SPIRITUALITÀ
Ha senso credere e parlare dell’inferno?
dal Numero 42 del 13 novembre 2022
di Diana Rubino

L’esistenza dell’inferno è per molti un tabù o una storiella di antichi creduloni. Ma la nostra fede e l’esperienza dei santi confermano l’esistenza di questo luogo di eterna perdizione e ci convincono che non vale la pena vivere ignari di questa realtà.

Chiesa di Notre-Dame di Parigi, correva l’anno 1082. In una cappella interna si celebravano i funerali di Raimondo Diocrés, dottore dell’Università di Parigi. La salma era adagiata nella bara che rimase aperta, secondo l’uso, coperta solamente da un velo trasparente.
Si recitava pubblicamente l’Ufficio dei defunti per quell’anima, quando avvenne un fatto sorprendente. Alle parole «Rispondimi, quante sono le tue iniquità?», il cadavere si levò a sedere e rispose: «Per giusto giudizio di Dio sono stato accusato...». Si può facilmente immaginare quale spavento si fosse impadronito degli astanti. Si riprese tuttavia l’Ufficio, e di nuovo, alle parole «Rispondimi...», il morto rispose: «Per giusto giudizio di Dio sono stato giudicato...», e ricadde disteso. Si ebbe il coraggio di riprendere nuovamente la recita dell’Ufficio, e questa volta, alle parole «Rispondimi...», questi si drizzò per l’ultima volta ed esclamò con voce spaventevole: «Per giusto giudizio di Dio sono stato condannato all’inferno per sempre!». 
I funerali furono sospesi: nessun suffragio sarebbe servito per un’anima ormai dannata. Il terrificante episodio scosse e servì di sprone probabilmente a molti, ma sicuramente almeno ad uno di loro: Bruno – futuro santo, fondatore dei Certosini – era lì presente, grande ammiratore e discepolo del Diocrés. Ciò cui assistette gli impose molta riflessione, fino alla decisione di lasciare il mondo e consacrarsi a Dio per vivere in solitudine, preghiera e penitenza in un luogo isolato presso Grenoble.

Un dubbio da dissipare
Se ancora non ci è del tutto ostile pensare all’esistenza del Purgatorio, quella dell’inferno è invece per molti un tabù, e si cerca in ogni modo di negarla. Il farlo è da insensati, perché l’inferno di fatto esiste e – come rivelò la Santissima Vergine ai tre Pastorelli veggenti di Fatima – «molte anime vanno all’inferno perché non c’è chi preghi e si sacrifichi per loro». 
Ma, ci domandiamo: pur ammettendo doverosamente che l’inferno esiste, quanto è bene parlarne? Non è forse meglio tacere sull’argomento, per evitare di seminare terrore? 
Non si teme però di parlare ai piccoli di Halloween, di streghe e magie, di lasciare che guardino cartoni animati e film horror dai messaggi abominevoli e devastanti. 
A parte ciò, la verità va insegnata, certamente in modo graduale, anche ai più giovani, perché siano istruiti sin dalla più tenera età a comportarsi “come Dio comanda”, facendo il bene ed evitando il male, ossia vivendo in grazia di Dio, consapevoli delle conseguenze – temporali come eterne – delle loro azioni. 
Molti santi ebbero esperienze mistiche in cui fu dato loro di vedere l’inferno. Santa Teresa d’Avila, ad esempio, in seguito a tale esperienza confidò quanto essa le fu di giovamento. Disse che tale visione dell’inferno «fu una delle più grandi grazie che il Signore m’abbia fatto, perché mi ha giovato moltissimo per non temere le pene della vita e per incoraggiarmi a sopportarle». 
Santa Faustina Kowalska ritenne un gran be­­ne aver visto l’inferno e volle riportare questa esperienza nel suo diario, spiegando che voleva condividerla «affinché nessun’anima si giustifichi dicendo che l’inferno non c’è, oppure che nessuno sa come sia. Io, suor Faustina Kowalska, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell’inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l’inferno c’è. [...] Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l’inferno». 
Dunque, non conviene vivere ignari di questa realtà tanto orribile quanto vera.

Le esperienze dei santi
Impossibile in questo contesto riportare le esperienze di tutti i santi riguardo all’inferno. Ne selezioniamo solo qualcuna tra quelle che ci paiono più interessanti e significative.

