PASSIONE
Vestiti di Gesù. San Marco e il Beato Rolando Rivi
dal Numero 14 del 9 aprile 2017
di Paolo Risso

“Seguire Gesù fino alla morte, piuttosto che spogliare la propria anima della Grazia di Dio”, questa è la divisa dei Martiri di ogni tempo; lo fu del giovane san Marco, Evangelista e Martire, come del candido ed eroico seminarista Rolando Rivi.

C’è un breve episodio narrato soltanto dal Vangelo di Marco, che già mi piaceva da bambino. A suo riguardo, scrive il Padre Giuseppe Ricciotti nella sua famosa Vita di Cristo (Mondadori, Milano 1968, pp. 125-126; 640-641) che il medesimo episodio commuoveva anche Gabriele D’Annunzio, che pur non essendo un uomo di Chiesa, ne annotò in una sua opera (Contemplazione della morte, cap. XV, aprile 1912).
Siamo nel giardino del Getsemani, la sera inoltrata del Giovedì Santo, la sera dell’agonia e del sudore di Sangue di Gesù. Arriva Giuda e lo bacia con gesto traditore infame. Gli armati del sinedrio mettono le mani addosso a Gesù e lo arrestano. «Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono». Ed ecco il “fatterello”, messo lì come un masso erratico, apparentemente insignificante. Tutti (i suoi Apostoli stessi) fuggono, ma «un giovanetto lo seguiva, vestito soltanto di un lenzuolo sul suo corpo, e quelli lo catturarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo» (Mc 14,51).

“Tredicesimo Apostolo”

