Durante la sua giovinezza, anche padre Pio fu chiamato al servizio militare. I suoi superiori militari, vedendo la sua mancanza di competenza e di allenamento, ma anche la sua dolcezza e la sua estrema umiltà, lo destinarono ai lavori più ingrati e meno desiderati. Fu piantone, spazzino, turabuchi... un po’ lo zimbello di tutti.
Ma non era questo che gli riusciva penoso. Per amore del suo Signore crocifisso, ogni pena gli sarebbe sembrata dolce. Ma la promiscuità della caserma, le disinvolture e la libertà di comportamento dei suoi camerati (si trattava di retrovie e non del fronte, su cui aleggia sempre l’ombra solenne della morte), una dissolutezza semplicemente messa in mostra, un linguaggio fiorito di parolacce, imprecazioni e bestemmie, tutto questo lato triste, deplorevole, lo faceva atrocemente soffrire [...].
Ma Iddio aveva le sue idee, come sempre sconcertanti e salutari. Votato ai peccatori, padre Pio doveva apprendere che cosa è il peccato e non per mezzo di libri, ma vedendolo da vicino, mostruosamente sfacciato, quasi una sfida alla Giustizia infinita. E non conosce solamente il peccato. Impara ad amare i peccatori. Attraverso il fango che li sfigura, il suo sguardo affinato dalla grazia, discerne delle anime immortali, legate al peccato da catene tenaci, ma figlie di Dio. Nel fuoco della prova, questo contemplativo a poco a poco diventa apostolo. [...].
Intanto il Carnefice divino ebbe pietà della sua vittima. La libertà venne sotto forma di malattia, che gli valse un congedo di convalescenza a Foggia prima, poi a Pietrelcina. Di ritorno a Napoli, egli ricade ammalato, con grande stupore dei medici e fu di nuovo mandato in licenza per sei mesi. Questa volta i suoi superiori lo inviarono a San Giovanni Rotondo.
Alla fine di questa tregua, Francesco Forgione mancò all’appello e fu dichiarato disertore. Proprio allora il brigadiere dei carabinieri di Pietrelcina ricevette l’ordine di cercare e di rinviare ad ogni costo con scorta, l’individuo chiamato Francesco Forgione.
Carta alla mano, il Maresciallo fece il giro della borgata, ma nessuno poté dirgli dove dimorava un certo Francesco Forgione, soldato della fanteria reale e disertore. Conoscevano bene padre Pio, ma dal tempo in cui giovanissimo, egli era entrato fra i cappuccini, avevano dimenticato il suo nome e cognome di nascita. Forse il Maresciallo non fece che una investigazione superficiale, in ogni modo il risultato fu negativo. Qualche tempo dopo egli comunicò all’Alto Comando di Napoli che, malgrado tutti i suoi sforzi, non aveva trovato la minima traccia di Francesco Forgione. [...].
Partì per una nuova ricerca che sarebbe rimasta infruttuosa se, per combinazione, non avesse incontrata la sorella di padre Pio, maritata.
«Donna Felicia – le dice estraendo la carta dalla tasca – conoscete per caso un tale chiamato Francesco Forgione?». «Certo che lo conosco – replicò Donna Felicia – è mio fratello!». «Come! vostro fratello? Sarebbe dunque padre Pio?» esclamò il povero Maresciallo completamente sbalordito. Perché, naturalmente, egli conosceva bene il giovane Cappuccino ma non l’avrebbe mai identificato con questo fuggiasco e bandito che gli avevano ordinato di cercare. Informato del luogo della sua dimora, egli scrisse subito a San Giovanni Rotondo e chiese al suo collega di rinviare al più presto a Napoli il fantaccino Francesco Forgione. Intanto, per una dimenticanza provvidenziale, non precisò il suo nome religioso. Così, dopo una buona quindicina di giorni, egli ricevette una risposta debitamente lambiccata come e quando il tale chiamato Francesco Forgione era sconosciuto a San Giovanni Rotondo. «Come sconosciuto?» scattò il brigadiere di Pietrelcina: «Me l’ha detto proprio sua sorella!». Nuove ricerche, nuove investigazioni, nuovi interrogatori assolutamente infruttuosi. A San Giovanni Rotondo non si conosceva neppure la famiglia Forgione! L’Alto Comando di Napoli cominciava ad impazientirsi. I carabinieri, vivamente rimproverati, non sapevano più dove battere la testa. Il disertore Francesco Forgione restava introvabile. Finalmente, un bel giorno, il brigadiere di San Giovanni Rotondo suonò alla porta del convento dei Cappuccini e confidò le sue noie al Frate Portinaio. «Come? Voi cercate Francesco Forgione? Egli è qui con noi! È padre Pio». Poco mancò che il brigadiere non cadesse svenuto. «Padre Pio?». Perbacco! Tutti in paese lo conoscevano e lo stimavano. Padre Pio disertore! Intanto non c’era da tergiversare. L’ordine era chiaro e carico di minacce. Informato, padre Pio prese immediatamente il treno. Appena arrivato a Napoli, si presentò al capitano che corrugò severamente le sopracciglia: «Soldato Forgione, sapete che voi siete stato dichiarato disertore?». Padre Pio non si turbò per nulla. «Ma no, capitano! Non sono disertore. Ecco i miei permessi di congedo. Leggete: “In licenza per sei mesi, poi aspettare ordini”. Ho obbedito. Ho atteso... L’ordine non mi è pervenuto che ieri. Sono partito subito...». Il capitano gli fissò lo sguardo in viso, stupefatto. Aveva ragione! E dire che tanti poveretti da quasi un anno si erano rovinati il fiele a causa sua! La corrispondenza del suo caso aveva finito per formare un imponente incartamento... «Va bene, va bene!» borbottò. «Potete andare».
Il fantaccino Francesco Forgione uscì dall’impiccio con un’aria perfettamente innocente. Se il suo buon Angelo si è divertito a prolungare questo... qui pro quo per ragioni profonde ed inscrutabili, non era affar suo: egli aveva obbedito! E, pensa egli, “per fare la guerra, ho delle armi diversamente efficaci che quelle che si sforzano di farmi maneggiare”.
di Maria Winowska,
Il vero volto di Padre Pio,
pp. 69-70, 74-76