• Il 13 luglio 1917 la Bianca Signora di Fatima mostrò ai tre Pastorelli – Lucia (serva di Dio), Francesco e Giacinta (santi) – quel luogo orribile da cui nessuno più esce. Così lo racconta una dei tre veggenti, la serva di Dio suor Lucia di Fatima: «La Signora aprì di nuovo le mani, come nei due mesi precedenti. Sembrò che il riflesso penetrasse la terra e vedemmo come un mare di fuoco. Immersi in questo fuoco, i demoni e le anime come se fossero braci trasparenti e nere o color bronzo, dalla forma umana, che fluttuavano nell’incendio, trasportati dalle fiamme, che uscivano da loro stessi, insieme a nugoli di fumo e cadevano da tutte le parti, simili alle faville che cadono nei grandi incendi, senza peso né equilibrio, tra gridi e gemiti di dolore e di disperazione che facevano raccapricciare e tremare di spavento. I demoni si distinguevano per le forme orribili e schifose di animali spaventosi e sconosciuti, ma trasparenti e nere». 
La Vergine rivelò ai tre bambini che «molte anime vanno all’inferno perché non c’è chi preghi e si sacrifichi per loro». Per evitare che le anime si dannino, quindi «per salvarli, il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al Mio Cuore Immacolato».

• A santa Veronica Giuliani, clarissa cappuccina, fu mostrato più volte l’inferno come luogo “oscurissimo” in cui avvampa un fuoco terribile. Ella si vide calata «in una regione bassa, nera e fetida, piena di muggiti di tori, di urli di leoni, di sibili di serpenti... Una grande montagna si alzava a picco davanti a me ed era tutta coperta di aspidi e basilischi legati assieme... La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili». Gesù le disse: «Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Così il tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno». La Madonna confidò un giorno alla Santa: «Molti non credono che vi sia l’inferno, ed io ti dico che tu medesima che ci sei stata non hai compreso niente di cosa sia».

• Anche santa Faustina Kowalska vide l’inferno come un luogo di orribili tormenti. Nella sua visione, sette sono le principali pene che straziano i dannati: la perdita di Dio (pena del danno); i continui rimorsi di coscienza che li torturano senza fine, ricordando continuamente i peccati commessi, gli aiuti che Dio aveva loro dato e che essi non hanno accettato; la consapevolezza che tale stato non avrà mai fine; la disperazione, l’odio di Dio, bestemmie, imprecazioni; il fuoco che li brucia e divora, penetrando l’anima senza consumarla mai; l’oscurità continua e l’orribile fetore soffocante; la compagnia continua di satana e dei demoni. A ciò si aggiungono tormenti particolari a seconda dei peccati commessi, che tormentano quelle anime in modo indescrivibile.

