RECENSIONI
Il medico santo
dal Numero 8 del 14 febbraio 2023
di Lazzaro M. Celli

Il libro evidenzia il ruolo del medico santo e lo propone quale modello da imitare. Riscopre l’aspetto della missionarietà della professione e la necessità della pratica delle virtù per recuperare o perfezionare il rapporto di prossimità nella relazione con il paziente.

È provvidenziale il libro di Paolo Gulisano, Giuseppe Moscati. Il santo medico (Edizioni Ares, 176pp.), poiché si colloca nella realtà contemporanea caratterizzata da un grande disorientamento sanitario e può aiutare principalmente, ma non solo, coloro che operano nel settore. 
Il libro evidenzia il ruolo del medico santo e lo propone quale modello da imitare. Riscopre l’aspetto della missionarietà della professione e la necessità della pratica delle virtù per recuperare o perfezionare il rapporto di prossimità nella relazione con il paziente. Tale aspetto si rende tanto più necessario quanto più la medicina attuale involve verso un rapporto regolato da protocolli che considerano il malato un numero e sviliscono il fondamento umano, oltreché professionale, del prendersene cura. Non di meno può offrire una riflessione più generale sulla necessità della santità per la vita di ciascun uomo.
Il medico che vuole imitare san Giuseppe Moscati dovrebbe diventare una “cintura nera” della carità e votarsi alla santità di vita, poiché dovrebbe spendersi in uno spirito di servizio nei confronti del fratello bisognoso di cure e scorgere in lui il Volto sofferente di Cristo. Dovrebbe ancora considerare che il malato, oltre ad un corpo, ha un’anima da salvare. Il suo compito è quello di dare speranza e la sua missione somiglia a quella del sacerdote. 
Il libro si apre con un capitolo dedicato alla famiglia del Santo per evidenziare che è lì che si costruiscono i primi valori, dove si forgia la personalità del futuro uomo. Con un intuito che forse precorreva i tempi, il padre del Santo, lo stimato magistrato Francesco, cattolico serio, volle che i suoi figli frequentassero la scuola parentale; in questo modo avrebbe garantito loro una salda formazione cristiana. E tale fu la formazione del piccolo Giuseppe che, oltre ad un brillante studioso, divenne scienziato di fama, professionista dotato di una formidabile abilità diagnostica e ottimo cristiano che non esitava a dare ai poveri i proventi dei suoi guadagni. 
Nel libro si fa riferimento alle inevitabili difficoltà dei cattolici negli ambienti di lavoro inquinati dalla cultura post-risorgimentale, ostili alla Religione. Ne dovettero respirare l’aria sia Francesco che il figlio Giuseppe. Il minimo che potesse capitare era una sorta di isolamento, di ostracismo professionale. Ma san Giuseppe Moscati non era solo un medico cattolico, era anche l’eccellenza in campo professionale e, pertanto, anche i detrattori della fede non potevano che mostrargli rispetto.
Se dovessimo tracciare con sole due parole il tratto distintivo della professione di san Giuseppe Moscati dovremmo dire che è, senz’altro, quello del cultore della medicina che si prende cura del malato, non quello della medicina che abbandona il paziente per paura del contagio. Un libro, dunque, quanto mai attuale nel panorama odierno. 
L’Autore ripercorre le orme di Moscati, si sente in qualche modo un suo discepolo, vorrebbe emulare il maestro di vita e il professionista. Ma il medico santo è per lui anche l’amico con cui confrontarsi, il compagno di vita da ascoltare, con cui parlare e pregare per risolvere, se possibile, le situazioni più difficili. 
Tale atteggiamento ispiri anche noi ad avere un rapporto particolare con il santo cui siamo devoti e ci impegni a conoscerlo, in modo da poterlo imitare e lasciarci accompagnare da lui nel nostro pellegrinaggio terreno. 

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