SPIRITUALITÀ
Quali sono le funzioni del Direttore spirituale?
dal Numero 1 del 3 gennaio 2021
di Padre Alessandro M. Apollonio

Secondo la Teologia spirituale del servo di Dio Padre Alessio Benigar, le principali funzioni del direttore spirituale sono quelle di istruire il figlio spirituale sul cammino dell’ascesa cristiana, per favorire e stimolare il suo progresso nelle virtù. Per questo deve anzitutto cercare di conoscerlo bene.

Le principali funzioni del direttore spirituale sono quelle di istruire il figlio spirituale, favorire e stimolare il suo progresso nelle virtù e, per questo, deve conoscerlo.

In primo luogo, quindi, deve cercare di avere una conoscenza piena, per quanto è possibile, del figlio spirituale.

Quali sono i mezzi adatti a tale scopo? Anzitutto la sincera apertura di coscienza del figlio spirituale, che deve manifestare totalmente al direttore:

- i propri mali, ossia, i peccati della vita passata, le cattive abitudini, lo sforzo fino a quel momento compiuto per liberarsi da esse, i successi riportati in questo sforzo, i mali della vita presente, le inclinazioni e le avversioni attuali, i propri difetti e le loro radici, i pericoli attuali, le tentazioni interne, la passione prevalente, i difetti del temperamento;

- i propri beni, come i doni di grazia ricevuti, le virtù esercitate, il modo in cui intende la santità, le caratteristiche della sua volontà: se è ferma, costante, docile oppure cocciuta, indifferente, debole; quale sia il suo amore e timore per Dio; quali siano le preghiere abituali e come le compie; se in lui prevalga lo zelo o la tiepidezza; se abbia amore al prossimo, spirito di apostolato, buoni propositi, un ordine di vita, impulsi interni e inclinazioni; quale sia il modo di compiere gli obblighi del suo stato, se compie l’esame di coscienza, quale sia il suo oggetto e il modo di compierlo.

Il direttore può usare qualsiasi altra fonte d’informazione sicura, come i giudizi degli altri, i sussidi dell’osservazione psicologica, ma deve usarne con prudenza e discrezione, senza prestare ad essi una fede cieca.

Può anche avvalersi di relazioni scritte dallo stesso figlio spirituale circa lo stato della sua anima. Tali relazioni hanno il vantaggio che possono essere lette più volte e con più attenta considerazione dal direttore. Ma anche qui ci può esser qualche pericolo. Nello scrivere tali relazioni, il figlio spirituale può essere tentato di ripiegarsi troppo su se stesso, perdendo facilmente la semplicità, e cadendo nella vana compiacenza e autosuggestione, specialmente se descrive qualche fenomeno straordinario. Inoltre, è più pericoloso per il segreto da mantenere, perché questi scritti potrebbero finire nelle mani di qualche estraneo. Anche per il direttore c’è il pericolo di chiedere tali scritti più per curiosità e per i propri studi o interessi particolari, ciò sarebbe una mancanza di riverenza verso Dio, il quale è l’unico Autore delle cose mirabili che si compiono nelle anime.

Il direttore deve insegnare

La direzione deve essere dinamica, ossia, pratica. Per questo sin dall’inizio il direttore insegni i retti e sani principi della vita spirituale e la loro applicazione pratica. Non si comporti in modo autoritario o scolastico, ma insegni, istruisca e spieghi in che modo le norme pratiche abbiano il loro fondamento nel dogma e nell’esperienza e in che modo si applichino nella prassi, in modo che il figlio spirituale apprenda a dirigere se stesso nella vita quotidiana. Eviti le questioni puramente speculative e controverse. Insista su questi punti:

- la santificazione della vita e delle attività quotidiane, svolte con spirito di fede e di unione con il divino Capo del Corpo mistico e con il Cuore Immacolato di Maria;

- la necessità della purificazione dell’anima tramite la penitenza, la mortificazione e l’abnegazione di se stesso, nonché dell’esercizio dell’umiltà, in ogni grado della vita spirituale;

- la vigilanza, tramite l’esame di coscienza, soprattutto quanto alla carità verso il prossimo, perché questa facilmente è ferita anche dalle persone devote, con parole, gesti e opere;

- la ricerca della fermezza della volontà, tramite la profonda conoscenza delle motivazioni che spingono ad agire, la persuasione e la fedeltà anche nelle piccole cose, e tramite un vivo senso di dover render conto a Dio di ogni cosa;

- stimolare e accrescere la buona volontà. Sono pochi quelli che non hanno bisogno di aiuto nel rafforzare la debolezza della volontà, correggere l’incostanza e di attenuare la propria rigidità e durezza.

A questo scopo, il direttore deve osservare il moto della grazia nel figlio spirituale, perché l’inizio di ogni sforzo spirituale deve venire da Dio, e la direzione deve seguire i moti della grazia, per non impedire la libertà di Dio nell’indicare la via, che non è uguale per tutti. Il direttore non metta alla prova il figlio spirituale, né lo umili, né lo tratti con asprezza, in modo indiscriminato. Se volesse usare questi mezzi, per provare la virtù del figlio spirituale, lo faccia con molta cautela e circospezione. Dio stesso, infatti, prova le anime, conferendo loro le grazie per sostenere la prova con profitto spirituale. Il direttore, invece, non ha tale grazia a sua disposizione, per sostenere lo spirito del figlio spirituale nella dura prova, e nemmeno è lecito presumere che Dio conceda tali grazie, a piacimento del direttore. Se a volte i santi provano così i loro figli spirituali, lo fanno per divina ispirazione, mossi dal dono del Consiglio, ma in questo, ordinariamente, non sono da imitare.

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