RISPOSTA AI LETTORI
Cosa sarà il Paradiso?
dal Numero 42 del 30 ottobre 2016

Qualche settimana fa, il 1° ottobre, è morta la mia nonna materna, in seguito ad alcune complicazioni di salute. Nonostante avesse già 83 anni, era molto lucida e la sua presenza a casa era molto sentita. Ho sofferto tanto per questa separazione, anche perché sono praticamente cresciuto con lei, e con lei ho imparato anche a pregare e a credere in Gesù. Negli ultimi tempi pregava sempre, e mi diceva che avrebbe sempre pregato per me. Io credo che dal cielo continui a farlo e a volte mi soffermo a lungo a pensare: chissà cosa provano quelli che vanno in Paradiso? So che è un luogo di felicità piena, ma si sa qualcosa di più?

Marco G.

Caro Marco, certamente le persone care che muoiono in grazia e quindi, subito o dopo un periodo di purificazione, vanno in Paradiso, continuano a pregare per noi, infatti il legame di carità che ci unisce sulla terra non si spezza con la morte ma si rafforza ulteriormente in coloro che sono fissati per sempre nella Carità di Cristo. Per quanto riguarda il Paradiso, san Paolo avverte che «noi non possiamo immaginare ciò che Dio riserva a coloro che lo amano, poiché né occhio d’uomo ha veduto, né orecchio ha inteso, né cuore ha provato queste meraviglie» (cf. 1Cor 2,9). Sebbene sia dunque una realtà ineffabile, è comunque bene riflettere su ciò che di esso dice la Dottrina cattolica. Il Paradiso è l’unione perfetta dell’anima con Dio, nell’ordine soprannaturale. Mediante la Grazia noi diveniamo figli di Dio e, di conseguenza, suoi eredi. Sulla terra la fede ci fa, meglio della ragione, conoscere Dio; la speranza ci dà fiducia di arrivare al Cielo per la bontà di Dio; Dio noi lo amiamo con la carità soprannaturale, infusa dallo Spirito Santo nei nostri cuori; tale possesso di Dio, tale nostra “divinizzazione” iniziale, ci dà la maggior felicità che possiamo ora godere. Tutto questo però non è che una preparazione, che avrà compimento in Paradiso, quando la fede e la speranza cesseranno, e saranno sostituite dalla visione beatifica di Dio e dal suo possesso, quando la carità sarà amore perfetto e immutabile, quando la felicità diverrà piena e completa senza ombra di dolore, quando «vedremo Dio faccia a faccia, come Egli è» (cf. 1Cor 13,12) e Lo possederemo per sempre. Quaggiù noi non siamo mai completamente felici. Sempre, dopo aver raggiunto qualcosa, ne sentiamo l’insufficienza. Ciò avviene necessariamente, perché essendo ogni bene limitato e finito, noi non riusciamo a appagarci con esso. Solo quando avremo raggiunto Dio, l’Essere infinito e perfetto, avremo la vera felicità. Nulla all’infuori di Lui potremo bramare; avendo Dio, avremo tutto e non potremo mai esaurire questo oceano senza rive e senza fondo.
La felicità nostra sarà sempre piena, nonostante che sarà diversa nei vari individui. Il grado della visione di Dio e della gioia in Cielo sarà proporzionato al grado di grazia e di carità col quale moriremo, in base a quest’ultimo infatti ci sarà concesso il “lume della gloria” che renderà possibile all’anima la contemplazione di Dio (cosa che sorpassa le nostre naturali capacità). Ciò è perfettamente giusto: chi è stato più unito a Dio durante la vita mortale, chi l’ha amato di più, è evidente che lo amerà e lo godrà maggiormente. Non sarebbe equo che un san Francesco d’Assisi fosse uguale in Cielo al peccatore che si è convertito a stento sul letto di morte. Quanto a ogni singola anima, nessuna si sentirà mancare qualcosa della sua felicità per essere inferiore alle altre, perché in Paradiso la nostra volontà sarà la Volontà di Dio e noi godremo nel fare il suo Volere. Tutto ciò dovrebbe farci riflettere su quanto è prezioso il tempo che ci è dato per meritare su questa terra. Se, ad esempio, pensassimo che per ogni Comunione di più che degnamente facciamo, noi otteniamo un aumento di grazia e perciò avremo un giorno una felicità maggiore in Cielo, una visione più profonda di Dio e una comunione più ardente con Lui per tutta l’eternità (e lo stesso vale per ogni dolore cristianamente sofferto, per ogni preghiera, per ogni opera buona compiuta e per ogni Sacramento ricevuto con le dovute disposizioni), allora capiremmo e apprezzeremmo il tesoro della Grazia e le parole di Gesù che dice: «Rimanete, rimanete nel mio amore» (Gv 15,9).

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