Figlio di San Francesco d’Assisi nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, Padre Pio aspirava fin dagli inizi del suo noviziato a una vita religiosa tutta in verticale, ossia tutta protesa alla santità più alta con l’esercizio delle virtù eroiche. [...].
Diventare perfetto cappuccino: è l’ideale della perfezione serafica, di quella perfezione impersonata da san Francesco di Assisi e, via via, dai Santi francescani, particolarmente dai Santi cappuccini, quali san Felice da Cantalice, san Lorenzo da Brindisi, santa Veronica Giuliani, san Crispino da Viterbo, san Serafino da Montegranaro, e via di seguito, fino a san Leopoldo Mandic, nostro contemporaneo.
Resta vero, in particolare, che la vocazione di Padre Pio porta fin dagli inizi numerosi sigilli francescani, stratificati già nel contesto della sua famiglia e di quel suo paesello natale, che sembra presentarsi già di per sé come un «paesello francescano».
Padre Alberto Ghinato, in una conferenza su Padre Pio, tenuta a San Giovanni Rotondo durante un importante convegno, così sintetizza gli elementi di incontro e di contatto fra Padre Pio e il Serafico Padre: «Il nome stesso impostogli nel Battesimo fu il nome del Serafico Padre; un’importante visione di san Francesco, efficace nella sua vita, fu la prima che di lui ebbe...; la prima di una serie di cui più avanti Padre Pio testimonierà che “Gesù, la Mammina, l’Angioletto, san Giuseppe e il padre san Francesco sono quasi sempre con me”...
Il nome di san Francesco appare quasi sempre nelle sigle che mette alle lettere e, benché non molto di frequente, anche nel corpo delle lettere stesse. Doveva essere assai più di frequente nella conversazione. Per molti anni celebrò all’altare di san Francesco; padre Agostino nel suo Diario ci descrive la sua partecipazione ai festeggiamenti per san Francesco Patrono d’Italia, svoltisi a San Giovanni Rotondo nel 1939. Soprattutto destano notevole ammirazione le somiglianze che potremo scoprire tra la sua vita e quella del Padre Serafico. Ne accenniamo alcune.
Fin dall’infanzia e dall’adolescenza colpisce l’integrazione dell’elemento umano in quello soprannaturale come in san Francesco. Quella pulizia di linguaggio, di cui la Leggenda dei tre compagni fa menzione per il giovane Francesco, la riscontriamo nel ragazzo di Pietrelcina che non vuole andare con i compagni che bestemmiano e interrompe un gioco quando a uno sfugge una parola meno decente.
La mamma, come per san Francesco, comprende Padre Pio giovane e ne favorisce la vocazione: “Figlio mio, mi sento squarciare il cuore, però san Francesco ti chiama e tu devi andare”. Una curiosa somiglianza è riscontrabile tra i sogni-visioni di Padre Pio prima di entrare nella vita religiosa: in ambedue si parla di combattimento e di Signore (Re). La lingua francese, in cui san Francesco si esprime nei momenti particolari di esaltazione e di gioia, riappare in Padre Pio in una lettera sulla Madonna. Inoltre san Francesco, nei suoi rapporti con i lebbrosi e i sofferenti, non richiama il Padre Pio della Casa Sollievo della Sofferenza? Più intime e profonde sono le affinità interiori. “Credo che tutti amino più di me il Signore”, dice Padre Pio facendo eco alla risposta data da san Francesco a frate Masseo che lo interrogava: “Perché a te? Perché a te?”. Tragica anche la somiglianza di quella prolungata tentazione interiore, che tenne ambedue nell’incertezza del proprio destino eterno. Identico il riserbo circa i «segreti del re», i doni soprannaturali di cui erano favoriti da Dio.
Più comici in qualche senso – come dire? – i rapporti col diavolo! Superfluo richiamare le stigmate. E non era ugualmente infiammato il desiderio di lasciare la terra per unirsi al proprio sommo Bene? E pure le stesse meraviglie che Dio operò dopo la sua morte hanno un precedente in san Francesco. Già da questi accenni si comprende che non si tratta di somiglianze occasionali esterne, osservate solo dagli scrittori; ma di vere e proprie affinità...».
La realizzazione dell’ideale serafico è stato l’impegno costante della vita di Padre Pio. Fin dall’anno di noviziato egli ha coltivato con grande cura anzitutto l’«albero del desiderio della santità», come egli stesso lo chiama (cf. Epistolario III, p. 366), da cui dipende, in realtà, tutto lo slancio nel cammino e nell’ascesa verso le vette della santità. Suggestivamente, Padre Pio paragona quell’«albero» agli «aranci della riviera di Genova, i quali... sono quasi tutto l’anno carichi di frutta, di fiori e di foglie insieme» (Epistolario III, p. 366).
A. Negrisolo - N. Castello - S. M. Manelli,
Padre Pio nella sua interiorità, pp. 82-84