IL MEDICO
A proposito di pasta
dal Numero 43 del 3 novembre 2013
di Giuseppe Errichiello

La pasta alimentare, tipica della dieta mediterranea, non è sempre la stessa, infatti esistono vari tipi di pasta che sono frutto di un processo tecnologico studiato minuziosamente. Pertanto in ogni passaggio di questo processo si conservano o si perdono alcune qualità organolettiche del prodotto finito. Quest’ultimo, per essere di buona qualità, deve innanzitutto essere di grano duro, con una giusta ed attenta selezione della miscela di grani. La miscela deve avere un giusto contenuto di glutine che sarà un elemento discriminante. Infatti, chi pensa alla pasta semplicemente come una fonte di zuccheri (carboidrati), commette un grosso errore perché è nella quota di proteine che risiede la qualità nutrizionale ed organolettica. Infatti sarà il buon contenuto di glutine della frazione proteica che garantisce un prodotto che al termine della cottura manterrà un’elevata elasticità e consistenza e limiterà al minimo la perdita di amido (con conseguente riduzione dei valori nutrizionali) nell’acqua di bollitura. Pertanto la buona pasta, non fa ingrassare, anche se va tenuto in considerazione il suo apporto calorico quale fonte di carboidrati. Però bisogna considerare che in ogni dieta equilibrata i carboidrati devono essere il primo ed il più importante dei macronutrienti; infatti il 55-60% circa delle calorie totali di una dieta dovrebbe provenire dai carboidrati, in quanto pasta e affini (riso, pane, ecc.), nonostante il significativo apporto calorico, sono molto meno responsabili del sovrappeso rispetto a proteine e lipidi, in quanto i carboidrati vengono smaltiti molto rapidamente dal nostro organismo e, in presenza di bassi apporti di altri macronutrienti (carni, formaggi, uova, ecc.), le calorie fornite da essi vengono più facilmente disperse sotto forma di calore piuttosto che essere accumulate.
Però bisogna considerare che non tutti i carboidrati sono uguali. Infatti gli zuccheri semplici e raffinati (quelli dei dolci) sono nocivi, perché quando sono consumati in eccesso favoriscono un rapido accumulo di energie che non potendo essere dissipata viene accumulata attraverso complicati meccanismi metabolici in riserve (glicogeno, grassi, ecc.). Gli zuccheri complessi, invece, come l’amido (il costituente principale della pasta) sono i migliori, e questo a causa del loro ridotto indice glicemico (un basso indice glicemico provoca una più prolungata sazietà, un peso migliore ed un minore rischio di ammalarsi di diabete). Nella dieta ideale si ottengono migliori risultati se ai carboidrati si associa un largo consumo di fibre alimentari, per cui gli alimenti integrali sono certamente raccomandabili per la nostra salute. Infatti ne scaturisce innanzitutto una buona funzione intestinale, consentita direttamente dalla fibra ed indirettamente da quella quota indigerita di amido che, raggiungendo la parte terminale dell’intestino, favorisce la crescita di una flora intestinale benefica.
Pertanto esistono paste con alto contenuto di fibre, a basso indice glicemico, che rallentano l’assorbimento dei carboidrati, riducono il picco glicemico ed apportano un maggior senso di sazietà. Queste paste sono in grado di fornire anche meno di 300 calorie per 100 g, contro le 350 circa di una pasta normale. Invece la cosiddetta pasta Kamut, di gran moda, non rappresenta una particolare varietà di grano, ma un marchio registrato per commercializzare una varietà di grano (il Khorasan) che viene coltivato esclusivamente con metodo biologico e con un alto standard di qualità. Rispetto ad altri tipi di grano apporta più proteine e una percentuale maggiore di alcuni sali (selenio, zinco e magnesio) ed ha una migliore digeribilità, ma essendo ricca di glutine è particolarmente vietata ai soggetti sofferenti di celiachia. Questi soggetti, invece, possono consumare una pasta aglutinata o quella fatta con farine di riso e mais (ne esistono anche di tipo integrale).
Infine bisogna sfatare un luogo comune, infatti bisogna tener conto che la pasta al dente è più digeribile di quella scotta, come lo è una pasta lunga rispetto alla classica pastina. Ciò innanzitutto perché la prima digestione inizia in bocca (“prima digestio fit in ore” da Scuola Medica Salernitana) con la masticazione e perché nella saliva è presente un enzima, la ptialina, che permette una migliore digestione degli amidi della pasta. Pertanto se una pasta è al dente (e lunga) siamo costretti a masticare di più e quindi la digeriamo meglio.

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