Diversi commentatori antichi, gli studiosi più seri, sostengono che questo ragazzo è lo stesso Evangelista Marco, il quale narrando questo fatto ha come messo la firma al suo Vangelo.
Ecco, sappiamo che Marco non era dei dodici Apostoli, ma quando Gesù fu arrestato, era soltanto un adolescente, figlio di madre piuttosto ricca, che si chiamava Maria (cf. At 12,12) e aveva la casa vicino al Getsemani, a Gerusalemme. Così sicuramente “Marcolino” vide Gesù nella sua predicazione e ne fu affascinato. La notte dell’arresto, la sera del Giovedì prima della Pasqua, sentì il baccano nel giardino e scese a vedere vestito soltanto di un telo ai fianchi (gli ebrei erano molto pudichi e mai ne avrebbero fatto a meno) e avvolto in un lenzuolo (segno che era di famiglia benestante; i poveri dormivano vestiti, coperti del mantello da viaggio).
Doveva essere vivace, spiritoso, coraggioso, un po’ incosciente e, vedendo il nobilissimo Rabbi di Nazareth, legato e strattonato dai soldati del sinedrio e abbandonato dai suoi amici, si mise a seguirlo senza paura, per fagli un po’ di compagnia.
(Anche oggi ci sono dei ragazzi come “Marcolino”, i quali, nonostante il tintinnio dei 30 denari di tutti i Giuda di questo nostro tempo, anche a costo di perdere la faccia, si mettono impavidi a seguire Gesù).
Ma i soldati del sinedrio, vedendosi spiati, lo acciuffarono per il lenzuolo (= una sindone pregiata, dice il Vangelo di Marco); lui però scappò lasciando il lenzuolo nelle loro mani, e fuggì via vestito soltanto del telo ai fianchi. Così, a pensarci bene, questo ragazzo coperto solo della sua pelle, nella notte del tradimento degli uomini ma pure dell’infinito amore di Gesù, e della sua Offerta suprema, è simile anche fisicamente a Gesù sulla croce, avvolto solo di lacrime e di sangue.
Insomma, il giovanissimo Marco, soprattutto per la sua fede e il suo amore che già lo anima per il divino Maestro, quindi per la sua sequela a Gesù, nonostante gli sgherri, infine per essere stato lasciato spoglio di tutto, è già un “piccolo Gesù”.
Questo episodio di un solo versetto (cf. Mc 14,51) è narrato da Marco nel suo Vangelo e solo lui lo racconta, e pertanto, ripetiamo, questo ragazzo è lo stesso Marco che nel suo testo ha lasciato delicata e simpatica traccia di sé.
A me e a molti, questo ragazzo che si alza da letto e scende, così “com’era” a vedere che cosa capita e che cosa ne sarà di Gesù, rischiando di fare la stessa fine, e infine non ha paura di perdere la faccia per Lui, scappando coperto solo del telo ai fianchi, incute coraggio. Gabriele D’Annunzio, nel testo prima citato, lo chiama “il tredicesimo Apostolo”, che ha preso il posto di Giuda il traditore, e ne rimane incantato. Il grande esegeta P. M. J. Lagrange annota: «In fondo, in quella notte il giovanissimo Marco anch’egli aveva lasciato Gesù, ma aveva anche meglio compreso quanto Gesù meritasse di essere amato» (L’evangelo di Gesù Cristo, Morcelliana, Brescia 1943, p. 483). Un commentatore di oggi al riguardo scrive: «Questo ragazzo è simbolo del discepolo che deve arrivare sino a qui per essere veramente di Gesù. Solo dopo aver sopportato lo scandalo di un Dio che muore per amore nostro, sappiamo se siamo veramente credenti».
Sì, anche oggi, ci sono dei ragazzi come “Marcolino” che stanno dietro a Gesù anche quando sono canzonati, derisi e sbeffeggiati per Lui dagli “uomini di mondo” perché non si accodano a loro e non ne prendono “la tessera”, come fanno invece purtroppo certi uomini di Chiesa.
Marco diventerà adulto e, poco tempo dopo la Risurrezione di Gesù, si metterà deciso alla sua sequela, frequentando i grandi Apostoli Pietro e Paolo, come narrano gli Atti degli Apostoli. Si rivestirà di Gesù stesso. Non sarà più spoglio come quella sera nel Getsemani e, vestito di Gesù, seguirà l’Apostolo Pietro, il primo degli Apostoli, il primo Papa – fino a Roma, così che san Girolamo lo definirà “interprete di Pietro”. Scriverà il Vangelo, raccogliendo la predicazione di Pietro e Pietro approverà il suo scritto – il Vangelo di Marco –, pare il più antico, comunque risalente a prima del 50 d.C., quindi a meno di 20 anni dai fatti di Gesù.
Insomma, Marco non scapperà più nella notte, ma si offrirà alla vocazione di Gesù, alla missione di Gesù, sarà Evangelista, Apostolo e infine Vescovo di Alessandria d’Egitto. Lì, davvero non fuggirà più, come quella sera da ragazzino, ma immolerà la sua vita per Gesù. Evangelista e Martire.

