SPIRITUALITÀ
“Nelle cose del Padre mio”
dal Numero 3 del 15 gennaio 2023
di Paolo Risso

La pericope evangelica sullo smarrimento di Gesù dodicenne a Gerusalemme rivela il Volto divino del fanciullo di Nazareth. Egli deve pensare alle “cose del Padre suo” e in ciò indica anche a noi la via da percorrere.

Le feste natalizie si concludono con l’Epifania (6 gennaio) e con il Battesimo di Gesù la domenica successiva, ma la devozione popolare suole dedicare a Gesù Bambino il mese di gennaio fino alla solennità della Presentazione di Gesù al Tempio e della Purificazione di Maria Santissima (2 febbraio).
Quando ero ragazzo mi appassionava sfogliare un Vangelo illustrato dai dipinti del pittore Ferdinando Monzio Compagnoni, tra i quali uno specialmente mi incantava: Gesù dodicenne che disputa con i dottori del Tempio e li lascia stupiti per la sua sapienza straordinaria.


Stupiti, sgomenti
Ma leggiamo questa pagina dell’evangelista Luca: «I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore [“sgomento” traduce qualcuno] per la sua intelligenza e le sue risposte» (Lc 2,41-47).
Lo stesso san Luca dice di aver consultato diversi testimoni prima di scrivere il suo Vangelo (cf Lc 1,1-4), ma questo fatto su Gesù fanciullo può averlo appreso soltanto da Maria Santissima. Inoltre, che un ragazzino discutesse con i dottori del Tempio era un fatto che capitava non di rado.
Lo storico Giuseppe, ebreo, latinizzato con il nome di Flavio, cui dobbiamo alcune belle pagine su Gesù (il cosiddetto Testimonium Flavianum), alla fine dello stesso secolo, attorno al 95-100 d.C., scrivendo la sua autobiografia (Vita, 9), narra che quando aveva 14 anni, cioè verso il 52 d.C., era già famoso a Gerusalemme per la sua conoscenza della Sacra Scrittura e i sommi sacerdoti (pensate!) e altre illustri persone dell’ebraismo si radunavano abitualmente in casa sua per interpellarlo su questioni difficili.
Questo episodio, evidentemente, dimostra come Giuseppe Flavio qualche volta sia stato un blagueur nei suoi scritti, tuttavia essi contengono un nucleo di verità: essendo davvero piuttosto vispo di testa, potrebbe aver discusso, quattordicenne, con i maestri della Legge, di passaggio a casa sua per altri motivi. Poi si sa che i rabbini accoglievano nelle loro scuole bambini di appena 6 anni. Un antico testo ricorda: «Noi [rabbini], da sei anni in su accettiamo [il bambino] e per mezzo della Legge lo ingrassiamo come un bove». È ovvio che con i fanciulli più dotati e perspicaci essi erano più attenti ed entravano anche in discussione con loro.
Scrive C. Ricciotti nella sua Vita di Cristo (Mondadori, Milano 1968, p. 285): «La scena di Luca evangelista è tutta diversa da quella di Giuseppe Flavio. Gesù è nel Tempio, in uno dei suoi atri dove abitualmente si adunavano i dottori a discutere. Gesù non detta sentenze come Giuseppe Flavio, ma si uniforma al metodo accademico dei rabbini che consisteva nell’ascoltare, nel rivolgere domande di chiarimento, e procedere con ordine in modo da far progredire la soluzione della questione mediante il contributo di tutti i partecipanti. Ma il contributo di quello Sconosciuto ragazzo era così straordinario, per giustezza di domande e perspicacia di osservazioni, che per primi ne stupirono i sottili giuristi di Gerusalemme». Ma perché così stupiti? E di che cosa parlarono Gesù e i dottori?


“Il Messia è venuto”
San Luca non lo dice in modo esplicito, ma lo si può capire con facilità, l’argomento più attuale, più all’ordine del giorno, in quel momento storico particolare, era l’attesa del Messia in Israele. Da circa 2000 anni, dai tempi del “padre Abramo”, Israele attendeva questo “Personaggio misterioso” che doveva portare la libertà, una vita nuova. L’attesa si era acuita in quegli anni in cui il piccolo Gesù faceva “furtivamente” il suo ingresso nel mondo. Lo stesso san Luca scrive: «Il popolo era in attesa» (Lc 3,15).
Infatti si compiva in quel tempo la profezia di Daniele sulle settanta settimane di anni (cf Dn 9,24-25). La Giudea aveva perso il suo scettro ed era asservita ormai totalmente a Roma. Gli stessi sapienti pagani attendevano qualcuno di straordinario dal popolo dei Giudei (come scriverà Tacito). Il popolo era in attesa e fremeva. I giusti di Israele, come Simeone e Anna e certamente altri come loro, aspettavano «la consolazione di Israele» (Lc 2,25). Tra i sapienti di Gerusalemme era viva la discussione tra la corrente di Gamaliele e quella di Shammai riguardo all’arrivo, imminente o ancora lontano, del Messia vaticinato e promesso.
Di questo dovettero parlare, nella disputa, Gesù e i dottori. Gesù dodicenne, pur celando ancora e a lungo la sua identità di Messia e Figlio di Dio, dalle Sacre Scritture e dalla sua sapienza divina sapeva tutto sul Messia che era Lui stesso. Così quelle “barbe” di dottori, a sentire quel ragazzo citare le Scritture con piena padronanza (da gran Signore!) rimasero, più che stupiti, sgomenti. Mai sentito un ragazzo così, diventato proprio in quei giorni, “figlio della Legge”, quindi maggiorenne. Gesù dodicenne dovette dire: “Il Messia è già venuto e presto si manifesterà”. Per ora, Lui non si rivelava perché “non era ancora venuta la sua ora” (cf Gv 2,4), ma lo sgomento di quei “chierici” era come un terremoto [1]. Gesù è un incanto, non è noioso come lo presentano alcuni “clericali”!


