MARIA SS.
25 marzo | Stringiti a Colei che generò un Figlio tale che i cieli non potevano contenere...
dal Numero 12 del 19 marzo 2023
di Suor Ostia del Cuore Immacolato

Con l’Incarnazione il grembo vergine di Maria diviene soave “chiostro” consacrato alla Santissima Trinità, capace di generare, insieme al Verbo di Dio, anche tutta l’umanità. Questo mistero, dunque, è per noi fonte speciale di grazia e di celesti favori.

La lettura di interi trattati di dogmatica non riuscirebbe ad esprimere e far penetrate sublimi pensieri e concetti nella mente e nel cuore dei Lettori più attenti, come invece sanno fare i santi, guidati dallo Spirito Santo, che li rende capaci di esprimersi in modo semplice e penetrante. 
Sapendo ciò, per riflettere sul più grande e meraviglioso mistero dell’amore di Dio per l’uomo – l’Incarnazione del Verbo – facciamo riferimento a santa Chiara d’Assisi, la santa che per la sua somiglianza alla Madonna è stata definita «impronta della Madre di Dio» (FF 3153), e, ancor più, «Matris Christi vestigium», per usare l’espressione di papa Alessandro IV. 
Non a caso, san Giovanni Paolo II con sguardo contemplativo ha potuto affermare che leggere la biografia e gli scritti di santa Chiara «significa immergersi totalmente nel mistero di Dio Uno e Trino e nel mistero di Cristo Verbo Incarnato, da restarne come abbagliati». Ed è in questo chiarore di luce mariano-trinitaria che santa Chiara ci suggerisce come “immergerci” nel mistero della Santissima Trinità che si china sulla sua “serva”, la Vergine Maria, e compie il miracolo dei miracoli: il Verbo Eterno assume la nostra carne nel talamo verginale dell’Immacolata, che diventa Madre di Dio. La mente umana non potrà mai arrivare a comprendere pienamente questo mistero di grazia: non possiamo far altro che... “restarne abbagliati”! 
Per introdurci in questo splendore di grazia, riportiamo una famosa espressione della Serafina d’Assisi, santa Chiara: «Stringiti alla sua [di Gesù] dolcissima Madre, la quale generò un Figlio tale che i cieli non potevano contenere, eppure Ella lo raccolse nel piccolo chiostro del suo santo seno e lo portò nel suo grembo verginale» (FF 2890). Penetrando bene il significato di questa espressione, possiamo capire, come direbbe il beato Tommaso da Celano, che «ubi magistralis scientia foris est, affectus introibat amantis [ciò che rimane inaccessibile alla scienza dei maestri era aperto all’affetto dell’amante]» (FF 689): allo stesso modo, la scienza insegnata da santa Chiara ha come principio base l’amore ardente e serafico; questo è stato il suo unico “motore di ricerca” e di crescita, capace di superare la più elevata speculazione in campo teologico-spirituale. 
Le parole di santa Chiara sono frutto di esperienza e vogliono portarci alla contemplazione di ciò che avvenne nel grembo stesso della Vergine Maria, quando lo Spirito Santo scese in Lei e «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Si noti subito che la Santa ci ammonisce di “stringerci” alla dolcissima Madre di Dio. Cosa significa? Prima di tutto osserviamo che il tono usato sembra un imperativo; santa Chiara dice infatti: “Stringiti alla sua dolcissima Madre...”! Queste parole, scritte quasi ottocento anni fa ma valide ancora oggi, principalmente stanno a significare che dobbiamo avvicinarci e donarci amorevolmente alla Madonna, così da trovare Gesù e tutta la Trinità in Lei.
Questa espressione, pertanto, ci sembra riassumere tutta la mariologia e la devozione mariana di ogni tempo. Santa Chiara ci sta dicendo, come san Luigi M. Grignion da Montfort e ancor più come san Massimiliano M. Kolbe, che «Gesù lo dobbiamo cercare attraverso Lei e in Lei, non in un altro luogo, ma solo in Lei» (CK 79). E quello “stringiti” potremmo equipararlo alla consacrazione illimitata all’Immacolata, la Piena di grazia (Lc 1,28), tanto raccomandata da san Massimiliano. Questi direbbe che con l’Incarnazione del Verbo «avviene il miracolo dell’unione di Dio con la creazione. A Lei, come alla propria Sposa, il Padre affida il Figlio, il Figlio discende nel suo grembo verginale, divenendo Figlio di Lei, frutto dell’amore di Dio e dell’Immacolata» (SK 1310). 
San Bonaventura da Bagnoregio, inoltre, ci descrive Maria Santissima come il «ricettacolo di tutta la Trinità e tabernacolo del Figlio di Dio, noi miseri e peccatori a Lei dobbiamo ricorrere per recuperare e riempirci di grazia». Ma l’intenzione di santa Chiara va oltre: l’invito a “stringerci” alla Madre di Dio diventa “la chiave” per penetrare nel mistero dell’Incarnazione e percepirne – per quanto sia possibile a una creatura – la trascendenza sublime che dilata i cieli, proprio come la Madre di Dio che, nella sua Verginità, “generò un Figlio tale che i cieli non potevano contenere”. Quest’ultima espressione sta a significare che il “piccolo chiostro” del suo grembo verginale ha raggiunto misticamente una dimensione che va oltre “i Cieli dei Cieli”, poiché l’Eterno, l’Infinito è disceso e ha preso dimora in Lei. Il contrasto è evidente: da una parte la vastità dell’Infinito e dall’altra un luogo piccolo, nascosto e invisibile agli occhi umani qual è il grembo di una madre. In questo contrasto lo Spirito Santo “dilata gli spazi” in una trascendenza che consacra la Maternità divina ad essere fonte di ogni maternità e di ogni grazia a Lei donata dalla Santissima Trinità. 
Commentando questo mistero, padre Stefa­­­­no M. Manelli scrive nel suo volume Maria Santissima nella vita spirituale: «L’Incarnazione del Verbo ha reso il corpo della Vergine Immacolata “più vasto dei cieli” come canta la Chiesa bizantina in un suo celebre inno. Si tratta, in effetti, di una “vastità” non ideale o astratta e generica, ma “reale”, così come era reale l’immensità del Verbo di Dio fatto carne e racchiuso nel grembo vergine dell’Immacolata» [1]. Se “i cieli non potevano contenere il Verbo”, la Madre di Dio è stata appunto prescelta ad essere quel “chiostro” fatto di “tutta grazia”, donato alla Santissima Trinità e da cui possiamo attingere ogni grazia per tutta l’umanità e per tutti i secoli. 
Stringiamoci, dunque, alla dolcissima Madre di Dio, così da assaporare la dolcezza dell’unione tra la Piena di grazia e Dio Uno e Trino. Sì, perché con san Bernardino possiamo domandarci: «Quale lingua, fosse pure angelica, sarebbe mai capace di lodare convenientemente la Vergine Madre? Madre non di chiunque, ma di Dio? Doppio miracolo, doppio privilegio, inaudito, ma conveniente. Una Vergine non poteva avere per figlio che un Dio e un Dio non poteva che avere per madre una Vergine». 
Stringiamoci a Lei, al suo grembo verginale, piccolo “chiostro” consacrato alla Trinità, luogo plenario che trascende spazio e tempo, generando alla vita tutto il genere umano.  
 

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