Il tempo del pellegrinaggio terreno ci è dato perché attraverso i Sacramenti, le sofferenze liberamente accettate e sopportate, le opere di carità verso i bisognosi possiamo avvicinarci sempre più a Dio. Il cammino terreno non è spesso sufficiente a renderci «senza macchia né ruga» (Ef 5,27) e quindi, dopo la vita temporale, l’anima deve attendere a liberarsi da tutte quelle scorie che le impediscono di presentarsi al cospetto di Dio Padre e di Cristo Salvatore. [...].
Padre Pio, scrivendo ai suoi discepoli, descrive la vita del convento, tutta tesa alla purificazione, con la mortificazione delle passioni come l’egoismo, la superbia e le cattive abitudini acquisite nell’ambiente d’origine. Per analogia, possiamo paragonare la vita conventuale alla condizione in cui si trovano le anime nel Purgatorio.
Preciso, a scanso di equivoco, che ho detto “Purgatorio” e non “inferno”. Se hai dei dubbi, puoi provare diventando anche tu un bel frate, così potrai costatare che, dopo un periodo di formazione-purificazione, vivrai come in paradiso. Non ci credi? Provaci! Ora, però, vediamo cosa scrive padre Pio: «Sappiate bene cosa significa il chiostro, affinché non abbiate a sbagliare. Esso è l’accademia dell’esatta correzione, in cui ogni anima deve imparare a lasciarsi maneggiare, piallare e lisciare, affinché essendo bene lisciata e spianata, possa essere congiunta alla volontà di Dio. Il contrassegno evidente della perfezione è il volere essere corretti, poiché questo è il frutto principale dell’umiltà, che ci fa conoscere che ne abbiamo bisogno». [...].
A conferma della necessità dell’espiazione, possiamo riportare l’episodio dell’apparizione di un’anima del Purgatorio a fra’ Pietro, un fratello non chierico che era membro della fraternità di San Giovanni Rotondo. [...]. L’avvenimento si verificò nel 1945 ed è riportato da padre Francesco Napolitano. Come era consuetudine, a quel tempo i frati si alzavano a mezzanotte ed andavano nel coretto della chiesa per la recita del divino Ufficio. [...] [Quale non fu lo shock di fra’ Pietro, ritornato in cella dopo l’Ufficio] nel vedere seduto nella sua camera un giovane frate, con il cappuccio in testa e in atteggiamento di meditazione. Vedere un frate che prega è sempre piacevole, ma non poteva andare a pregare in chiesa senza dare fastidio ad altri?
Il povero fra’ Pietro non poteva mai immaginare che quel frate in preghiera era un’anima che scontava la pena ed aveva scelto la sua camera come purgatorio. Passato il primo spavento, si fa coraggio e chiede ad alta voce: «Ma chi sei? Non è tempo di scherzi! Ed ora se ne è saltato completamente il sonno!». L’unica risposta, però, è la scomparsa immediata del frate orante.
A questo punto lo spavento prende il sopravvento in fra’ Pietro, le gambe cominciano a tremare. In questi casi il punto di riferimento era padre Pio, perciò fra’ Pietro, prima che le gambe gli facciano completamente cilecca, corre da lui. Senza troppi convenevoli, bussa alla sua porta ed entra.
Da qualche minuto appena padre Pio si era rimesso a letto e, nel vedere il confratello pallido e spaventato, cerca di capire cosa sia successo. Deve anche sforzarsi per afferrare il racconto, perché fra’ Pietro non riusciva neppure a parlare; cerca di tranquillizzarlo e nello stesso tempo gli dà la spiegazione dell’episodio: «Il giovane frate che è venuto nella tua camera è un novizio che sta facendo il purgatorio anche nella tua stanzetta. Raccomandalo alla misericordia di Dio, affinché possa presto giungere in Paradiso. Stai sicuro! Non ti spaventerà più».
Dopo queste assicurazioni, fra’ Pietro si ritirò nella sua cella per rimettersi a dormire, ma dormì veramente?
Marciano Morra,
Il mistero del dolore in Padre Pio
e gli angeli del conforto, pp. 403-407