SPECIALE IMMACOLATA
Maria Mediatrice di tutte le grazie nella Divina Commedia
dal Numero 45 del 30 novembre 2025
di Carla Viero
“Chi vuol grazia e non ricorre all’intercessione della Madonna, è come se volesse volare senza le ali”: questo è uno dei tanti pensieri del sommo poeta Dante, il quale nella sua opera sublime afferma la necessità della Mediazione materna di Maria Santissima.
L’amore, la fiducia, la devozione verso Maria Santissima nascono sotto la Croce, nel momento in cui Gesù, come narrato nel quarto Vangelo, affida sua Madre al discepolo Giovanni e il discepolo a sua Madre: «Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco, tua madre!”» (Gv 19,26-27). Come commentato da Papa Benedetto XVI, con queste parole Gesù non si rivolge solo a Maria e a Giovanni, ma a tutti coloro che lo seguono e che lo avrebbero seguito nel corso della storia. In Giovanni Gesù affida tutti noi, tutta la Chiesa, tutti i discepoli futuri alla Madre e la Madre a noi. In quel momento di profondo dolore, pochi attimi prima della sua morte, Gesù trasforma la sofferenza in un’opportunità di amore e fonda la Chiesa come comunità, rendendo Maria madre spirituale di ogni credente e affidandole un ruolo singolare nella storia della salvezza e nella vita del popolo cristiano. Questo – continua Papa Ratzinger – si è realizzato nella storia: sempre più l’umanità e i cristiani hanno capito che la Madre di Gesù è la loro Madre. E sempre più si sono affidati alla Madre, hanno imparato a pregarla affinché li conducesse a suo Figlio. Da allora, l’amore per Maria Santissima ha ispirato le scelte dei Santi, lo studio dei teologi, la devozione popolare, le opere degli artisti, quindi l’architettura, la musica, le arti figurative, la letteratura. La Santa Vergine è la figura femminile più rappresentata nella storia dell’arte: è immagine di dolcezza, umiltà e forza, e, come ponte tra l’umano e il divino, è via per la salvezza di coloro che a Lei rivolgono il loro sguardo. Soffermiamoci sull’opera più significativa della letteratura italiana, la Divina Commedia, in particolare su due momenti del viaggio di Dante attraverso i tre regni dell’oltretomba: uno situato all’inizio del cammino e uno al suo termine, quando il Poeta raggiunge la meta del suo faticoso pellegrinaggio ultraterreno. Sono due situazioni in cui è particolarmente evidente il ruolo della Madonna nella vicenda di Dante, del cui aiuto il poeta fa concreta esperienza. Senza confusione alcuna, anzi con estrema evidenza e chiarezza, Maria Santissima è per il sommo poeta Corredentrice e Mediatrice di ogni grazia. Consideriamo questi due momenti. Giunto a metà della sua vita, Dante si ritrova smarrito in una foresta intricata ed insidiosa: è l’”oscura” selva del peccato, perché priva della luce della ragione e dell’illuminazione della grazia. Ben presto, scopre che le sue sole forze non sono sufficienti a ritrovare la via del bene, ma che potrà riconquistarla tramite il cammino che la Provvidenza ha pensato per lui, attraverso l’inferno, il Purgatorio ed il Paradiso. Tutto avviene nel 1300, in un anno particolarmente significativo, quello del primo Giubileo della cristianità, indetto da Papa Bonifacio VIII. La sera dell’8 aprile 1300, Venerdì Santo, Dante si accinge, unico tra i viventi, ad affrontare il viaggio, chiedendo, come i tanti pellegrini che in quel primo Giubileo della storia si recavano a Roma, il perdono dei peccati e la conversione di vita. Da Virgilio, il grande poeta latino che sarà sua guida attraverso l’inferno e il Purgatorio, Dante viene a conoscenza che la propria salvezza è voluta da due figure femminili che hanno particolarmente a cuore il suo destino, la Vergine Maria e Santa Lucia, le quali hanno convinto Beatrice ad intervenire in aiuto di colui che l’aveva tanto amata. Nel secondo dei cento canti che compongono il poema, giungiamo al primo momento su cui vogliamo focalizzare la nostra attenzione, dove è ben delineato il ruolo di “intermediatrice” e dispensatrice di grazia della Vergine Maria, la prima delle “donne benedette” che intercedono in Cielo per Dante e intervengono in suo aiuto. «Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo ‘mpedimento ov’io ti mando, sì che duro giudicio là sù frange». (Beatrice, rivolgendosi a Virgilio, afferma che vi è nel cielo una donna gentile, la Vergine Maria, che soffre per i peccati che ostacolano il cammino di Dante e si addolora al punto tale da riuscire a piegare in Cielo il severo giudizio di Dio, cioè che il peccatore sia punito secondo il suo peccato). Sarebbero sufficienti questi tre versi per rivelare non solo la particolare devozione di Dante per la Vergine Maria, ma soprattutto il prezioso ruolo della Madonna nella vita di ogni credente: quello di essere la prima figura santa che intercede per l’uomo presso Dio, al punto da poter piegare la sua severa giustizia. Dante esprime il concetto teologico con la dolcezza del poeta e descrive Maria Santissima come una madre che, impietosita per quel figlio che si è perso e che lei conosce così nel profondo, sa individuare, tra i tanti Santi, quello a cui lui è più devoto. Allora cerca Santa Lucia, glielo