Sempre la talare

Giovanissimo, Marco doveva essere “una testa calda”, calda di amore a Gesù, se scese dalla sua casa nel Getsemani, rischiando la pelle: non era certo un ragazzo spento, come tanti di oggi, ma viveva l’inizio del suo innamoramento per Gesù.
Sulle sue stesse orme, tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, Rolando Rivi, nato a San Valentino (Castellarano-Reggio Emilia), il 7 gennaio 1931 da umile cattolica famiglia, era della stessa “razza” di Marco. Giovane come lui, si riveste di Gesù nel Battesimo. Si riveste, più bello ancora di Gesù, nella Santa Messa e Comunione Eucaristica, tutte le domeniche, poi tutti i giorni.
Rolando cresce nella sua famiglia e nella sua Parrocchia alla scuola di un Parroco esemplare, Don Olinto Marzocchini (1888-1972), e di un vice Parroco, Don Alberto Camellini (1919-2009), un vero “ardito” di Cristo e trova tutto per alimentare il suo rapporto sempre più intimo con Gesù, l’istruzione vera e sicura, la preghiera personale, il Santo Rosario a Maria Santissima, la preghiera liturgica solenne, che lo invade di gioia. Diventa un piccolo innamorato di Gesù, Rolando, di Gesù Crocifisso ed Eucaristico, che vive di Lui. È già umile e forte testimone e apostolo di Gesù.
Ancora di più lo sarà, quando undicenne entra in Seminario a Marola. Come allora si usa, subito veste l’abito talare che è il segno che ogni giorno di più si riveste di Cristo. In Seminario, si distingue perché passa dal gioco scatenato alla preghiera più estatica davanti a Gesù-Ostia, “piccino” tutto di Gesù, sì, piccolo mistico. Due anni di Seminario così, “l’immagine del Seminarista santo”, come dice di lui il suo amico Don Antenore Vezzosi, che prenderà il suo posto nell’ascesa al Sacerdozio.
Quando torna in vacanza, d’estate, a San Valentino, non lascia l’abito talare neppure per giocare a pallone, e ripete a chi gli chiede di “stare più comodo” come gli altri ragazzi suoi coetanei: «Non posso, non voglio togliermi l’abito talare. È il segno che io sono di Gesù”. Quando nel giugno del 1944 torna a casa perché il Seminario è stato chiuso per motivi di guerra, Rolando, pur in mezzo all’odio dei partigiani comunisti che non sopportano quell’abito, continua con lo stesso stile, con la veste nera. Il “pretino” proclama a tutti: “Io sono di Gesù”.
Ha un grande ascendente sui compagni, sui coetanei. Anche molti adulti sentono il suo fascino, che è lo stesso fascino di Gesù che si irradia da lui. Rolando sente l’odio dei comunisti che uccidono i Preti: circa dieci solo nella sua diocesi di Reggio. Ma non scappa, non si camuffa, non scende a patti. Non scapperà neppure quando gli aguzzini comunisti il 10 aprile 1945, lo rapiscono a un passo da casa sua e lo consegnano ad altri, “i macellai” di Monchio, dove hanno la loro base.
Lì lo spogliano della talare e ne fanno “un pallone” e la prendono a calci. Lo spogliano dei suoi indumenti, come Gesù nel pretorio di Pilato, e lo flagellano per tre giorni, vestito solo di lacrime e di sangue, come Gesù alla colonna della sua flagellazione. Ci sarà uno di quei brutti ceffi che in seguito si vanterà di aver fatto a brandelli le spalle e la schiena di Rolando con la sua cinghia di cuoio.
Infine lo portano nel bosco di Piane di Monchio, la sera del 13 aprile 1945, un venerdì, come quando Gesù morì sulla croce. Scrive Andrea Zambrano nel suo bellissimo libro Rolando Maria Rivi, il martire bambino (Imprimatur Editore, Reggio Emilia 2014, pp. 110-111): «Rolando non disperò sulla sua sorte, ma affrontò con coraggio e fede l’estremo sacrificio. Spogliato della sua veste, toltagli per acuire lo sprezzo verso la sua fede, ebbe paura e sgomento, ma non indietreggiò di fronte a quel destino. Semplicemente pregò. Proprio come sa fare un Santo martire». Due colpi di rivoltella lo finirono nel suo sangue.
Aveva soltanto 14 anni. Il 5 ottobre 2013, la Chiesa ha celebrato a Modena la sua beatificazione: il beato Rolando Rivi, il primo Seminarista beato come martire, modelli per i ragazzi e per tutta la Chiesa. Era della stessa “razza” di “Marcolino”, che seguì Gesù per un pezzo quando fu arrestato, e poi diventò suo Apostolo ed Evangelista. Della stessa “razza” dei ragazzi martiri e dei Martiri cattolici di ieri e di oggi. Noi abbiamo bisogno di ragazzi e di giovani come Marco e come Rolando, che oggi non abbiano paura e sappiano perdere la faccia per Gesù. La Madonna li prepara anche oggi. «Il sangue dei Martiri – scrisse Tertulliano – è seme di nuovi Cristiani». Ci sono anche oggi. Vestiti davvero di Gesù.

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