Mia madre, la cui vita timorata ha conosciuto soltanto sacrifici, casa e chiesa, in cuor suo soleva spesso alzare gli occhi al Cielo e pronunciare la sua offerta: «Madonna mia – supplicava – se tu lo vuoi, offro a te questo figlio». Un bene senza prezzo di cui soltanto poche mamme sanno privarsi.
Fu di parola.
Ad un mese dalla nascita (2 febbraio 1919), festa della Presentazione di Gesù al Tempio, nella antica chiesina di San Giacomo, mamma Assunta rinnovò l’offerta: «Madonna mia, mamma mia, se lo vuoi ti offro di cuore questo figlio», e non fece più parola.
D’estate venni portato in Convento e, come era costume in paese, fui benedetto da Padre Pio. Poggiata la mano piagata sul capo, il Padre esclamò: «Auguri santi, signora», suggerendo poi le prime devozioni.
Per essere poi un buon chierichetto occorreva saper servire la Messa e zia Felicia, la sorella di mamma Assunta, si fece carico di prepararmi a dovere, non tralasciando di unire il Rosario e di farmi frequentare il Convento.
Fu l’occasione perché in me sbocciasse la vocazione alla vita religiosa. Era ovvio, però, che si chiedesse prima il parere a Padre Pio il quale, più volte sollecitato, fu esplicito: «Sì, arriverà al sacerdozio».
Il responso, tuttavia, rimase un geloso segreto tra mamma Assunta e zia Felicia (Terziarie francescane) che dopo l’Ordinazione sacerdotale sentii esclamare: «Ora possiamo morire contente: si è avverata la profezia fatta da Padre Pio dodici anni fa».
Insieme avevano avuto la costanza di tenermi al buio di questo fatto per lunghi anni.
La mia Ordinazione avvenne il 21 marzo 1942 per mano del Vescovo Mons. Secondo Bologna, il quale morì nel 1943, durante la Guerra Mondiale, nella cappella del Seminario, al primo colpo di cannone sparato dagli americani su Campobasso. Si era offerto vittima per la città.
Il “ceffone” provvidenziale
Da ragazzo mi portavo spesso nella casa delle sorelle Pompilio, le signorine Maria e Antonietta, parenti di mio padre. Nei primi giorni, vedendo le foto dei loro genitori defunti, di parenti, di Padre Pio, mi colpì quella di un bell’uomo. Domandai chi fosse. Antonietta rispose: «È mio fratello Nicolino, morto giovane, a 40 anni» e cominciò a piangere. Maria, l’insegnante, continuò: «Purtroppo è vero! Però, durante la malattia, nella camera fu avvertito il profumo di Padre Pio il quale aveva detto: “Io prego tanto per Nicolino, non mi muovo un istante dal suo capezzale, ma egli deve morire, perché ora è il momento buono per lui. Se avesse altri dieci anni di vita non sarebbe più così”». Nicolino Pompilio morì santamente nel marzo del 1920.
Un’altra volta, Maria Pompilio mi disse: «Una sera, verso le ore undici, mentre facevo l’Ora santa notturna con mia sorella Antonietta, stavo per addormentarmi quando ecco, sentii un ceffone sulla guancia destra. Tremai tutta. Chi mi aveva percosso? Mi sembrò che avesse una mano coperta da un mezzo guanto. Come non pensare a Padre Pio? Per accertarmi, il giorno dopo mi recai nella chiesa del convento. Incontrai il Padre che subito mi disse: “Così si manda via il sonno quando si prega”. Raccontai ai miei questo fatto. A sera, in casa, all’inizio del Rosario, mia madre disse: “Sta’ attento, che viene Padre Pio...”».
Nel 1930 in Coro furono aggiunti due inginocchiatoi, tuttora visibili. Uno cadeva proprio sotto lo sguardo di Padre Pio. Nonostante i miei undici anni, ce la mettevo tutta per non addormentarmi. Padre Pio avrebbe potuto darmi un sonoro ceffone. Invece più di una volta mi colse il sonno. Il venerato Padre, però, mi svegliò dolcemente con due colpettini della mano sulle spalle.
Padre Paolo Covino,
Ricordi e testimonianze, pp. 25-26; 29-30