Cari Padri, recentemente mi è capitato di leggere questo passo del Vangelo di Matteo, in cui Gesù afferma: «Perciò io vi dico: qualunque peccato e bestemmia verrà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non verrà perdonata. A chi parlerà contro il Figlio dell’uomo, sarà perdonato; ma a chi parlerà contro lo Spirito Santo, non sarà perdonato, né in questo mondo né in quello futuro» (Mt 12,31-32). Questo significa che chi compie un peccato contro lo Spirito Santo è già condannato all’inferno, anche se dovesse pentirsi? E l’infinita misericordia di Dio che ruolo ha in questo caso? Grazie.
Carissimo lettore, la domanda che ci poni riguarda effettivamente uno dei passi di più difficile interpretazione della Sacra Scrittura (Mt 12,31-32) e da cui sorgono molte questioni teologiche. Prendere troppo letteralmente questo passo biblico ci condurrebbe infatti non solo a negare la misericordia di Dio, ma di fatto anche la sua onnipotenza: è dogma di fede che Dio e la Chiesa possono perdonare tutti i peccati e nessuna categoria di peccati è esclusa da questo perdono. Nella Chiesa antica già era viva la fede nella possibilità di perdono di tutti i peccati e il magistero ribadito questo ha a più riprese; si legga ad esempio quanto scrisse papa Gelasio I nel 495: «Non c’è alcun peccato per la cui remissione non preghi la Chiesa o che per il potere datole dall’Alto la Chiesa non possa perdonare. [...] In “tutto ciò” è compreso tutto, per quanto grande possa essere e qualunque esso sia”. Un’interpretazione troppo letterale del passo ci condurrebbe anche a conclusioni assurde, come ad esempio sostenere che una bestemmia contro lo Spirito Santo non sia perdonabile, mentre quelle contro il Padre e il Figlio sì. Dunque, quando nel passo di san Matteo si parla di peccati contro lo Spirito Santo, non si sta parlando di una categoria specifica di peccati, bensì di un radicamento tale nel peccato o di una situazione concreta dell’anima che esclude la stessa possibilità concreta di pentimento e quindi di perdono da parte di Dio. Il Catechismo Romano dice a proposito: «Bisogna intendere tale sentenza nel senso che il perdono è oltremodo difficile. Come una malattia vien detta insanabile quando il malato respinge l’uso della medicina, così c’è una specie di peccato che non si rimette né si perdona perché rifugge dalla grazia di Dio, che è il rimedio suo proprio». Non è quindi una mancanza da parte di Dio o da parte della Chiesa che impedisce tale perdono, bensì la situazione dell’anima che rifiuta la grazia del perdono, ostinandosi a non riconoscere l’onnipotenza e la bontà di Dio. Guardando infatti al contesto della pericope evangelica è evidente che non si sta parlando di una categoria specifica di peccati, quanto piuttosto di un deliberato rifiuto di vedere la bontà di Dio nelle sue opere e nei suoi stessi miracoli, attribuendoli anzi a satana. Pertanto il CCC scrive: «L’uomo è scusabile se si inganna sulla dignità divina di Gesù, velata dalle umili apparenze del Figlio dell’uomo, ma non lo è se chiude gli occhi e il cuore alle opere evidenti dello Spirito. Negandole, egli rigetta la proposta suprema che Dio gli fa e si mette fuori della salvezza». In tal senso, sulla scorta di san Tommaso d’Aquino, si è soliti individuare sei peccati contro lo Spirito Santo, che designano però non tanto categorie di peccati, quanto situazioni dell’anima umana che rendono difficile e quasi impossibile la vera conversione e l’accettazione della grazia divina, ovvero: impugnazione della verità conosciuta, invidia della grazia altrui, disperazione della salvezza, presunzione di salvarsi senza merito, impenitenza finale e ostinazione nel peccato.