affida con tanto amore, organizza il viaggio e sceglie per quel figlio che si è perduto due guide particolarmente fidate, che possano sostenerlo nel duro cammino di redenzione che Lei ha pensato per lui. La Madonna accompagna con il suo sguardo materno ogni passo del cammino di Dante e viene invocata, ricordata, nominata in numerosi canti del poema, ma il suo prezioso compito di Corredentrice e Mediatrice di ogni grazia culmina nell’ultimo canto, il XXXIII del Paradiso. È il 13 aprile del 1300. Dante è in cammino da alcuni giorni: dopo aver percorso i gironi infernali ed essersi purificato ascendendo le cornici del Purgatorio fino al paradiso terrestre, ha attraversato le sfere concentriche che costituiscono i nove cieli per raggiungere l’ultima e vera mèta del suo cammino: l’Empireo. Qui, nella “rosa”, ovvero l’anfiteatro spirituale in cui hanno il loro seggio eterno tutti i beati, vede un chiarore fortissimo che vince ogni altro splendore e, intorno a quello, migliaia di angeli che festeggiano con voli e canti: lì è la Vergine Maria, il cui sorriso ricolma di gioia tutti coloro che la circondano. È il momento in cui Beatrice, la seconda guida di Dante, che lo ha accompagnato dal paradiso terrestre all’Empireo, si congeda e lascia il posto all’ultima guida, San Bernardo, che, con l’atteggiamento caritatevole di un dolce padre, lo invita a confidare ancora nella Madonna, dispensatrice di ogni grazia. «E la regina del cielo, ond’io ardo tutto d’amor, ne farà ogne grazia, però ch’i’ sono il suo fedel Bernardo». (La Vergine, Regina del Cielo, per cui San Bernardo arde d’amore, concederà loro tutta la grazia necessaria poiché il Santo è un suo fedele devoto). Dante non sceglie San Bernardo a caso, ma perché ne condivide profondamente la Mariologia, che il Santo espresse soprattutto nel Sermone sull’Acquedotto, tenuto in occasione di una festività della Beata Vergine: così come l’acqua non si può sfruttare senza un canale che la convogli dove occorre, allo stesso modo la fonte inesauribile di grazia, che sgorga dal cuore del Padre, giunge a noi per mezzo di un acquedotto. È Maria Santissima l’acquedotto di cui San Bernardo vuole parlare, l’acquedotto costruito da Dio stesso al giungere della “pienezza dei tempi” per portarci l’acqua fresca della salvezza e noi «la veneriamo (non l’adoriamo, poiché l’adorazione è rivolta solo a Dio) perché così vuole Colui che ha stabilito che noi ricevessimo tutto per il tramite di lei». La Vergine è per San Bernardo Corredentrice e Dispensatrice di ogni grazia. Egli ci invita a chiedere le grazie per intercessione della Madonna perché Ella ottiene tutto quello che vuole e non resta mai inesaudita. Inoltre, in questa pagina fondamentale del culto mariano di Dante, la Madonna è definita da San Bernardo Colei che «[...] a Cristo più si somiglia, chè la sua chiarezzasola ti può disporre a veder Cristo». L’Immacolata è la massima perfezione umana, è la creatura che più somiglia a Cristo e può predisporre Dante a vedere Dio. Arriviamo infine alla celeberrima preghiera di San Bernardo alla Vergine, così teologicamente corretta da essere liturgicamente accolta dalla Chiesa ed inserita, dal 1975, nella nuova edizione della Liturgia delle Ore come Inno dell’Ufficio delle Letture del Comune della Beata Vergine Maria. È una intensa preghiera di lode e di richiesta di aiuto alla Madonna, il più santo e caritatevole tramite tra l’uomo e Dio, di cui è Madre e figlia nel mistero dell’Incarnazione. Maria è Corredentrice poiché, facendosi tramite per la nascita di Cristo, ha reso possibile la riconciliazione tra Dio e l’umanità dopo il peccato originale e ha permesso agli uomini di salire al Cielo. In Paradiso, dove esiste solo la virtù della carità, Maria Santissima ne è modello per i beati; sulla terra è fonte di speranza e soprattutto Mediatrice di ogni grazia. San Bernardo esprime la sua profonda convinzione che la Vergine possa concretamente fare qualcosa per Dante e cooperare attivamente e direttamente alla sua salvezza (e a quella di ciascuno di noi) con queste parole: «Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre sua disianza vuol volar sanz’ali. La tua benignità non pur soccorre a chi domanda, ma molte fiate liberamente al dimandar precorre». Maria è così potente presso Dio e così ricca di virtù che chi desidera la grazia divina e non si rivolge a Lei, è come se volesse volare senza le ali. Non solo: la carità della Vergine molte volte previene spontaneamente la richiesta. Così scrive il nostro poeta e la Chiesa ancora lo ripete nella Liturgia delle Ore. La preghiera accorata di San Bernardo giunge al cuore dell’Immacolata, i cui occhi si abbassano e si fissano sul Santo con espressione che dimostra quanto le sia stata gradita la devota preghiera di lui. Poi si rivolgono a Dio, presso il quale la Madonna intercede per Dante, fino a quando la sua preghiera viene esaudita e al poeta è concessa la visione di Dio, impossibile da descrivere, ma percepita come carità infinita, amore e forza che conferisce senso a tutto l’universo: «Amor che move il sole e l’altre stelle».
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