Una volta san Massimiliano, parlando della santità ai giovani frati, per mostrare che il percorso non è poi così complicato, tracciò sulla lavagna una grande V e una v più piccola: poi, unendole come in un’equazione algebrica, spiegò loro il segreto della santità!
Anche per chi non fosse tanto ferrato in matematica, esiste una piccola formula che riassume il segreto della santità. In effetti, sono stati scritti volumi e trattati da teologi e santi che riguardano proprio questo segreto, ma tale formulina li riassume tutti. Si tratta della brevissima equazione: “S: v = V” ed è insegnata da san Massimiliano M. Kolbe in diverse occasioni.
Ricordiamo, in particolare, una lezione fatta dal “Folle dell’Immacolata” – così è soprannominato, a motivo del suo “folle” amore all’Immacolata – nel 1937, qui in Italia, davanti ad una schiera di chierici che si preparavano al Sacerdozio. In quell’occasione, il Santo era seduto davanti ad una cattedra, di fronte a una folla di studenti con gli occhi puntati su di lui. Stava parlando della bellezza ed importanza della chiamata religiosa e della vocazione al Sacerdozio. Ad un certo punto si alzò dalla cattedra e si diresse alla lavagna, proprio come a scuola. Tutti lo guardavano incuriositi, anche perché aveva appena domandato loro come si potesse fare a perseverare, e come raggiungere la santità.
Scrisse allora la formula da lui suggerita, quale soluzione del problema. Nella sua veste matematica, tale formula era di immediata comprensione e non lasciava spazio a possibili dubbi o riserve. Un po’ come “2+2 = 4”, così “S: v = V”. Sempre in piedi, indicando le lettere che aveva scritto, spiegò: «Si raggiunge la santità quando la volontà della creatura, v piccola, è uguale e si unisce alla Volontà di Dio, V grande» (1).
San Massimiliano non si limitò a spiegare il significato della formula, ma si soffermò ad illuminare i suoi ascoltatori – sempre attentissimi – sul perché di tale equazione. Disse che per realizzare un’uguaglianza tra la “v” piccola e la “V” grande, bisognava semplicemente «annullare la propria volontà per fare la Volontà di Dio. In questo consiste la santità, poiché Dio ci ama e tutto ciò che vuole, lo vuole per il nostro bene» (2).
In effetti, se facciamo un piccolo esame di coscienza in rapporto a questa breve formula, possiamo verificare come ciò che ci angustia o tormenta – e quindi rallenta nel cammino della perfezione cristiana –, solitamente è sempre ciò che non corrisponde al nostro volere, ai nostri progetti e tante volte alle nostre illusioni che non si realizzano. Anche santa Teresina di Gesù Bambino, che era una santa “dai grandi sogni”, scriveva in modo molto concreto: «Una cosa sola desidero: la volontà di Dio» e con tale determinazione è diventata un gigante di santità.
Ma l’esempio più perfetto lo abbiamo pensando a Maria Santissima e al suo “fiat mihi” sempre ripetuto nella sua profonda unione a Dio (Dominus tecum), in ogni circostanza, in ogni sfumatura. Ecco perché per san Massimiliano quella “V” grande a cui possiamo e dobbiamo aderire, corrisponde alla volontà di Dio come alla volontà dell’Immacolata. «Fare la Volontà dell’Immacolata significa fare la Volontà di Dio», diceva, non trovando tra le due alcuna differenza, anzi, facendo la volontà dell’Immacolata siamo più sicuri di fare quella di Dio, perché Lei stessa ci aiuta a farla nel modo migliore.
Un altro bellissimo esempio di tale fusione di volontà nella santità più alta, lo rileviamo nella vita del beato Mario Borzaga, martire nel Laos del 1960. Il giovane padre Mario, oblato di Maria Immacolata, desiderava moltissimo il martirio, ma capì subito che la sostanza di questo desiderio la ritrovava principalmente nel vivere fedelmente ed eroicamente la sua vita religiosa. Tra le intenzioni della sua prima Messa, antepose la richiesta di vivere fedelmente fino alla morte la propria regola (ossia adempiere ogni giorno la Volontà espressa di Dio per lui) alla tanto desiderata grazia del martirio; due grazie che si sono richiamate a vicenda. Scrisse così il suo proposito: «Stamane avevo pensato di chiedere al Cristo, nato da me [allude al miracolo della transustanziazione eucaristica avvenuto sull’altare per le sue mani sacerdotali], la grazia assicurata del martirio, dell’apostolato alla san Francesco Saverio, della predicazione e del ministero fecondo; e invece chiesi di osservare sempre alla perfezione la Regola dei Missionari Oblati di Maria Immacolata: la grazia da oggi è stata concessa. Finalmente riconciliato; ci voleva il Sacrificio dell’altare! Viva Maria!» (3). Si rivolse, allora, all’Immacolata per chiederle quotidianamente di riuscire ad essere fedele a tanto grande proposito, consapevole che «Ella è l’unica che mi può aiutare ad osservare la mia Regola. La Regola per me è l’unica scorciatoia alla santità. La Regola che mi ha dato in mano l’Immacolata come testimone del suo Amore per me e che io devo amare» (4).
Il suo amore alla Regola, nell’abbandono all’Immacolata, fuse molto in fretta la sua piccola “v” minuscola con la grande “V” e morì a soli 27 anni come martire, con l’amore all’Immacolata nel cuore. Anche lui, come san Massimiliano aveva capito che la santità si riassume in quella piccola formula che scioglie la propria volontà in quella di Dio, attraverso l’intercessione materna dell’Immacolata.
Note
1) Le Conferenze di San Massimiliano M. Kolbe, Casa Mariana Editrice, Frigento 2014, n. 67 (abbrevieremo CK).
2) CK 67.
3) Padre Mario Borzaga, OMI, Diario di un uomo felice, p. 173, in occasione della celebrazione della sua prima Messa, data 25 febbraio 1957.
4) Ivi, p. 191.