Alla sequela di Gesù
Continua a scrivere san Luca: «Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. Ed egli rispose loro: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?”. Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. Scese dunque con loro e venne a Nazareth e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini» (Lc 2,48-52). 
Maria e Giuseppe certamente assistettero a una parte della disputa di Gesù con i dottori, aspettandone la fine, e si stupirono pur essi. Ma il loro stupore era diverso da quello dei dottori. Essi di Gesù già sapevano molte cose, sicuramente le cose essenziali, come la sua identità divina, ma ora si stupivano perché non avevano visto tutte le conseguenze e meno ancora avevano visto la sua identità tradotta in atto. Gesù doveva obbedire al Padre celeste prima che a loro e doveva stare nella casa del Padre suo, meglio ancora nelle “cose del Padre suo” che sta nei Cieli, al quale non si deve chiedere perché. Lui, Gesù, “è venuto a fare la volontà del Padre suo” (cf Gv 5,30), a compiere le cose del Padre suo, a donare la vita per la sua gloria e per la redenzione degli uomini. Gesù dodicenne già segnava la via per coloro che si sarebbero posti alla sua sequela: «Non la mia, Padre, ma la tua volontà sia fatta» (Mt 26,39). La risposta di Gesù racchiude tutta la sua vita futura e la vita di chi lo seguirà. 
Ma proprio per questo (“Padre, sia fatta la tua volontà”), per il momento e fino ai suoi 30 anni, è volontà di Dio che Gesù sia sottomesso a Maria e a Giuseppe nell’umiltà, nel nascondimento e nel lavoro nella casa-bottega di Nazareth: il Padre non riserva altro al Figlio suo fatto uomo. La sua missione di Adoratore perfetto del Padre e di Redentore dell’umanità, Gesù la dichiara per la prima volta ai suoi cari e ai dottori del Tempio, e inizia a compierla a Nazareth: anche lì “sta nelle cose del Padre suo”. 
Così “era loro sottomesso”. Nel volumetto citato in nota (Un Re di 12 anni), l’Autore così contempla il giovane Gesù a Nazareth: «Il lavoro già lo prepara al Sacrificio. Quanto più duro è il lavoro, tanto più è sacrificio... per la redenzione del mondo, di chi maledice il lavoro, la vita, Dio stesso. È offerta. È già olocausto... Gesù, a cominciare da Betlemme, dall’Egitto dove è dovuto riparare per salvarsi dalla prima persecuzione, quindi dalla bottega di Nazareth, Gesù è un Ragazzo chiamato al Sacrificio, non si deve dimenticarlo mai. Spesso gronda di sudore. Domani gronderà di sangue. Il sudore del suo lavoro rude bagna le sue giovani membra, prima che siano bagnate dal suo Sangue: anche questo già serve di espiazione per il peccato del genere umano». 
Proprio questo scrive in un suo carme quel fine poeta latino che fu papa Leone XIII: «Irriget sudor mea membra, dixit (Jesus), / antequam sparso madeant cruore; / hæc quoque humano generi expiando / pœna luatur [Il sudore bagni le mie membra, disse (Gesù), / prima che sian bagnate dall’effusione del (mio) sangue: / anche questa pena serva d’espiazione / per il genere umano». 
Per 30 anni così. Mentre, in giro per il mondo, capitavano cose grosse, a Roma si riapriva il tempio di Giano, ché finita era la pace di Augusto; in Giudea si succedevano i procuratori romani; nel 14 d.C. moriva Augusto e saliva al trono Tiberio; in Oriente moriva Germanico dopo tante vittorie sui barbari; a Roma spadroneggiava Seiano; nel frattempo a Nazareth Gesù era come se non esistesse. Tuttavia, era Lui l’Avvenimento che, a partire dal silenzio, già iniziava a cambiare il mondo.
Tutti i potenti sarebbero stati spazzati via, mentre Gesù, l’ancora ignoto Gesù, si avviava a compiere la redenzione del mondo e ne diventava il Conquistatore, l’eterno “Pantocrator”, il Dominatore. 
Lui stava “nelle cose del Padre suo”. Lui ci indicava la via da percorrere ancora oggi: la piccola grande sublime via di stare nelle cose del Padre. «Cuius Regni non erit finis», come proclamiamo nel Credo della Messa. «Il suo Regno non avrà fine».

Nota
[1] Si è provato a ricostruire al vivo quella scena e la fanciullezza-adolescenza di Gesù nell’aureo libro di P. Risso, Un Re di 12 anni, Casa Mariana Editrice, Frigento. 

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