SPIRITUALITÀ
Viviamo l’Avvento / “Noi verremo a lui!”
dal Numero 46 del 29 novembre 2020
di Paolo Risso

Gesù è già nato nelle anime dei cristiani. Ma essi lo attendono di nuovo, ad ogni Avvento, per quanti ancora non lo hanno incontrato. Lo attendono di nuovo, per incontrarlo essi stessi sempre più da vicino, e unirsi a Lui più intimamente.

Quando ero ragazzo, mi ero fatto l’idea che l’Avvento, in preparazione al Santo Natale, fosse un tempo in cui dovessimo “giocare” a fare gli ebrei, che illuminati dai profeti attendevano il Messia. Il quale, per noi, è venuto da più di duemila anni e quindi non c’era bisogno di attenderlo; ma solo bisogno di accoglierlo.

Non mi piaceva “giocare” a fare l’ebreo, quando ero e sono cattolico. Per qualche tempo, cercai una risposta al quesito. Cominciai a trovarla quando pensai che per molti uomini d’oggi, immersi nell’ignoranza, nell’errore o nella negazione, Gesù è come se non fosse mai venuto. Pertanto era (ed è) bello, attendere Gesù per loro, invocare Gesù per loro: «Vieni, Signore Gesù!».

Ma anche chi accoglie Gesù fin da bambino, fin da quando si apre a pensare (già, l’uso di ragione, proprio una bella cosa anche perché, oggi, svalutata!), può a ragione aspettare Gesù, perché venga ad ogni istante a riempire tutti gli angoli del cuore e della vita, a prendere possesso di lui. Quindi: «Vieni, Signore Gesù!».

Dunque, fare l’Avvento oggi, non è far finta di essere ebreo!

Triplice venuta di Gesù

C’è una sublime pagina di san Bernardo (1090-1152), tratta da un suo discorso sulla “venuta intermedia” di Gesù nelle anime degli eletti. Vi si legge: «Siamo a conoscenza di una triplice venuta del Signore. Infatti una terza venuta si pone in mezzo alle altre due, le quali sono note, ma non questa. Nella prima venuta il Verbo fu visto sulla terra e parlò con gli uomini. Nell’altra invece “tutti gli uomini vedranno la salvezza di Dio” e “vedranno colui che hanno trafitto”. La prima venuta è l’Incarnazione del Verbo, la seconda è la sua manifestazione alla fine del mondo, il suo Giudizio finale sulla storia, la “parusìa”».

Continua Bernardo in questo discorso che si legge nel Breviario durante il Tempo di Avvento: «La venuta intermedia è nascosta e in questa i soli eletti vedono Lui in se stessi e le loro anime ottengono la salvezza [...]. Questa venuta intermedia è come una via per mezzo della quale dalla prima si perviene all’ultima. Nella prima, Gesù fu nostra redenzione; nell’ultima sarà la nostra vita; in questa è nostro riposo e consolazione».

Ma questa terza venuta è qualcosa di legato ai sentimenti, al fervore, al “misticismo” personale? No, è realtà, oggettiva, ontologica. Spiega san Bernardo al centro della stessa pagina: «Ma perché alcuni non considerino invenzioni le cose che diciamo su questa venuta intermedia, ascoltate Lui, Gesù: “Se qualcuno mi ama – dice – osserverà le mie parole e il Padre mio lo amerà e verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23)».

Ecco la terza venuta di Gesù: dal giorno del nostro Battesimo, poi resa sempre più intensa dalla Santissima Eucaristia, viene nelle nostre anime la presenza di Gesù stesso, e con Lui, del Padre e dello Spirito Santo. La terza venuta è Gesù che viene ad abitare nelle nostre anime come nel suo cielo. Quando fossimo vissuti anche a lungo lontani da Lui, ma poi mossi dalla sua grazia, ritorniamo a Lui e riprendiamo ad amarlo e ci ricongiungiamo a Lui tramite la Confessione sacramentale, Gesù – tutta la Santissima Trinità – si stabilisce di nuovo in noi, come nel suo cielo.
Conclude san Bernardo il suo discorso: «Verrà da te, il Figlio con il Padre, verrà il Profeta grande... Questo farà la venuta intermedia, affinché come abbiamo portato l’immagine dell’uomo terreno, così portiamo anche l’immagine dell’uomo celeste. Come il vecchio Adamo pervase tutto quanto l’uomo e tutto lo occupò, così ora lo possegga tutto Cristo, che lo ha creato tutto, lo ha redento tutto e lo glorificherà tutto».

Dunque questa venuta “intermedia” porta Gesù vivo nelle nostre anime; è Gesù vivo che viene in noi e stabilisce in noi la sua dimora. Questa venuta è di oggi, di ogni istante; è l’irruzione di Gesù vivo nella vita dei singoli, dopo che Egli ha fatto irruzione nella storia, con la sua Incarnazione, proprio Lui che è il “metastorico” (= al di là della storia). Non solo viene come compagno lungo il corso dei secoli, ma viene come intimo in ciascuno di noi.

