudine», le «irriverenze», i «sacrilegi» e le «freddezze» perpetrate verso il Sacramento dell’Amore. 

Fatima, oltre ad essere una delle più grandi epifanie mariane dell’ultimo secolo, con i vari insegnamenti e profezie della Madonna, è anche uno dei più significativi richiami alla riparazione eucaristica. Nelle apparizioni dell’Angelo nel 1916, preliminari a quelle della Madonna, i tre bambini veggenti sono stati invitati a riparare le offese verso Gesù Eucaristico e a consolarlo, come si legge nelle Memorie di Suor Lucia: «Mentre eravamo lì, l’angelo ci apparve per la terza volta, tenendo in mano un calice e su di esso un’Ostia, dalla quale cadevano nel calice alcune gocce di sangue. Lasciando il calice e l’Ostia sospesi in aria, si prostrò per terra e ripeté per tre volte l’orazione: “Santissima Trinità, Padre e Figlio e Spirito Santo, io Vi adoro profondamente e Vi offro il preziosissimo Corpo, Sangue, Anima e Divinità di nostro Signore Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli del mondo, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi ed indifferenze con cui Egli stesso è offeso. E per i meriti infiniti del suo Cuore Santissimo e del Cuore Immacolato di Maria, Vi domando la conversione dei poveri peccatori”.

Dopo, alzatosi, prese di nuovo in mano il calice e l’Ostia e diede a me l’Ostia, quel che c’era nel calice lo diede da bere a Giacinta e a Francesco, dicendo allo stesso tempo: “Prendete e bevete il Corpo e il Sangue di Gesù Cristo, orribilmente oltraggiato dagli uomini ingrati. Riparate i loro crimini e consolate il vostro Dio”» (vol. I, Fatima 2007, p. 167).

L’Angelo chiede a tre piccoli fanciulli riparazione per il Corpo e il Sangue di Cristo «orribilmente oltraggiato» e ci lascia la ormai nota e bellissima preghiera di riparazione che i Pastorelli di Fatima, fino alla fine, non si stancheranno di recitare prostrati con la faccia a terra. 

Nello stesso periodo, nei primi anni del 1900, il Signore fa richiesta di riparazione anche a san Pio da Pietrelcina, mostrandosi profondamente addolorato per il poco amore e rispetto all’Eucaristia e per i “maltrattamenti” che riceve da parte dei sacerdoti. Ci sono due lettere scritte da Pietrelcina al Padre spirituale, una successiva all’altra, nelle quali padre Pio descrive gli accorati e penosi lamenti di Gesù. Nella lettera del 12 marzo 1913 scrive: «Sentite, padre mio, i giusti lamenti del nostro dolcissimo Gesù: “Con quanta ingratitudine viene ripagato il mio amore dagli uomini! [...]. Mi rimangono solo di notte, solo di giorno nelle chiese. Non si curano più del sacramento dell’altare; non si parla mai di questo sacramento di amore; ed anche quelli che ne parlano, ahimè!, con che indifferenza, con che freddezza. Il mio cuore è dimenticato; nessuno si cura più del mio amore; io son sempre contristato. La mia casa è divenuta per molti un teatro di divertimenti».

Gesù Eucaristico lamenta noncuranza, solitudine nel tabernacolo, dove è lasciato solo di notte, ma anche di giorno e poi aggiunge, cosa da sottolineare perché forse ci lascia un po’ sorpresi: «Non si parla mai di questo sacramento di amore; ed anche quelli che ne parlano, ahimè!, con che indifferenza, con che freddezza». 

Effettivamente questo dono così grande meriterebbe molta più considerazione, anche nella omelia della stessa celebrazione eucaristica, che almeno di tanto in tanto dovrebbe incentrarsi sulla grandezza del Dono, sulla natura del Sacramento, sul valore e i frutti della Messa, su come parteciparvi, con quali disposizioni ricevere la Comunione, sull’importanza e l’efficacia dell’Adorazione eucaristica, ecc... E invece, a pensarci bene, non si parla quasi mai dell’Eucaristia, eccetto che in rare occasioni come quella del Corpus Domini o quando la Parola proclamata si riferisce all’Eucaristia; in tal modo si rischia di conoscere dell’Eucaristia solo quello che si è imparato nel catechismo per la Prima Comunione, ammesso che qualcosa si ricordi, mentre invece ci sarebbero da spendere fiumi di parole per cercare di illustrare, anche solo in piccola parte, le meraviglie contenute in questo Mistero di amore. 

Gesù, sottolineando ancora la dimenticanza del suo amore da parte degli uomini, continua affermando che la sua casa è divenuta un «teatro di divertimenti». Non sappiamo a che cosa si riferisse Gesù in quel periodo, ma possiamo ben applicare tali parole al tempo attuale, e non è difficile immaginare a cosa si potrebbe riferire, se pensiamo al chiasso e alla “creatività”, se non si vuol parlare di “abusi”, di certe celebrazioni che fanno pensare più ad un party che a un momento di preghiera e di raccoglimento nel quale si compie il più grande dei misteri; se pensiamo che non è raro, anzi è molto frequente, vedere in chiesa persone vestite in maniera indecente, davvero poco rispettose del tempio di Dio; se pensiamo a tante altre cose che è difficile enumerare, e non ultimo, che il luogo sacro è stato ultimamente usato persino per tenere banchetti! 

Il lamento di Gesù, dunque, potrebbe essere più che mai applicato ai nostri giorni. (continua)

 

di Suor M. Gabriella Iannelli, FI, Il Settimanale di Padre Pio, N. 7/2022

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