La validità dell’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nelle scuole è un interrogativo sempre più pressante nell’ambiente educativo. Si sono rilevati infatti dei vantaggi, che però non annullano la pericolosità di una tecnologia che danneggia lo sviluppo dei giovani.

Nel nostro ultimo articolo ci siamo ispirati all’intenzione di Papa Leone XIV per il mese di luglio, adottando la pratica del discernimento all’introduzione della IA nella scuola. Dopo aver esaminato la missione della scuola, gli effetti nefasti della digitalizzazione, abbiamo evidenziato le reali “competenze del futuro”.
In questo secondo articolo esploreremo l’efficacia e i benefici dell’IA e la tutela della salute e dei diritti degli studenti. Lo scorso giugno si sono conclusi due importanti sperimentazioni con l’IA in classe. Il primo riguarda un progetto dell’Ispettoria salesiana del Nord, in collaborazione con Google for Education e MR Digital, e l’Istituto universitario salesiano di Venezia. Il secondo è un progetto del Ministero dell’Istruzione condotto in quindici istituti di Toscana, Calabria, Lombardia e Lazio. Tra i principali benefici riscontrati dai docenti che hanno usato la IA vi sono: un significativo risparmio di tempo e fatica nell’organizzazione delle attività didattiche, un incremento nella partecipazione degli studenti e, in qualche caso, un miglioramento nell’apprendimento degli studenti attraverso la personalizzazione, specialmente tra gli studenti fragili.
È importante precisare che non esiste una letteratura scientifica solida, peer-reviewed, che dimostri benefici ed efficacia della IA, e quindi questi risultati (parziali nel caso del Ministero) vanno presi con le pinze. Ciò nonostante, per valutare meglio questi benefici conviene allargare lo sguardo; lo facciamo con due delle domande del famoso esperto dei media Neil Postman.
La prima è: “Quale problema si cerca di risolvere con l’introduzione della IA e quali alternative sono state valutate?”. I problemi sono di diversa natura ma per risolverli si considera solo la IA, introducendo valori come l’efficienza, la misurabilità e la standardizzazione, senza chiarire come verrà tutelata la dimensione umana, relazionale e culturale. Una “generazione ansiosa” satura di schermi, con ridotte capacità relazionali e attenta all’ambiente, non potrebbe aver bisogno di soluzioni alternative “naturali”? Per esempio, puntando sulla riduzione di schermi e sullo sviluppo delle “competenze del futuro”, non migliorerebbero simultaneamente apprendimento, partecipazione e inclusione (e ambiente)? Non lo sapremo mai. Postman avvertiva che la tecnologia diventa “mitica”, spinge «ad organizzare i nostri bisogni intorno a quello che offre», e schiaccia il dissenso. Effettivamente, le raccomandazioni UNESCO sono state ignorate.
La seconda domanda è: “Quali nuovi problemi potrebbero essere creati dall’adozione della IA?”. Dai benefici potrebbe derivare un depotenziamento dei docenti e un ulteriore impoverimento delle dinamiche relazionali (per esempio la personalizzazione potrebbe esacerbare l’isolamento). Il compito dell’«educatore – spiega il card. Ravasi –
può essere realizzato solo se si ama l’altro e si desidera sinceramente la sua crescita in “sapienza e grazia”».
L’amore per la IA è una perdita di tempo. Oltre ai rischi già associati all’uso dei social, come quelli per la salute mentale (soprattutto per i più fragili) e la salute fisica (per esempio miopia, sedentarietà), ci sono quelli sullo sviluppo cognitivo. In particolare, gli esperti denunciano il rischio di “atrofizzazione del pensiero critico, l’abitudine a risposte precostituite, la perdita della lentezza e dell’errore fondamentali per l’apprendimento”; e ancora l’«omologazione delle informazioni, e la dipendenza da sistemi che [...] non hanno coscienza, intenzionalità, e responsabilità». C’è poi il problema delle garanzie sul trattamento dei dati e della responsabilità per “eventuali” danni causati alla salute degli studenti, visti i precedenti delle aziende tecnologiche in questo ambito.
L’assunto che la IA nella scuola sia inevitabile non è dimostrata. Docenti e genitori devono pretendere di essere coinvolti in un processo decisionale così carico di conseguenze. È evidente che ci siano forti pressioni di interessi commerciali, ma la scuola e tutta la comunità educativa possono ancora scegliere quale direzione prendere. Papa Leone XIV ha detto che «quando scegliamo, in senso forte, decidiamo chi vogliamo diventare». Chi vogliamo diventare?