La filosofia di Feuerbach presenta elementi di forte influenza hegeliana, ma in alcune conclusioni se ne discosta. Per il Filosofo tedesco Dio sarebbe un prodotto del pensiero umano e fonte di alienazione dalla realtà. Il suo pensiero, però, presenta delle contraddizioni sia in linea teorica sia nella vita concreta.
Il tedesco Ludwig Feuerbach nacque a Landshut, in Baviera, nel 1804 e morì a Norimberga nel 1872. Hegel ce lo ha sulla coscienza: ascoltando le sue lezioni a Berlino, Feuerbach si entusiasmò alla filosofia e decise di non abbandonarla.
Sentite che nobiltà di ideali manifesta Feuerbach: «La teoria degli alimenti è di grande importanza etica e politica. I cibi si trasformano in sangue, il sangue in cuore e cervello, in materia di pensieri e sentimenti. L’alimento umano è il fondamento della cultura e del sentimento. Se volete far migliorare il popolo, in luogo di declamazioni contro il peccato, dategli un’alimentazione migliore. L’uomo è ciò che mangia».
L’uomo, pertanto, altro non sarebbe che la sua pancia. Un’affermazione del genere è non solo di uno squallore abissale, ma è anche palesemente contraddittoria. Dire che l’uomo è solo il suo corpo è una chiara attestazione che l’uomo non è solo il suo corpo. Guarda caso solo l’uomo può essere “materialista”, l’animale, che è davvero solo materia, non può essere “materialista” perché non può teorizzare il materialismo. L’assurdità del materialismo è che per dire che esiste solo materia si deve teorizzare tale affermazione, il che dimostra che non esiste solo la materia ma anche il pensiero che orienta la materia.
Viene da pensare ad un aneddoto che toccò al grande scienziato cattolico Louis Pasteur. Un giorno, un suo collega, sapendolo credente, gli disse: «Ma come fai tu, scienziato di grande fama, a credere che esista nell’uomo un’anima immortale?». Pasteur giustamente gli rispose zittendolo: «La tua stessa domanda me lo dimostra!». Infatti, solo l’uomo può avere il concetto di immortalità. Anche l’uomo che nega l’immortalità, deve poter pensare e teorizzare l’immortalità; e ciò è una dimostrazione che il suo essere non è riducibile alla materia.
Si sa però che se esiste la verità assoluta (ed esiste!), non esiste l’errore assoluto. E ciò, per certi versi, rende l’errore più pericoloso perché esso, affermando anche qualcosa di vero, può essere più difficilmente capito nella sua indubbia pericolosità. Ed è così che anche Feuerbach, tra tante sciocchezze, dice qualcosa di vero. E lo fa nel momento in cui interpreta Hegel. Nei suoi Pensieri sulla morte e l’immortalità, criticando la religione, afferma che l’immortalità individuale è incompatibile con il pensiero hegeliano, proprio perché tale pensiero ha un fondamento panteistico, dunque immortale sarebbe solo l’umanità storica in divenire. Analisi indubbiamente corretta, perché logicamente l’impostazione hegeliana causa questa deriva.
Ma torniamo alle sciocchezze.
Nell’opera Essenza del cristianesimo Feuerbach interpreta la coscienza religiosa in termini di “alienazione”. Non sarebbe Dio ad aver creato l’uomo, ma il contrario: è l’uomo ad aver creato Dio, per porre in Dio stesso la realizzazione dei propri intimi ma irrealizzabili desideri.
Da qui, però, sempre secondo Feuerbach, scaturirebbe un problema, e cioè che, pensando a Dio, l’uomo si alienerebbe dalla vita e di conseguenza s’impoverirebbe. La filosofia, pertanto, dovrebbe aiutare l’uomo a prendere consapevolezza di tutto questo... peccato che nemmeno lui, con la sua filosofia, riuscì a salvare se stesso: morì dimenticato da tutti e in miseria nel 1872.
Questo particolare (la brutta morte che toccò a Feuerbach) non è di poco conto. Proprio la società attuale dimostra quanta alienazione vi sia in conseguenza non solo della perdita dei valori fondamentali, ma anche della perdita di quel Senso ultimo della vita che solo il riconoscimento di Dio può conferire. Certi malesseri sociali sono l’esito inequivocabile di un disorientamento esistenziale la cui causa è molto chiara, ed è appunto la perdita del Significato e del Fine. L’uomo, quando non sa dove andare, finisce con il ciondolare, è solo quando ha chiara la mèta che il suo passo diviene spedito e costante.