• Riportiamo infine una visione dell’inferno che ebbe san Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani. 
«Mi trovai con la mia guida (l’Angelo custode), in fondo ad un precipizio che finiva in una valle oscura. Ed ecco comparire un edificio immenso, avente una porta altissima, serrata. Toccammo il fondo del precipizio; un caldo soffocante mi opprimeva, un fumo grasso, quasi verde, s’innalzava sui muraglioni dell’edificio e guizze di fiamme sanguigne. Domandai: “Dove ci troviamo?”. “Leggi – mi rispose la guida – l’iscrizione che è sulla porta!”. C’era scritto: “Ubi non est redemptio”. Cioè: “Dove non c’è redenzione”. Intanto vidi precipitare dentro quel baratro [...] prima un giovane, poi un altro, ed in seguito altri ancora; tutti avevano scritto in fronte il proprio peccato. Esclamò la guida: “Ecco la causa precipua di queste dannazioni: i compagni, i libri cattivi e le perverse abitudini”. Gli infelici erano giovani da me conosciuti. Domandai: “Ma dunque è inutile che si lavori tra i giovani, se tanti fanno questa fine? Come impedire tanta rovina?”. “Coloro che hai visto, sono ancora in vita; questo però è il loro stato attuale e se morissero, verrebbero senz’altro qui!”. Dopo entrammo nell’edificio; si correva con la rapidità del baleno. Lessi questa iscrizione: “Ibunt impii in ignem æternum!”, vale a dire: “Gli empi andranno nel fuoco eterno!”. “Vieni con me!”, soggiunse la guida. Mi prese per una mano e mi condusse davanti ad uno sportello, che aperse. Mi si presentò allo sguardo una specie d’immensa caverna, piena di fuoco. Certamente quel fuoco sorpassava mille e mille gradi di calore. Io questa spelonca non ve la posso descrivere in tutta la sua spaventosa realtà. Intanto, all’improvviso, vedevo cadere dei giovani nella caverna ardente. La guida disse: “La trasgressione del sesto Comandamento è la causa della rovina eterna di tanti giovani”. “Ma se hanno peccato, si sono però confessati”. “Si sono confessati, ma le colpe contro la virtù della purezza le hanno confessate male o taciute affatto”. Ad esempio, uno aveva commesso quattro o cinque di questi peccati, ma ne disse solo due o tre. Vi sono di quelli, che ne hanno commesso uno nella fanciullezza ed ebbero sempre vergogna di confessarlo, oppure l’hanno confessato male e non hanno detto tutto. Altri non ebbero il dolore e il proponimento; anzi, taluni, invece di fare l’esame di coscienza, studiavano il modo di ingannare il confessore. E chi muore con tale risoluzione, risolve di essere nel numero dei reprobi e così sarà per tutta l’eternità [...]. “E ora vuoi vedere perché la misericordia di Dio qui ti ha condotto?”. La guida sollevò un velo e vidi un gruppo di giovani di questo Oratorio, che io tutti conoscevo, condannati per questa colpa. Fra essi vi erano di quelli che in apparenza tengono buona condotta. Continuò la guida: “Predica dappertutto contro l’immodestia!”. Poi parlammo per circa mezz’ora sulle condizioni necessarie per fare una buona Confessione e si concluse: “Mutare vita! [...] Mutare vita!”».

Risoluzioni sante
Le testimonianze dei santi qui riportate parlano da sé e ora bisognerebbe solo dare spazio alla riflessione e meditazione, cui far scaturire santi propositi. Quali? 
- Anzitutto riconoscere, da bravi cattolici, che l’inferno: esiste; è eterno; è una libera scelta. Vi si destina da sé chi vuole vivere e morire in peccato mortale, ossia ostinandosi nella trasgressione della Legge di Dio che è la Legge dell’Amore divino ed eterno. 
- Capire che non siamo stati creati per l’inferno, ma solo per il Paradiso, dove Dio ci vuole e ci attende, dandoci su questa terra tanti lumi, richiami, grazie, proprio per guidarci sulla via “stretta” della rinuncia, del sacrificio, che però è la via di coloro che capiscono che “passa la scena di questo mondo” (1Cor 7,31) e che vale la pena mettersi in gioco facendo la volontà di Dio, che è la nostra somma pace ed eterna felicità, per godere di Lui per sempre nel suo infinito Paradiso.
- Attuare con la pratica questa comprensione, scegliendo personalmente di salvarci l’anima e prenderne tutti i mezzi, quindi: eliminare dalla nostra vita il peccato; accostarci con frequenza alla Confessione (che ci dona il perdono di Dio, qualora lo avessimo offeso, e accresce nella nostra anima la grazia santificante, ossia la presenza divina che fa della nostra anima il tempio della Santissima Trinità) e alla santa Comunione (in cui è realmente presente Gesù Cristo in Corpo, Sangue, Anima e Divinità); partecipare alla Santa Messa almeno domenicale; vivere una vita di intensa preghiera; combattere i propri difetti, facendosi aiutare soprattutto dalla Mamma celeste e dall’Angelo custode, ed esercitarsi con sempre maggior profitto nelle virtù cristiane, compiendo in tutto la volontà di Dio, osservando tutti e dieci di Comandamenti e i precetti della Chiesa, meditando il santo Vangelo conformandosi a Gesù, nostro divino Maestro, sull’esempio dei santi. 
Grazia o peccato; Dio o satana; Paradiso o inferno. A noi la scelta... per tutta l’eternità senza fine. «Santa Maria, Madre di Dio, prega per noi (poveri) peccatori... adesso e nell’ora della nostra morte. Amen». 
 

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