«Vieni, Signore Gesù!»

Se questo è vero, come è più vero del sole – lo ha promesso e garantito Gesù stesso, la sera prima del suo patire: «Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23) – nell’Avvento non si gioca a fare gli ebrei dell’Antico Testamento, quando preghiamo come i profeti: «Vieni, Signore e non tardare», e lo ripetiamo in tutte le forme, in tutti gli accenti più struggenti.

«Vieni, signore Gesù», perché Egli viene oggi nelle anime, ma le anime possono anche rifiutarlo, opporgli resistenza, essere esitanti, per cui c’è un bisogno immenso, oggi e sempre, di collaborare con Gesù affinché Egli continui a bussare alle nostre porte, e tutti noi siamo spinti, attratti ad aprirgli la porta e a lasciarlo entrare e a prendere dimora in noi. Collaborare con Gesù per rinnovare le meraviglie dell’Avvento significa pregare, soffrire, offrire, essere strumenti nelle sue mani, affinché gli uomini si aprano a Lui, perché coloro che già sono da Lui abitati, si aprano sempre di più a Lui, e la loro vita sia ancora più posseduta da Lui, resa risplendente di Lui.

È Gesù che passa oggi e bussa. Scrisse il grande sant’Agostino: «Temo il Signore che passa –  bussa – e non ritorna». A Lui che bussa, noi diciamo: “Vieni, Signore Gesù”; “Continua a bussare, Gesù, finché tutti ti abbiano aperto”. E anche, nella situazione di oggi: “Gesù, sfonda la mia porta se io non apro e ti faccio aspettare troppo”; “Vieni, Gesù, e non lasciarmi solo, ché da solo sprofondo nelle tenebre dell’abisso”.

Noi sappiamo che la maniglia per aprire la porta del nostro abitacolo sta solo al di dentro, e tocca a noi aprire. Per questo, ripeto per me e per i miei fratelli, insisto a chiamarlo: «Vieni, Signore Gesù». “Ispira e spingi le volontà degli uomini, come solo Tu puoi fare, dal di dentro, e fa’ che sentiamo la bellezza di aprirti la porta e di lasciarti entrare”.

Fino a quando Gesù non è entrato in un’anima, per quell’anima è come se Gesù non fosse mai nato. Non basta pensare o pretendere che con la sua nascita a Betlemme Egli sia in qualche modo unito a ogni uomo (“quodam modo”), è indispensabile accoglierlo, farlo penetrare in noi, così che occupi tutto di noi stessi.

Stando così le cose, l’Avvento non è solo un ricordo di quanto avvenne nell’Antico Testamento, in attesa del Messia, tanto meno è un gioco per bambini buoni, ma si tratta di un dramma, che si gioca là dove si decide il destino dell’uomo, dell’umanità stessa. C’è di mezzo la salvezza o la rovina dell’uomo, la salvezza o la rovina del mondo.
Dunque la nostra preghiera, il nostro impegno di amici suoi, si fa struggente: «Vieni, Signore Gesù»!

Figli, immagine di Dio

«A quanti lo accolgono – scrive l’evangelista Giovanni all’inizio del suo Vangelo – Egli ha dato il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12).

Gesù, vivo in noi, non resta inerte, quasi fosse una reliquia, ma opera con potenza una trasfigurazione. Innanzi tutto ci fa uno con Lui, non solo nel sentire, nel parlare, nell’agire, ma nell’essere (torniamo a dire, realtà oggettiva, reale, ontologica!). Ci fa “filii in Filio”, figli di Dio, in Lui, Figlio di Dio. Quindi mai meno uomini, ma più uomini, uomini redenti, uomini divinizzati. Fin dal ’400 si parla di “umanesimo” e oggi di “nuovo umanesimo” con l’uomo regola e dio per se stesso. Ma di fatto l’unico vero umanesimo si realizza solo in Gesù Cristo, che ci merita di essere uomini redenti. Fiducia nell’uomo? Sì, ma nell’“uomo redento”, che è l’uomo in Cristo!

In questo si compie il progetto di Dio, illustrato dall’Autore della Genesi, fin dall’inizio: «Facciamo l’uomo – dice Dio – a nostra immagine e somiglianza». L’uomo, però, fin dal primo uomo, l’Adamo terreno, ha sfigurato questa immagine divina con il peccato. Gesù, che viene in noi, rifà in noi l’immagine divina e compie il progetto iniziale di Dio, che solo rende felice l’uomo, anche oggi. Le aspirazioni più alte dell’uomo si compiono solo in Gesù Cristo, secondo la promessa: «Noi verremo in lui».

Dunque: «Vieni, Signore Gesù». La nostra anima diventa la sua abitazione, il suo tempio («Cor meum, tectum tuum, Domine Jesu»). La nostra anima si fa il suo cielo. L’utopia più alta si compie in Gesù solo.

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